Conte prende tempo, ma Di Maio prepara i nuovi gruppi autonomi
Fico: Di Maio in contrasto con il M5S. Il portavoce del ministro: stupiti per attacchi
« Le dichiarazioni del ministro degli Esteri Luigi Di Maio su una presunta volontà del M5s di operare un “disallineamento” dell’Italia rispetto alla Nato e rispetto all’Ue, unite a quelle che evocano un clima di incertezza e di allarme in materia di “sicurezza nazionale” e quindi di instabilità del nostro Paese, sono suscettibili di gettare grave discredito sull’intera comunità politica del M5s, senza fondamento alcuno » . Questi i capi d’imputazione contro Di Maio di Giuseppe Conte e di tutta la dirigenza pentastellata riunita in fretta e furia in un Consiglio nazionale convocato nella serata di domenica e finito solo 24 ore dopo. Ma le conclusioni non sono conseguenziali: Di Maio non è espulso, come pure in molti chiedevano e si attendevano, ma solo “avvertito”. « Il Consiglio nazionale confida che cessino queste esternazioni lesive dell’immagine e della credibilità dell’azione politica del M5s » . D’altra parte a Conte il messaggio da Palazzo Chigi, e analogamente da Largo del Nazareno, è arrivato chiaro nelle scorse ore: espellere Di Maio significherebbe, in questo frangente, sfiduciare il governo sulla politica estera. Non solo. Significherebbe rompere di conseguenza con il Pd di Enrico Letta e con il “campo largo” che il segretario sta faticosamente tentando di tenere in piedi nonostante tutto. Non a caso in serata Conte faceva sapere di « non aver mai inteso fare un processo a Luigi o cacciarlo dal movimento » e di non avere « alcuna volontà persecutoria » . Aggiungendo maliziosamente che forse Di Maio stesso « sta pensando autonomamente di andare via » .
Ed è proprio questo il punto: l’ex capo politico del M5s politicamente ha già passato il Rubicone. E la questione del no di Conte all’invio di nuove armi all’Ucraina, il che dal punto di vista di Di Maio e del governo significherebbe abbandonare gli ucraini alla mercè delle truppe russe, è stata solo la goccia che ha fatto traboccare un vaso che era già colmo dopo la vicenda dell’elezione del Capo dello Stato a gennaio scorso, quando Conte si muoveva all’unisono con il leader della Lega Matteo Salvini per bloccare la candidatura di Mario Draghi. La decisione sembra ormai imminente. I numeri per formare i gruppi ci sono ( 20 alla Camera e 10 al Senato): i dimaiani parlano di 40- 50 parlamentari in tutto, dal Pd ne hanno già contati 70- 80. E i numeri potrebbero crescere dopo la votazione degli iscritti sul mantenimento del limite del doppio mandato prevista a fine mese. Proprio questo passaggio è la ragione per cui Di Maio potrebbe muoversi già nei prossimi giorni: la scissione deve avvenire sulla politica estera e sul sostegno a Draghi, non sulle “poltrone”.
A spingere ancora di più il ministro degli Esteri verso l’uscita è stata ieri la presa di posizione del presidente della Camera Roberto Fico: « Di Maio corpo estraneo? Io ritengo che le sue posizioni vanno in contrasto con il movimento » . Parole che hanno provocato la risposta, inusuale, del portavoce di Di Maio Giuseppe Marici: « Stupiti e stanchi per gli attacchi che diversi esponenti del M5S, titolari anche di importanti cariche istituzionali, hanno rivolto al ministro Di Maio, impegnato in questo momento a rappresentare l’Italia all’importante tavolo europeo del Consiglio Affari Esteri a Lussemburgo, dove si sta discutendo della guerra in Ucraina. Il ministro Di Maio non replicherà a nessuno degli attacchi che sta ricevendo in queste ore. C’è un limite a tutto, ciononostante non si può indebolire il governo italiano davanti al mondo che ci osserva, in una fase così delicata » . Ecco, Di Maio lavora in queste ore alla risoluzione di maggioranza per rafforzare la missione di Draghi a Bruxelles. Poi si vedrà. Ma dopo le parole di Fico almeno 15 parlamentari gli hanno scritto per sottolineare che a questo punto « lo strappo è inevitabile » .