Siccità, acqua razionata al Nord
Siccità e agricoltura. Dal Lazio all’Emilia- Romagna le nuove misure per contingentare i consumi privati in attesa del decreto del Governo
Stato d’emergenza per tutte le Regioni del Nord e avvio dei programmi di razionamento dell’acqua. È quanto hanno chiesto le Regioni al vertice dei dipartimenti competenti dei ministeri coinvolti insieme alla Protezione civile tenutosi a Palzzo Chigi. L’obiettivo delle ordinanze regionali è quello di razionare l’acqua al Nord, con il divieto di riempimento delle piscine e di altri usi, privilegiando invece l’uso dell’acqua per i fabbisogni primari. La situazione è molto critica: gli invasi sono ai minimi, i laghi sono alla soglia di allarme e il Po è nella peggior secca degli ultimi 70 anni.
Alle due del pomeriggio, sulla vetta del Monte Bianco, la temperatura che si registra da sabato è di 10,4 gradi: « Tre anni fa, quando si cominciò a parlare seriamente sui giornali dei pericoli derivanti dal cambiamento climatico, quella temperatura era poco più di 6 gradi » . Per Massimo Gargano, direttore generale dell’Anbi, l’associazione che riunisce tutti i consorzi di bonifica nazionali, non c’è numero migliore per sintetizzare l’emergenza siccità che in questi giorni sta stringendo il nostro Paese in una morsa, tra razionamenti dell’acqua per l’irrigazione e presto anche per l’uso domestico.
Il Piemonte ieri ha decretato l’allarme rosso, in 170 comuni sono già state emesse ordinanze di uso consapevole dell’acqua. Il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, si è detto pronto a proclamare lo stato di calamità naturale nelle prossime ore, l’Emilia- Romagna decreterà lo stato d’emregenza già oggi. Gli occhi di tutti, però, sono puntati sul governo, a cui anche la Conferenza delle Regioni ha chiesto a gran voce che venga dichiarato lo stato di emergenza nazionale per siccità. Ieri c’è stato un incontro tra i capi di gabinetto dei ministeri coinvolti, dall’Agricoltura alle Finanze, dagli Affari regionali alla Transizone ecologica: « La situazione è delicata, presto ci aggiorneremo a livello politico » , ha dichiarato il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli.
L’Anbi, intanto, ha altri dati da mettere sul tavolo. In un anno la percentuale di riempimento dei grandi laghi italiani è crollata pericolosamente: quella del Lago Maggiore, la più preoccupante, è passata dal 95% del 15 giugno 2021 al 23,8% della settimana scorsa, il minimo storico dal 1946. Il lago di como è sceso dal 76% al 35%, quello d’Iseo dal 97 al 46%. Il fiume Po, il più grande d’Italia è in agonia. A Valenza, in provincia di Alessandria, due anni fa aveva una portata di 489 metri cubi al secondo, ora è di soli 108 metri cubi. Verso la foce, a Pontelagoscuro in provincia di Ferrara, il Po è passato da 3mila a 1.800 metri cubi al secondo di portata. Sempre in Lombardia, le riserve di neve si sono esaurite con due mesi si anticipo. In Umbria gli invasi del Trasimeno e della diga di Maroggia sono dimezzati. Nel Lazio il Tevere è più basso di 35 centimetri. Secondo la Confagricoltura, i danni all’agricoltura ammontano già a due miliardi di euro, ma è solo un bilancio provvisorio. « Il grosso dell’emergenza è tutta concentrata al Nord - ammette il direttore generale dell’Anbi, Gargano - perchè il Sud ha saputo dotarsi di infrastrutture idriche migliori grazie ai fondi per il Mezzogiorno » .
Piangere sugli errori del passato oggi però non serve. In piena crisi, c’è solo una cosa da fare: « Il governo deve dichiarare rapidamente lo stato d’emergenza - dice Gargano - e affidare alla Protezione civile la gestione centralizzata e la distribuzione della poca acqua che c’è in modo tale che venga divisa tra agricoltori, utenze domestiche, bacini idrici e utility energetiche » . Solo un’autorità con un mandato governativo, infatti, ha la forza di imporsi e di evitare forme di egoismo campanilista: dal lago di Garda che non vuole veder scivolar via, insieme all’acqua, i turisti, fino alla Regione Valle d’Aosta che dichiara di non poter aiutare il vicino Piemonte. « Così fu fatto per le due crisi di siccità che l’Italia ha attraversato negli ultimi vent’anni, e funzionò » , ricorda Gargano.
Il grosso delle soluzioni al problema della mancanza d’acqua, però, possono essere costruite solo nel medio periodo, e richiedono investimenti: « Insieme alla Coldiretti - racconta il dg dell’Anbi - avevamo presentato un piano per la realizzazione di tanti piccoli invasi per l’accumulo dell’acqua piovana. Il costo stimato era di 4 miliardi, dovevano essere finanziati con il Pnrr ma alla fine è stato deciso che i fondi europei non potevano essere destinati a questo genere di progetti » . Ora, il piano invasi è alla ricerca di finanziamenti alternativi. Ma anche se venissero stanziati domani, prima che i bacini possano essere operativi ci vorranno almeno tre anni. L’agricoltura nazionale non riuscirà ad aspettare tanto.
l’allarme rosso in 170 comuni: già emesse ordinanze di uso consapevole dell’acqua