Nuovo esterometro al via ma l’integrazione è un rebus
Anche le bollette doganali rilasciate da altri Stati Ue Il Dl Semplificazioni eleva a 5mila euro l’esonero per gli acquisti fuori campo
Va chiarito se valgono
Metter mano a software e gestionali non è mai cosa semplice. Farlo quando mancano chiare “istruzioni” può duplicare gli interventi ( con conseguenti costi) e lascia nell’incertezza gli operatori. Il 1° luglio scatta l’obbligo dell’e- fattura per molti soggetti in regime forfettario ( si veda l’articolo a pagina 18), ma – soprattutto – va a regime il nuovo esterometro, con relativo carico di questioni sospese. Molto resta da chiarire e di ciò dovrà tenersi conto quando partiranno i controlli. Vediamo qualche punto ( quasi) fermo.
Restano fuori dall’esterometro le operazioni documentate da bolletta doganale ( export/ import), comprese le cessioni a privati extraUe. C’è però il dubbio se valgano anche le bollette rilasciate da altri Stati membri ( questi documenti rilevano per i servizi internazionali; circolare 37/ E/ 2011), come nel caso del soggetto nazionale che immette in libera pratica beni di provenienza extraunionale in altro Stato membro ( senza pagare l’Iva – regime 42), facendoli proseguire a destino del cliente in altro paese comunitario cui sono fatturati dalla posizione Iva aperta nel paese d’introduzione dei beni.
Altra questione su cui va fatta definitivamente chiarezza è quella dell’integrazione/ autofatturazione elettronica per le operazioni passive. Un acquisto ( beni/ servizi) in reverse charge interno non obbliga all’integrazione elettronica via Sdi con tipo documento TD16. Si può stampare la fattura e integrarla manualmente.
Ma altrettanto legittimo è adottare lo stesso comportamento – integrazione/ autofatturazione analogica – per un acquisto da fornitori non residenti. L’obbligo di utilizzare il formato Xml a fini esterometro, con relative tempistiche d’invio, per un acquisto da non residente ( TD17, TD18, TD19) è tutt’altra questione, almeno fintanto che non cambieranno le norme. Su questo punto, le Entrate dovrebbero pronunciarsi presto, anche perché, a seconda che il documento sia elettronico o analogico, cambiano le regole di conservazione.
Al momento, l’unico obbligo d’integrazione elettronica per assolvere l’imposta riguarda l’acquisto di beni da San Marino documentati da e- fattura sammarinese ( articolo 8, Dm 21 giugno 2021) per il quale va inviato un TD19. Peraltro, continueranno ad arrivare fatture di carta da quello Stato. Per i servizi ad esempio ( salvo diversa scelta del fornitore) o quando il fornitore è un forfettario sammarinese ( ricavi inferiori a 100 mila euro). Allo stesso modo, i forfettari nazionali “sotto soglia” continueranno a essere esonerati dall’e- fattura ( e conseguentemente dall’esterometro) per tutte le operazioni, comprese le cessioni a San Marino, fino a tutto il 2023.
Permane l’obbligo comunicativo per gli acquisti di beni/ servizi all’estero fuori campo Iva ( risposta 85/ 2019), per i quali va trasmesso il documento TD17 ( servizi) e TD19 ( beni) con natura dell’operazione N2.2 ( il Dl Semplificazioni approvato dal Governo esonera gli acquisti fino a 5mila euro, con possibile impatto sul regime 42).
Chi ha aderito al regime Oss non dovrebbe invece fare l’esterometro, a meno che non decida volontariamente di emettere fattura non imponibile Iva per beneficiare del plafond degli esportatori abituali o per accedere al rimborso trimestrale ( risposta 802/ 2021). In tal caso, va fatto l’esterometro e la fattura sarà inviata con codice natura N3.2 ( confluendo nella lipe e in dichiarazione annuale), mentre l’imposta estera potrà confluire in campi “non sensibili” del formato Xml. Non dovrebbe tuttavia essere impedito l’utilizzo del codice N7 ( che parrebbe il più adeguato), ma verosimilmente solo se la fattura emessa facoltativamente non serve ai menzionati scopi ( plafond/ rimborso infrannuale).
Il codice N3.2 dovrebbe servire anche per le cessioni intraUe “assimilate” per invio di beni in altri Stati membri per esigenze dell’impresa. Qui, l’obbligo dell’e- fattura dovrebbe derivare dal fatto che il cessionario “assimilato” è pur sempre nazionale, benché dotato di partita Iva nel Paese Ue dove i beni sono trasferiti. Per la successiva “vera” vendita in loco ( B2B) si potrebbe invece utilizzare fattura analogica con dicitura “inversione contabile” se in quello Stato è previsto il reverse charge ( va però fatto l’esterometro).