« Giusto conoscere tutto dei settori strategici ma niente dirigismo »
Segretario generale della presidenza del Consiglio dei ministri
« Bisogna rifuggire dalle tentazioni dirigistiche, il golden power non è uno strumento di politica industriale. Se il rafforzamento e la progressiva estensione dell’istituto consentono allo Stato di avere un panorama completo delle operazioni dei soggetti stranieri nei settori strategici, e questo è positivo nella fase attuale, al tempo stesso l’esercizio concreto dei poteri di golden power deve restare dentro i limiti fissati dalla necessità di bilanciare la difesa di interessi nazionali fondamentali con il principio di libera circolazione dei capitali. In tutti i settori che non siano difesa e sicurezza, l’intervento deve restare un’eccezione » . Roberto Chieppa, segretario generale della Presidenza del Consiglio, presiede il gruppo di coordinamento sui poteri speciali del golden power, la struttura che a Palazzo Chigi riceve le notifiche delle operazioni dalle imprese straniere e svolge l’istruttoria per la valutazione finale del Consiglio dei ministri. Chieppa commenta così il dato che, nonostante l’estensione dell’ambito di applicazione della disciplina del golden power e le notifiche cresciute dalle 48 del 2018 alle 496 del 2021, vede scendere la quota di istruttorie concluse con un provvedimento di veto o approvazione con prescrizioni in due anni dal 15% al 6%. « In parte questo è proprio l’effetto dell’allargamento della disciplina a nuovi settori » , dice. Per lui, che è stato segretario generale dell’Antitrust, la tutela del mercato è un principio sacrosanto. « Per l’Italia - aggiunge - tanto più questa è una priorità, considerando la nostra necessità di essere un Paese attrattivo per gli investimenti esteri al pari di altri grandi Paesi europei come Francia e Germania » .
Come può evitare, il governo, di trasmettere segnali al mercato che riducano l’attrattività dell’Italia?
Anzitutto, come dicevo, usando i poteri speciali quando è strettamente necessario per la difesa di interessi strategici nazionali. Inoltre, dobbiamo soddisfare due esigenze fondamentali. La prima è la prevedibilità delle nostre decisioni per gli operatori: dobbiamo valutare sulla base di criteri oggettivi ed evitare disparità di trattamento. La seconda è la tempestività delle nostre decisioni. Per garantirla stiamo agendo su tre leve: la semplificazione delle procedure ove possibile; il rafforzamento della capacità amministrativa, che stiamo perseguendo con la costituzione presso il Dipartimento per il coordinamento amministrativo di un ufficio generale con due servizi e con la costituzione di un nucleo di esperti; la firma di protocolli con la Guardia di Finanza per rafforzare la nostra capacità investigativa.
La disciplina legislativa può essere considerata stabilizzata dopo l’intervento del Dl 21/ 2022?
Penso di sì. Quali sono le semplificazioni in cantiere?
Il decreto legge 21/ 2022 ha previsto un Dpcm che approveremo a breve e che introduce, per esempio, una prenotifica per facilitare il dialogo fra impresa e autorità pubblica prima ancora di formalizzare l’avvio dell’istruttoria. In questo modo ridurremo il numero di istruttorie. Un’altra semplificazione è l’eliminazione della decisione del Consiglio dei ministri se il gruppo di coordinamento ha già deciso all’unanimità, e senza opposizione delle parti, che non si debba procedere né con un veto né con prescrizioni. L’ 80% delle istruttorie oggi si conclude con il « non esercizio » dei poteri speciali. Il Consiglio dei ministri potrebbe concentrarsi così sui casi davvero importanti.
Il potere di veto che fino al 2019 era stato esercitato in un solo caso, ora è salito a otto casi.
Non sono molti, considerando lo scenario internazionale che abbiamo vissuto dalla Pandemia e la progressiva estensione dell’ambito di applicazione. Nel 2021 sono stati lo 0,6 % dei casi. D’altronde, oggi l’attenzione sugli investimenti esteri è molto alta, anche negli altri Paesi europei. La stessa commissione ha ribaltato il suo atteggiamento: prima, nel marzo 2020, consentendo con più facilità l’utilizzo del golden power ai Paesi che ne erano dotati, poi il 6 aprile scorso, dopo l’inizio della guerra, addirittura invitando gli Stati membri che non hanno una disciplina, a dotarsene.
Oggi molti, anche fra i partiti, sostengono che l’interesse pubblico coincida con la difesa delle nostre imprese e con la limitazione dell’espansione delle imprese straniere, cinesi e russe in prima battuta. La vicenda del 5G, in fondo, con forti limitazioni a fornitori cinesi, ci ha proiettato verso questa idea.
Il golden power è un atto amministrativo, non politico. Occorre quindi ben evidenziare quale sia l’interesse nazionale da difendere, sulla base di un criterio oggettivo e non discrezionale. Facciamo un esempio nel settore dell’energia, su cui oggi c’è una sensibilità elevatissima: se abbiamo un rigassificatore galleggiante, la decisione del governo dovrà tenere conto dell’interesse pubblico che è quello che quel rigassificatore non venga spostato e continui a servire il nostro territorio. Questo interesse pubblico è prevalente anche rispetto a quello della proprietà del rigassificatore. Quanto al 5G, bisogna dire che l’inserimento nella disciplina sul golden power è avvenuto per sopperire in quel momento all’assenza di una disciplina adeguata specifica sulla cybersicurezza, che ora c’è. Inoltre, solo il Regno Unito ha seguito l’indicazione americana di bandire tutti gli operatori cinesi. Gli altri Paesi europei hanno deciso di valutare caso per caso. Noi siamo passati da una prima fase di controllo contratto per contratto a una procedura semplificata che analizza il piano annuale presentato dai singoli operatori con l’indicazione di contratti e fornitori.
Sono circolate ipotesi di possibili misure di indennizzo in favore dei proprietari delle aziende target su cui scatta il potere di veto o prescrizioni che inducono a rinunciare all’operazione. C’è qualcosa del genere allo studio?
No, non risulta. Piuttosto, aumentare la prevedibilità delle decisioni può consentire alle imprese di meglio orientare i propri investimenti e assumere scelte compatibili con l’interesse nazionale.