Troppi anglicismi, così l’italiano viene fatto a pezzi
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In fatto di uso e abuso di anglismi questo governo dei migliori, migliori a mezzadria, non è migliore dei suoi predecessori. E quello che non fanno i Barbari a Palazzo Chigi e dintorni, sovente lo fanno i Barberini a Montecitorio e a Palazzo Madama. Basta scorrere la « Gazzetta Ufficiale della Repubblica » per renderci conto che siamo in presenza di un museo degli orrori. A riprova, se mai ve ne fosse bisogno, che la lingua italiana è un’illustre sconosciuta. E a ulteriore riprova che la moneta cattiva degli anglismi a gogò scaccia quella buona cara a padre Dante. Esempi? A bizzeffe. Prendiamo il caso del decreto legge 29 luglio 2021 n. 108. Già nell’incipit del titolo, per così dire, casca l’asino: « Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza... » . Ormai il termine “governance” è diventato come il prezzemolo: sta dappertutto. Ma se ne potrebbe fare tranquillamente a meno. Basterebbe semplicemente dire “governo”, “amministrazione”, come suggeriscono sensatamente i dizionari. Per non parlare della « resilienza » . Il termine viene dal latino e significa, tra le tante altre cose, “ritornare in fretta”. Ma il sospetto è che sia usato da molti per lo più a capocchia.
E adesso viene il bello, come disse Benito Mussolini alla vigilia dell’arrivo a Roma nel 1942 dell’ambasciatore giapponese Matsuoka, brutto come la fame. Un po’ da sempre le sigle sono la croce e la delizia della legislazione italiana. Così l’articolo 31 del predetto decreto legge parla del trasporto del GNL in Sardegna. Carneade, chi era costui? GNL sta per gas naturale liquido. Ma nessuno, come si dice a Napoli, nasce imparato. Perciò non sarebbe male che alla sigla seguisse tra parentesi il significato. Il terzo comma di questo articolo sembra poi tratto da una pellicola cinematografica di Michelangelo Antonioni sull’incomunicabilità. Leggere per credere: « Al fine di realizzare il rilancio delle attività produttive nella regione Sardegna... sono indicate le opere e le infrastrutture necessarie al phase out dell’utilizzo del carbone nell’Isola » . Al phase out? Proprio così. Era stato proposto di sostituirlo con “alla graduale dismissione”. Ma non è piaciuto. Cose da mettersi le mani nei capelli.
E che dire del decreto legge 6 novembre 1921 n. 152, contenente disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa ( e dai!) e resilienza ( Pnrr) e per la prevenzione di infiltrazioni mafiose? È tutto un tripudio di espressioni che gridano vendetta. Come “milestone”, “target”, “audit”, “smart cities”. Una volta tanto è stato il Parlamento a ribellarsi a questi anglismi che non ci fanno onore.
Ha avuto pietà della lingua italiana e, in sede di conversione del decreto, ha così corretto: « collegati obiettivi intermedi ( milestone) e finali ( target) » .