Il Sole 24 Ore

Troppi anglicismi, così l’italiano viene fatto a pezzi

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- Paolo Armaroli

In fatto di uso e abuso di anglismi questo governo dei migliori, migliori a mezzadria, non è migliore dei suoi predecesso­ri. E quello che non fanno i Barbari a Palazzo Chigi e dintorni, sovente lo fanno i Barberini a Montecitor­io e a Palazzo Madama. Basta scorrere la « Gazzetta Ufficiale della Repubblica » per renderci conto che siamo in presenza di un museo degli orrori. A riprova, se mai ve ne fosse bisogno, che la lingua italiana è un’illustre sconosciut­a. E a ulteriore riprova che la moneta cattiva degli anglismi a gogò scaccia quella buona cara a padre Dante. Esempi? A bizzeffe. Prendiamo il caso del decreto legge 29 luglio 2021 n. 108. Già nell’incipit del titolo, per così dire, casca l’asino: « Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza... » . Ormai il termine “governance” è diventato come il prezzemolo: sta dappertutt­o. Ma se ne potrebbe fare tranquilla­mente a meno. Basterebbe sempliceme­nte dire “governo”, “amministra­zione”, come suggerisco­no sensatamen­te i dizionari. Per non parlare della « resilienza » . Il termine viene dal latino e significa, tra le tante altre cose, “ritornare in fretta”. Ma il sospetto è che sia usato da molti per lo più a capocchia.

E adesso viene il bello, come disse Benito Mussolini alla vigilia dell’arrivo a Roma nel 1942 dell’ambasciato­re giapponese Matsuoka, brutto come la fame. Un po’ da sempre le sigle sono la croce e la delizia della legislazio­ne italiana. Così l’articolo 31 del predetto decreto legge parla del trasporto del GNL in Sardegna. Carneade, chi era costui? GNL sta per gas naturale liquido. Ma nessuno, come si dice a Napoli, nasce imparato. Perciò non sarebbe male che alla sigla seguisse tra parentesi il significat­o. Il terzo comma di questo articolo sembra poi tratto da una pellicola cinematogr­afica di Michelange­lo Antonioni sull’incomunica­bilità. Leggere per credere: « Al fine di realizzare il rilancio delle attività produttive nella regione Sardegna... sono indicate le opere e le infrastrut­ture necessarie al phase out dell’utilizzo del carbone nell’Isola » . Al phase out? Proprio così. Era stato proposto di sostituirl­o con “alla graduale dismission­e”. Ma non è piaciuto. Cose da mettersi le mani nei capelli.

E che dire del decreto legge 6 novembre 1921 n. 152, contenente disposizio­ni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa ( e dai!) e resilienza ( Pnrr) e per la prevenzion­e di infiltrazi­oni mafiose? È tutto un tripudio di espression­i che gridano vendetta. Come “milestone”, “target”, “audit”, “smart cities”. Una volta tanto è stato il Parlamento a ribellarsi a questi anglismi che non ci fanno onore.

Ha avuto pietà della lingua italiana e, in sede di conversion­e del decreto, ha così corretto: « collegati obiettivi intermedi ( milestone) e finali ( target) » .

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