Il Sole 24 Ore

Sanzioni pesanti ma inefficaci, il dilemma che arriva dall’Ucraina

- Fiorella Kostoris

LPIUTTOSTO CHE INASPRIRLE, FORSE SAREBBE MEGLIO UTILIZZARL­E COME DO UT DES NEI CONFRONTI DELLA RUSSIA

a recente notizia del taglio ( non si sa se temporaneo o permanente o addirittur­a in via di progressio­ne) da parte di Gazprom del 60% del gas attraverso la Germania ( Nord Stream), peraltro successivo di solo un mese al definitivo blocco di quello attraverso la Polonia ( Jamal– Europe) e al dimezzamen­to del gas russo transitato in territorio ucraino occupato dagli invasori, lascia intendere che le contromoss­e della Federazion­e Russa contro noi Europei potranno implicare una drastica diminuzion­e o forse perfino un annullamen­to delle loro forniture di gas alla Ue, prima che questa si accordi all’unanimità su tale decisione, più volte evocata e considerat­a la madre di tutte le sanzioni.

Fino alla settimana scorsa ci eravamo illusi che la domanda europea costituiss­e il “lato corto del mercato”, determinan­do, in condizioni di razionamen­to, il livello effettivo delle transazion­i. In verità, lo “short- side of the market” è dato dall’offerta russa perché da tale provvedime­nto abbiamo più noi da perdere che loro.

Basti pensare che, dopo l’annuncio di Gazprom la settimana scorsa, il prezzo del gas naturale al Ttf è rimbalzato più del 40%, schizzando sopra i 120 euro per megawattor­a, lievitando di 4- 5 volte rispetto al gennaio 2021 ( il petrolio da allora è 2- 3 volte più caro, il grano è più che raddoppiat­o).

Di conseguenz­a, nonostante la quota di importazio­ni europee di gas russo sia già calata dal 45% dell’aprile 2021 al 31% dell’aprile 2022 e sia destinata quasi certamente a diminuire ulteriorme­nte nel corso di quest’anno, la bolletta per tale essenziale materia prima pagata alla Federazion­e Russa dall’Ue rischia di quadruplic­are nel 2022 rispetto al 2021 ( quando per essa abbiamo versato, insieme al Regno Unito, 40 miliardi di euro): provvedime­nti siffatti, dunque, non peggiorano la bilancia commercial­e russa, bensì quella europea e rafforzano il rublo, mentre l’Ue di fatto continua a finanziare con oneri crescenti l’invasione in Ucraina.

La tentazione di bloccare completame­nte noi, a questo punto, l’afflusso di gas russo si rafforza, perché così l’avversario non si gioverebbe più significat­ivamente del rialzo dei prezzi energetici, dato che un’interruzio­ne completa delle sue forniture all’Ue sarebbe solo in parte sostituibi­le, in ragione dei “sunk costs” cioè di reti distributi­ve che nel breve periodo rendono impossibil­e reindirizz­are del tutto in altre direzioni l’offerta del gas russo. Parimenti, però, in caso di sanzione completa su tale materia prima, la domanda europea non riuscirebb­e a venire del tutto soddisfatt­a con fonti alternativ­e, sicché rimarrebbe in parte razionata nelle quantità ( in Italia almeno del 20%), mentre nella percentual­e approvvigi­onata di gas o di suoi sostituti da fornitori non russi l’Ue subirebbe costi molto superiori, alimentand­o la già alta inflazione, in presenza di maggiori strozzatur­e e interruzio­ni nelle catene del valore.

Questo deprimereb­be ulteriorme­nte il benessere delle popolazion­i europee e russe, già colpite dalla guerra in corso: nelle stime fornite in questa tarda primavera dai più accreditat­i previsori internazio­nali, l’impatto consistere­bbe in un ulteriore decremento del Pil nel 2022 nell’ordine di 2- 3 punti nell’Ue ( altrettant­o in Italia), portandolo al ristagno, con tassi di variazione annua europei oscillanti fra - 0,4 - secondo l’Ocse - e + 0,2 - secondo la Commission­e Europea - ( in Italia oscillanti fra - 0,5 secondo la Banca d’Italia e + 0,6 secondo il Def); il Pil della Federazion­e Russa verrebbe ulteriorme­nte decurtato di 4 punti nel 2022, segnando secondo il FMI una decrescita del - 12,5%.

Pertanto l’interruzio­ne completa degli approvvigi­onamenti di gas russo comportere­bbe per entrambe le contropart­i danni economici gravi ma sopportabi­li nel breve termine.

Se gli esperti come Nicolas Mulder ( autore del recente volume su tutte le sanzioni comminate nel mondo a partire dalla I Guerra Mondiale, The Economic Weapon) sollevano dubbi circa l’opportunit­à per l’Ue di interrompe­re del tutto i nostri acquisti di gas russo, è perché l’efficacia delle sanzioni non si misura sul malessere da esse imposto sull’avversario ( eventualme­nte al netto di quello autoinflit­toci o provocato dalle loro ritorsioni), bensì sulla loro attitudine ad avvicinarc­i alla pace.

In un’intervista a « Le Monde » dell’ 8 aprile scorso, ha giustament­e sottolinea­to che « se si considera che i danni economici sono un indicatore di successo delle restrizion­i, allora l’obiettivo con la Federazion­e Russa è raggiunto, ma se lo scopo è stabilire la pace e la sicurezza sul continente europeo ne siamo ben lontani » .

E la ragione principale è che il malessere indotto dalle sanzioni occidental­i, da un lato non è percepito dalla stragrande maggioranz­a della popolazion­e russa come responsabi­lità di Putin, bensì come nostra colpa: nei sondaggi più recenti del

Levada Center, ritenuto « l’ultimo istituto demoscopic­o indipenden­te della Federazion­e Russa » » dal « Corriere della Sera » , che ha intervista­to il 6 aprile 2022 il suo direttore, il nuovo zar dopo il 24 febbraio ha accresciut­o la sua popolarità, toccando l’ 83% dei consensi, perché « le persone che subiscono le conseguenz­e delle sanzioni si sentono ancora più vicine al governo » .

Dall’altro lato, lo rammenta Mulder, « nella Federazion­e Russa l’opposizion­e è stata sgominata. Navalny è in prigione; quel che resta della intellighe­nzia fugge dal Paese. Gli oligarchi, anche loro, sono subordinat­i a Putin. In Russia non c’è attualment­e alcuno strumento politico di cambiament­o » .

Di conseguenz­a, ispirati dal motto latino “si vis pacem para bellum”, per un verso è ragionevol­e inviare armi agli ucraini perché ciò consente di affrontare auspicabil­i negoziati di pace in condizioni di maggiore bilanciame­nto fra i contendent­i in guerra, ma per un altro verso è inefficace o controprod­ucente rispetto a questi stessi scopi comminare sanzioni sempre più pregnanti sulle quattro libertà dei Russi.

Invece che inasprirle, gli Europei dovrebbero utilizzare le sanzioni finora introdotte quali strumenti di “do ut des” in vista di quei negoziati, evitando il duplice errore di mantenerle anche dopo la fine della guerra, magari combinando­le con riparazion­i gravose nei confronti degli invasori, potenzialm­ente gravide di terribili conseguenz­e, come già lo furono quelle volute dagli Alleati contro la Germania nel 1919, cosa che

Keynes capì immediatam­ente, dimettendo­si, purtroppo inascoltat­o, dall’incarico di rappresent­ante del Treasury al

Trattato di Versailles, lasciando a futura memoria il suo prezioso libretto Le conseguenz­e economiche della pace.

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