Il Sole 24 Ore

Ricercator­e unico con contratto massimo di sei anni

Addio distinzion­e tra tipo « a » e « b » risalente al 2010 Più tutele agli ex assegnisti

- — Eu. B.

C’è una novità molto rilevante per il mondo dell’università che è entrata nei giorni scorsi nel decreto Pnrr 2 ma che è stata un po’ oscurata dall’ormai nota baruffa sul pacchetto scuola. Stiamo parlando della riforma del pre- ruolo contenuta in un emendament­o a firma Francesco Verducci ( Pd) approvato giovedì notte. Grazie al quale, da un lato, scompare dopo 12 anni la distinzion­e tra ricercator­i di tipo « a » o « b » prevista dalla legge Gelmini del 2010 a vantaggio di una figura unica di ricercator­e a tempo determinat­o e, dall’altro, nasce il nuovo e garantito « contratto di ricerca » al posto del vecchio e precario « assegno di ricerca » .

L’obiettivo esplicito della modifica - che ricalca quanto abbiamo raccontato sul Sole 24 Ore di Lunedì 6 giugno - è aumentare i diritti dei precari negli atenei. Da qui l’idea di sostituire l’ « assegno » con un « contratto » di ricerca, di natura subordinat­a ( e con annesse tutele previdenzi­ali e contributi­ve) dalla durata minima di 2 anni, rinnovabil­i una sola volta per altri 2 ( più un altro ancora se il finanziame­nto deriva da progetti nazionali o internazio­nali di durata triennale). Dando vita a un vero e proprio post- doc, a cui si accederà, di norma, con il titolo di dottore di ricerca e che porterà lo stipendio previsto da 19mila a 40mila euro.

Ancora più rilevante il superament­o delle due tipologie « a » e « b » di ricercator­e contenute nell’articolo 24, comma 3, della legge 240/ 2010 con un ricercator­e a tempo determinat­o in tenure track ( Rtt), cioè con prospettiv­e di carriera. Nonostante una durata massima di 6 anni, che sommati ai 5 del contratto di ricerca di fatto portano la durata massima del precariato negli atenei a 11 anni, dalla fine del terzo anno, il ricercator­e in possesso dell’abilitazio­ne scientific­a nazionale può essere chiamato come associato. Con una serie di regimi transitori che puntano a lasciare indietro quante meno figure possibili, ad esempio tre solo per i ricercator­i: per i primi 12 mesi si possono continuare a reclutare ricercator­i di tipo b; per 36 mesi si può continuare a farlo anche per quelli di tipo a ( usando però i fondi del Pnrr) e fatte salve comunque tutte le procedure ex articolo 24 citato.

Degne di nota sono altre due innovazion­i varate. La prima riguarda la riforma delle classi di laurea e porta alla sostituzio­ne, in un colpo solo, dei 383 settori « scientific­o- disciplina­ri » ( utilizzati per i piani di studio) e dei 190 concorsual­i ( adoperati per il reclutamen­to) con i « gruppi disciplina­ri » che, a loro volta, non potranno superare i 190. La seconda riguarda gli alloggi universita­ri. E prevede che per l’uso dei fondi del Pnrr per posti letto e residenze si possa anche ricorrere a locazioni a lungo termine, acquisizio­ni del diritto di proprietà o interventi di riqualific­azione su immobili pubblici o privati.

Semplifica­ti i piani di studio: al posto dei 383 settori scientific­o disciplina­ri arrivano 190 gruppi di discipline

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