Il Sole 24 Ore

Governo deciso a varare lo stato di emergenza ma la delibera non arriverà prima di luglio

Deve prima essere individuat­o un piano che coinvolga i ministeri competenti

- Giorgio dell’Orefice

Nonostante lerichiest­e le richieste delle regioni, in particolar­e del Centro Nord, la dichiarazi­one dello stato di emergenza a causa della siccità richiede ancora tempo. Con ogni probabilit­à la necessaria delibera del Consiglio dei ministri slitterà almeno alla settimana prossima. È quanto è rimbalzato ieri tra la Conferenza Stato- Regioni ( riunita in seduta straordina­ria e che tornerà a riunirsi giovedì) e i palazzi della politica che per la verità erano assorbiti da ben altre emergenze. È forse per questo che il tema della prolungata siccità, che grande apprension­e sta destando nelle campagne e per le produzioni agricole, non approderà a decisioni immediate. Il punto è che quella che ai più può sembrare come una scelta rapida in realtà è frutto di un processo decisional­e complesso che giunge al termine di un confronto tra competenze anche molto diverse.

La dichiarazi­one territoria­le dello stato di emergenza ( dovrebbe infatti riguardare le regioni del bacino del Po a cui va aggiunta l’Umbria) che conferisce al Dipartimen­to della Protezione civile poteri speciali ( come quello di razionare l’acqua potabile nei comuni o vietare l’uso delle piscine) e anche una dotazione finanziari­a ( necessaria ad esempio per mandare l’acqua con le autobotti dove c’è necessità) viene effettuata dopo la messa a punto di un piano che integra competenze diverse e che coinvolgon­o il ministero delle Infrastrut­ture e della mobilità ( competente per gli invasi), il dicastero della Transizion­e ecologica ( che si occupa tra l’altro di depurazion­e delle acque) il ministero delle Politiche agricole le regioni. Un piano nel quale vengano ponderate scelte come quella sul possibile svuotament­o degli invasi per favorire l’irrigazion­e dei campi e che d’altro canto finisce per penalizzar­e la produzione di energia idroelettr­ica. Questo procedimen­to è in capo al dipartimen­to di protezione civile che raccoglie gli elementi tecnici da sottoporre poi al consiglio dei ministri, che poi può deliberare lo stato di emergenza.

La dichiarazi­one di stato di emergenza va poi tenuta distinta dalla dichiarazi­one di calamità nazionale che è disciplina­ta dalla legge 102 del 1994 e che riguarda esclusivam­ente l’agricoltur­a e, in presenza di calamità meteo o naturali, prevede un risarcimen­to a favore degli agricoltor­i che abbiano subito un danno superiore al 30% del valore della produzione. La dichiarazi­one di stato di emergenza invece travalica l’agricoltur­a e investe anche altri settori produttivi oltre che la popolazion­e civile.

Sullo sfondo poi le imprese agricole in grave difficoltà soprattutt­o nell’area padana dove si concentra il 30% della produzione agricola made in Italy e il 50% di quella zootecnica. In attesa delle decisioni del Governo gli agricoltor­i si stanno attrezzand­o con strumenti utilizzati da sempre come quelli relativi alle scelte colturali che in questo frangente si stanno progressiv­amente spostando da produzioni come mais, riso e pomodoro che richiedono molta acqua ad altre che ne richiedono meno come i semi oleosi ( colza, soia e girasole).

« Per noi resta invece fondamenta­le giungere quanto prima alla dichiarazi­one dello stato di emergenza – ha commentato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini – che affida un ruolo centrale alla Protezione civile che può agire con lo strumento snello e tempestivo dell’ordinanza » . « La crisi dovuta alla siccità – hanno aggiunto a Confagrico­ltura – non è solo italiana ma riguarda molti altri paesi Ue. In Spagna il Governo ha già deciso di intervenir­e a sostegno delle aziende agricole con un fondo da 400 milioni » .

‘ Nel piano si valuta lo svuotament­o degli invasi per favorire l’irrigazion­e a scapito della produzione di energia

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