Cavalcare l’onda del cambiamento, strategia vincente
Al di là del posizionamento iniziale, gli effetti del cambiamento possono risultare positivi o negativi soprattutto in base alla gestione dello stesso. Gestione che oggi è certamente più difficile rispetto al passato. Per almeno tre motivi. Perché i cambiamenti dirompenti si succedono con maggiore frequenza rispetto al passato. Perché siamo condizionati in tempo reale anche da eventi che hanno luogo a grande distanza, talvolta dall'altra parte del mondo. E perché, indipendentemente dal fatto che i cambiamenti ci riguardino o no, esserne costantemente informati genera un senso di ansia che rende più difficile determinare priorità e prendere decisioni.
La gestione del cambiamento è più difficile che mai, ma nel mondo attuale è un fondamentale elemento di successo, spesso di sopravvivenza. Dalla rilettura dell’Origine della specie di Charles Darwin emerge che a sopravvivere non è la specie più forte o la più intelligente ma quella con maggiore predisposizione al cambiamento. Il concetto può essere applicato alle imprese. A prevalere nel lungo periodo non sono necessariamente quelle di maggiori dimensioni o che generano più profitti, bensì quelle che meglio gestiscono i continui cambiamenti: nei trend di mercato, nei gusti dei consumatori, nella tecnologia, nello scenario competitivo. Ne è convinto l’economista Philip Kotler di Kellogg per cui « l’unico vantaggio competitivo sostenibile è la capacità di apprendere e di imparare più rapidamente degli altri » .
Flessibilità e versatilità, capacità di apprendere dai cambiamenti ( learn) e di adattarsi ai medesimi ( adapt), sono le caratteristiche che determinano il successo – e nel lungo periodo la sopravvivenza – di imprese, città, distretti, territori.
Gestire il cambiamento è complesso ma cruciale. Ci sono almeno quattro modi per farlo: subirlo, opporvi resistenza, cavalcarlo, promuoverlo. Le prime due strade implicano un approccio più passivo, le altre richiedono invece un atteggiamento più attivo e propositivo, un maggiore grado di coinvolgimento. Nessuna delle quattro strategie è, in assoluto, migliore delle altre. La gestione più efficace dipende dal tipo di cambiamento e, soprattutto, dalle risorse disponibili. In particolare da quelle umane, perché in queste circostanze a fare la differenza sono spesso le persone e la loro capacità di produrre e implementare idee.
Di fronte allo tsunami del cambiamento, che compare minaccioso all’orizzonte, subire equivale a piegarsi alla forza del vento, nella speranza di sopravvivere ma rischiando di essere travolti. Kodak è stata sorpresa, e sbaragliata, dapprima dall’avvento della fotografia digitale e successivamente dall’introduzione dello smartphone.
Blockbuster e ToysRUs sono state messe fuori mercato da streaming online ed e- commerce. La città di Detroit non ha saputo anticipare la crisi del settore automobilistico americano. Gran parte degli editori di grandi enciclopedie, come Brockhaus, Larousse e Britannica, sonostati spiazzati da Internet e Wikipedia.
Essere attori protagonisti del cambiamento non è facile. Richiede abilità nell’anticipare gli eventi, capacità di generare idee originali, capitale umano adeguato a implementarle, coraggio di mettersi in gioco. È inoltre necessario saper affrontare e superare la generale avversione a cambiamento e innovazione tipica di molte istituzioni. Se un’organizzazione ha queste caratteristiche e sa superare le resistenze interne a innovare, allora anziché cercare di predire il futuro può permettersi di disegnarlo. Perché, come sosteneva l’informatico americano Alan Kay « the best way to predict the future is to invent it » . Il cambiamento suscita forti emozioni. La sua attesa spesso alimenta sogni e speranze. Perché schiude la possibilità di nuovi scenari che ognuno tende a immaginare e disegnare nel modo che preferisce. Il nuovo che arriva è generalmente considerato un miglioramento rispetto allo status quo. Quando però l’onda del cambiamento è all’orizzonte e si avvicina, il timore di non saperla affrontare adeguatamente e di esserne travolti suscita incertezza, genera ansia, alimenta sentimenti di paura. Nell’epoca caratterizzata da una delle maggiori intensità di cambiamento nel corso della storia, imparare a gestirlo è una questione di sopravvivenza. Cavalcare l’onda è l’unico modo per non esserne travolti.
CI SONO ALMENO QUATTRO MODI PER GESTIRE IL CAMBIAMENTO, SUBIRLO, OPPORSI, CAVALCARLO E PROMUOVERLO