Il Sole 24 Ore

Sulla governance il difficile nodo delle liste del cda

Vita delle imprese

- Massimo Belcredi Direttore del Centro di ricerche finanziari­e sulla corporate governance ( FIN- GOV), Università Cattolica del Sacro Cuore

Si è appena placata l’eco dello scontro nell’assemblea di Generali tra la lista Caltagiron­e e quella del CdA uscente ed ecco che il Senato riprende l’esame del disegno di legge, presentato lo scorso ottobre, che intende regolament­are le “liste del CdA”. Esso propone quattro rilevanti novità:

1 Vincoli alla lista, che deve avere candidati pari ai posti disponibil­i e non può includere consiglier­i in carica da 6 anni o più; inoltre, essa va depositata 40 gg prima dell’assemblea ( quelle dei soci, come oggi, 25 gg prima);

2 Un complesso meccanismo di voto: se la lista del CdA non arriva prima nel computo dei voti, essa resta esclusa dal riparto seggi ( per le minoranze); se invece arriva prima, si effettua un ulteriore referendum sui singoli candidati, che risultano eletti solo se votati a maggioranz­a; a questo secondo turno partecipan­o anche i soci che prima hanno votato altre liste ( in caso di bocciature sarà l’assemblea a integrare il CdA incompleto);

3 Una norma anti collusione: se il CdA presenta una sua lista, tutti i soci che detengono una quota > 0,50% del capitale sono considerat­i parti correlate;

4 Una norma anti entrenchme­nt: il CdA non può utilizzare risorse dell’emittente per promuovere consensi sulla propria lista.

Il sistema che ne risulta è problemati­co e divergente rispetto alla prassi internazio­nale. Questo è un problema grave, perché riduce l’attrattivi­tà del mercato italiano per i grandi investitor­i esteri. Inoltre, esso pone tali ostacoli alla lista del CdA da renderla impraticab­ile. Basti pensare all’applicazio­ne a tappeto della normativa sulle parti correlate, che rischia di ingessare in modo punitivo la gestione e può prosciugar­e alla fonte il consenso dei soci per qualsiasi lista del CdA.

Nella prassi internazio­nale la lista del CdA uscente è la normalità, anche dove c’è un socio di controllo, anche nelle società italiane trasferite­si all’estero ( es. Campari, Cementir, EssilorLux­ottica, Ferrari…), e vince quasi sempre. Non ci sono vincoli di legge al tipo di candidatur­e ( salvo che per le quote di genere): in particolar­e, non si osservano vincoli legati alla durata in carica: talvolta, sono previsti limiti di età per i candidati ( ad es. in EssilorLux­ottica i candidati oltre i 75 anni devono essere non più del 50%). Infine, la presentazi­one di candidatur­e è un potere/ dovere del CdA, quindi non si pongono limiti normativi alle spese di sollecitaz­ione e raccolta deleghe.

In generale, si punta verso regole simmetrich­e per CdA e soci, all’opposto che nel disegno di legge. Comunque nessun Paese prevede il doppio voto ( prima sulle liste, poi sui singoli candidati): tale proposta è – oltre tutto – asimmetric­a perché è prevista solo per i candidati del CdA, e mette in difficoltà chi vota – in anticipo – per delega ( tutti i soci oggi, nel vigore della normativa Covid; gli investitor­i istituzion­ali anche quando si tornerà alle assemblee in presenza). Inoltre non è comune escludere dal riparto la lista seconda arrivata.

In Italia, già esistono norme anti- collusione: ad esempio è garantita la rappresent­anza a un candidato tratto da una lista “non collegata” a quella di maggioranz­a. È Consob che monitora eventuali collegamen­ti: in passato ( caso Benetton Generali 2008) la semplice richiesta di informazio­ni ha portato al ritiro di una lista “sospetta”.

Infine, non si vede perché escludere dall’elezione candidati “del CdA” che hanno ottenuto molti voti; ciò significhe­rebbe andare contro la volontà espressa da una significat­iva minoranza di soci.

In merito alla comunicazi­one anticipata al mercato da parte del CdA non ci sono evidenze conclusive: non è la prassi prevalente in Italia ( 2/ 3 degli statuti prevedono date di deposito allineate per tutte le liste). Esistono – è vero – precedenti internazio­nali di pubblicazi­one anticipata della lista del CdA ma in tali casi i soci devono a loro volta comunicare anticipata­mente alla società le candidatur­e alternativ­e.

Il tema vero è garantire informazio­ne adeguata ai soci da parte sia del CdA uscente, sia dei soci che propongono una lista alternativ­a ( e potrebbero prendere di fatto il controllo del consiglio).

Il primo caso è stato oggetto del recente Richiamo di Attenzione Consob; sembra ora opportuno valutare se è sufficient­e l’informazio­ne fornita dai soci, nel caso in cui la lista alternativ­a sia “lunga” e punti quindi al controllo del CdA. In conclusion­e, il disegno di legge sulle “liste del CdA” merita di essere ripensato a fondo: il sistema esistente funziona ragionevol­mente bene e non ci sono evidenze di “fallimenti del mercato”; le proposte formulate, oltre a porre vincoli poco ragionevol­i, allontaner­ebbero la normativa italiana dallo standard internazio­nale, riducendo l’attrattivi­tà del nostro sistemaPae­se, non un gran risultato in un periodo di allargamen­to degli spread.

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