Per Draghi una maggioranza provvisoria, inizia la salita
In una giornata è successo quello che stava maturando da tempo. Innanzitutto lo strappo nei 5 Stelle con il divorzio del ministro Di Maio e la costituzione dei suoi gruppi in Parlamento. Finisce una storia, quella del partito vincitore nel 2018, che aveva la maggiore rappresentanza alle Camere. A un certo punto del pomeriggio sembrava che Conte stesse per ritirare la sua delegazione dal Governo e che non firmasse la risoluzione di maggioranza nel passaggio al Senato di Draghi ma poi i motori si sono fermati. Del resto su cosa fare la crisi? Su una pace che al momento non ha spiragli? Senza contare che si sarebbero lasciati appesi i prossimi decreti di proroga sul caro vita. Così Conte ha dovuto masticare un boccone amaro, il sì a Draghi e pure la scissione.
Chi aveva previsto che non sarebbe stato indolore questo passaggio al Senato, aveva ragione. A dirlo era stato Giorgetti che aveva compreso come sulla guerra in Ucraina si sarebbe arrivati a una resa dei conti e a un nuovo inizio di partita. Perché di questo si tratta. Difficile dire quanto reggerà il Governo e se arriverà alla legge di bilancio. Quel che è certo è che è cominciato un nuovo big bang per la politica italiana che mette su una strada scivolosa il premier. Il problema è che avviene con una sfilza di emergenze economiche. E con un rischio alto per un Paese come il nostro, il più esposto sul debito, il più esposto agli annunci – non sempre a segno – della Bce. Sulla carta il Governo ha i numeri, come racconta l’esito del voto di ieri, ma non sono affidabili.
È solo una maggioranza di facciata, provvisoria in attesa del casus belli che darà la spinta a Conte o a Salvini per alzare la posta. Magari sui dossier economici rilanciando il fatidico slogan dello scostamento di bilancio da qui a settembre. La scommessa dei partiti usciti ammaccati dalle amministrative – Lega e 5 Stelle - è riuscire a catturare quel malessere sociale e trasformarlo in consenso come in Francia hanno fatto Le Pen e Melenchon. Una scommessa che scuote più il centro sinistra e quel campo largo che Letta intendeva costruire con Conte. Ma il profilo che il leader Pd ha dato al partito è innanzitutto di affidabilità, dunque, sarebbe difficile da comprendere un’alleanza con un Movimento che sceglie l’appoggio esterno o l’opposizione. E quello sembra il destino di Conte, a maggior ragione dopo lo strappo di Di Maio che impone una differenza e una distanza. Sarebbe, però, un nuovo cambiamento di rotta per l’ex premier. Dopo aver governato con destra, sinistra e larghe intese, approda all’opposizione sul finale di legislatura per recuperare una storia andata in frantumi.