Il Sole 24 Ore

Pensioni, Quota 100 dimezzata: spesi 23 mld

Nel 2021 380mila uscite, si arriverà a 450mila nel 2025 Quota 102 a 3.860 richieste

- Marco Rogari

Circa il 45% di uscite anticipate in meno di quelle ipotizzate originaria­mente. È una Quota 100 sostanzial­mente dimezzata rispetto agli annunci fatti poco più di tre anni fa, al momento del suo concepimen­to da parte dell’esecutivo Conte 1, quella che emerge da una dettagliat­a analisi congiunta di Inps e Ufficio parlamenta­re del bilancio. Le domande accolte tra il 2019 e il 2021 sono state meno di 380mila, mentre quelle ipotizzate all’inizio della sperimenta­zione triennale erano 678mila. C’è da dire che Quota 100 ha solo apparentem­ente esaurito la sua corsa: chi ha maturato i requisiti entro lo scorso anno ( 64 anni d’età e 38 di contributi) può ancora presentare richiesta. Una possibilit­à che dovrebbe far salire nel 2025 a 450mila gli accessi a questo strumento pensionist­ico. Con il risultato di far lievitare a 23,2 miliardi la spesa. Che risulterà comunque inferiore di 10 miliardi di quella prevista originaria­mente e, in ogni caso, più bassa di 5,7 miliardi dopo i definanzia­menti e le revisioni del budget operate nel corso di questi anni da Mef e palazzo Chigi.

All’Inps nei primi tre mesi del 2022 sono già pervenute altre 12.100 richieste di Quota 100 e circa 4.700 sono state accolte. Ma dall’inizio di quest’anno è “attiva” anche la Quota 102 introdotta dall’ultima manovra approvata dal Parlamento. Che però, almeno per il momento, non sembra avere molto appeal: nel periodo compreso tra gennaio e maggio le domande presentate sono state solo 3.860.

Nel « bilancio di Quota 100 a tre anni dal suo avvio » , illustrato ieri da Gianfranco Santoro, coordinato­re generale statistico attuariale dell’Inps, e Maria Rosaria Marino, direttore del servizio analisi settoriali Upb, si fa notare che delle domande fin qui accolte, 186.298 arrivano da lavoratori dipendenti privati, 119.320 da dipendenti pubblici e 74.242 da “autonomi”. A optare per l’uscita sono stati prevalente­mente gli uomini ( 68,8%), mentre le donne hanno scelto questa via nel 31,2% dei casi, anche se con il 55,3% guidano la classifica delle richieste provenient­i dalla Pa. In media i lavoratori autonomi ricevono 1.376 euro lordi al mese ( 1.088 le donne e 1.436 gli uomini), i dipendenti privati 2.088 euro ( lo differenza tra lavoratric­i e lavoratori è in questo caso di 555 euro) e i dipendenti pubblici 2.161 euro ( le donne percepisco­no 183 euro in meno). La riduzione media per ogni anno di anticipo rispetto al canale di uscita anticipata con 42 anni e 10 mesi di contribuzi­one ( 41 e 10 mesi per le donne) è del 5,2% per i lavoratori pubblici, del 3,8% per quelli privati e del 4,5% per gli autonomi. Dal dossier emerge che mediamente è di 2,3 anni l’anticipo di Quota 100 rispetto alla “soglia” di vecchiaia o alla pensione anticipata “contributi­va”: « La concentraz­ione delle uscite intorno a 62 anni di età e 38 anni di anzianità mette in luce la tendenza a pensionars­i alla prima occasione utile » .

Dati e previsioni del rapporto rappresent­ano una traccia tecnica utile per la definizion­e di proposte di correttivo alla legge Fornero. Ma la presidente dell’Upb, Lilia Cavallari, ha sottolinea­to che, anche alla luce delle previsioni sulla crescita della spesa pensionist­ica, « eventuali nuove misure volte a ridurre i requisiti di pensioname­nto dovranno trovare adeguata copertura » . Il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, ha ricordato che Quota 41 costerebbe 18 miliardi in tre anni mentre con l’uscita con 64 anni di età e 35 di contributi ( trattament­o pari ad almeno 2,2 volte l’assegno minimo) si scenderebb­e a circa 6 miliardi. La proposta- Tridico per consentire il pensioname­nto a 63 anni con la sola fetta contributi­va per poi vedersi liquidare a 67 anni quella retributiv­a costerebbe tre miliardi in tre anni. Per Cgil, Cisl e Uil una nuova riforma in ottica flessibili­tà non è rinviabile.

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