Il Sole 24 Ore

Cda 4.0, competenze a largo raggio

Il board del futuro. Un report di Deloitte presentato oggi traccia l’identikit del nuovo consiglio d’amministra­zione post pandemia: una squadra reattiva e diversific­ata di profession­isti che aiutano il management a integrare nel piano strategico Esg, digi

- Pagina a cura di Chiara Bussi

Il board del futuro? Una squadra agile, reattiva e diversific­ata al suo interno, con le antenne dritte sui rischi e una messa a fuoco sempre più nitida sui criteri Esg. A tracciarne l’identikit sono i suoi stessi protagonis­ti: presidenti, amministra­tori delegati e consiglier­i di amministra­zione di 26 aziende quotate, attive in Italia, intervista­ti da Deloitte per la prima edizione del report dedicato alla nuova governance ( presentato oggi a Milano nel corso del convegno « The board of the future » ).

I cda del futuro, fa notare Silvia La Fratta, partner Deloitte e chair of Deloitte DCM Partnershi­p council, « dovranno affrontare sfide sempre più diversific­ate e incalzanti; la composizio­ne è il primo passo per una buona governance dal punto di vista dell’adeguament­o alle norme regolatori­e e della valorizzaz­ione del capitale umano » . Il nuovo board, dice, « dovrà essere una squadra multidisci­plinare con consiglier­i pienamente consapevol­i dei poteri e degli obblighi inerenti alle funzioni assolte, dotati di profession­alità adeguate al ruolo e con competenze diffuse e trasversal­i, perché ognuno possa apportare il proprio punto di vista nelle discussion­i consiliari » .

La pandemia e le nuove incertezze causate dalla guerra in Ucraina hanno lasciato il segno. L’integrazio­ne tra strategia aziendale di lungo periodo e obiettivi di sostenibil­ità a tutto tondo ( ambientale, sociale e di governance) rappresent­a il primo punto nell’agenda. Il ruolo del cda rispetto alle tematiche Esg sarà sempre più importante. Un altro tema prioritari­o sarà la digitalizz­azione: dei processi, cloud, analisi dei dati, intelligen­za artificial­e e cybersecur­ity. Gli occhi saranno puntati anche sulla gestione del rischio per anticipare potenziali situazioni di criticità e prendere decisioni maggiormen­te consapevol­i supportate da valutazion­i quantitati­ve. « Durante l’emergenza Covid - spiega La Fratta - le aziende hanno dovuto affrontare situazioni complesse e revisioni repentine delle loro direttrici strategich­e e dei piani operativi. È emersa una maggiore consapevol­ezza sul tema dell’integrazio­ne della gestione del rischio nei processi aziendali come accelerato­re della performanc­e e per creare valore » . Un’ altra eredità della pandemia è lo sviluppo del capitale umano, con un’attenzione crescente al benessere e alla salute dei dipendenti.

Il numero di componenti del board deve essere « adeguato alle dimensioni e alla complessit­à organizzat­iva e operativa » per svolgere in modo efficace il ruolo di supervisio­ne strategica. A fine 2021 le società intervista­te presentano in media 12 componenti. I cda del campione rispettano inoltre le raccomanda­zioni del Codice di corporate governance con una percentual­e di consiglier­i indipenden­ti del 65% sul totale. Le società del settore energetico registrano le percentual­i più alte, seguite da banche e assicurazi­oni. « L’indipenden­za del board - sottolinea La Fratta - garantisce imparziali­tà nelle valutazion­i e nel processo decisional­e, sorveglian­do l’effettiva gestione dell’organizzaz­ione nell’interesse dei propri stakeholde­r e interfacci­andosi costanteme­nte con il management per determinar­e se la gestione del rischio d’impresa è adeguata per apportare valore » .

La nuova partita si giocherà soprattutt­o sul mix di competenze. Le tre più ricercate, secondo il 45% del campione, sono quelle legate ai criteri Esg, per attuare i principi dell’Agenda Onu 2030. Seguono il digitale ( 35%) e la cybersecur­ity ( 20%). Ai consiglier­i saranno richieste da un lato una solida base di conoscenze e dall’altro una forte capacità di interazion­e. Per questa ragione il panel suggerisce di inserire soggetti con competenze complement­ari e lontane dal core business e pone l’accento sulle soft skills, per creare un clima di coesione all’interno del cda. Un secondo mandato – sottolinea­no gli intervista­ti – rafforzere­bbe questi aspetti a vantaggio dell’azienda.

« Per i board - dice La Fratta - sarà importante dotarsi di competenze verticali su temi legati al digitale e alla tecnologia per valutare efficaceme­nte i progetti strategici a stampo digitale proposti dal top management e indirizzar­e i vertici verso la trasformaz­ione radicale del business fondata sulla tecnologia » . L’evoluzione dovrà riguardare anche un ruolo più attivo del presidente, garante dell’organizzaz­ione e custode della reputazion­e dell’azienda e degli obiettivi che si prefigge.

Cresce inoltre il numero dei comitati endoconsil­iari. Nelle società del campione se ne contano in media 3, che salgono a 3,6 nelle aziende quotate sul Ftse- Mib. Secondo il panel « favoriscon­o il dibattito e l’approfondi­mento di tematiche di carattere regolament­are e di governance » . In linea con lo spirito dei tempi il 75% del campione ne ha uno dedicato ai criteri Esg e alla loro applicazio­ne in azienda.

Un occhio di riguardo sarà dedicato alle politiche di remunerazi­one che dovranno trovare un equilibrio tra la prevenzion­e del conflitto di interessi, la tutela dell’indipenden­za e la “profession­alizzazion­e” del ruolo di consiglier­e. Un aspetto sempre più cruciale è l’inclusione, considerat­a non più solo un programma da gestire ma un imperativo di business. Il cda deve inoltre valorizzar­e le diversità di genere ( andando oltre la mera compliance della legge Golfo- Mosca), di età e delle competenze per creare sinergie e complement­arità tra i vari componenti.

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sIlvIa la fratta Partner Deloitte e chair of Deloitte DCM Partnershi­p council
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IlluStrAzI­one DI kelly roMAnAlDI

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