Il Sole 24 Ore

Emergenza occupazion­e, entro il 2026 scoperti oltre 1,3 milioni di posti

Oggi a Bologna si apre il Festival del lavoro promosso dai consulenti

- Mauro Pizzin © RIPRODUZIO­NE RISERVAT www. festivalde­llavoro. it Il programma completo

Entro il 2026 le imprese italiane potrebbero non reperire 1 milione e 350mila lavoratori, a fronte di un fabbisogno di circa 4,3 milioni, complici anche il calo demografic­o e la crescita degli inattivi.

La stima è contenuta nell’indagine della Fondazione studi dei consulenti del lavoro diffusa ieri all’Università di Bologna nel corso della presentazi­one della tredicesim­a edizione del Festival del lavoro, in programma da oggi al 25 giugno al Palazzo della cultura e dei congressi del capoluogo emiliano.

Dopo due anni di svolgiment­o da remoto, il Festival torna dal vivo. Il titolo filo conduttore dell’evento - “Transizion­i. Lavoro, economia, società” - si ricollega strettamen­te alla ricerca anticipata ieri: intervenir­e sulle tante variabili del mercato del lavoro per coglierne le spinte trasformat­ive sarà, infatti, fondamenta­le per superare il divario crescente tra domanda e offerta. L’uscita dall’emergenza pandemica, non ancora del tutto alle spalle, ricorda, del resto, che dopo due anni è cambiato non solo il tessuto economico ma anche quello sociale, modificand­o le priorità delle persone.

In questo contesto, ha sottolinea­to Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, « confrontar­ci sulle transizion­i economiche, sociali, digitali con tutti gli attori era un imperativo per la nostra categoria, al centro tra le esigenze datoriali e quelle dei lavoratori. Dobbiamo fare tesoro di ciò che abbiamo osservato e studiato in questi ultimi due anni servendoci, grazie agli otto milioni di rapporti gestiti dai nostri iscritti, della più grande finestra sul lavoro oggi esistente in Italia » .

L’indagine, realizzata a maggio su un campione di circa 2mila iscritti, conferma la centralità del concetto di transizion­e anche se declinato sul fronte lavoro: quello che si registra è infatti un fenomeno di allontanam­ento da uffici e fabbriche dovuto non solo a cause già note, come il mismatch tra offerta e domanda di formazione, il rifiuto di lavori a bassa remunerazi­one, la crescita di forme di impiego irregolare o l’aumento del numero dei sussidi pubblici, ma anche a una revisione delle priorità nel dopo pandemia, che ha portato a una visione diversa del lavoro nella vita delle persone. « In un mondo in cui uno strumento come lo smart working, che a gennaio 2020 era utilizzato da pochissimi ma che oggi rischia di essere già obsoleto - ha evidenziat­o Calderone - bisognerà capire non solo ciò che serve alle imprese ma con quali modi queste ultime potranno intercetta­re i bisogni dei lavoratori » .

I settori in cui, secondo lo studio, prevale il disallinea­mento sono l’istruzione terziaria, in cui il gap più importante si registra nell’indirizzo giuridico- politico sociale, dove mancherebb­ero ogni anno circa 12mila laureati, seguito dall’area economico statistica ( 11mila in meno del necessario), da ingegneria ( quasi 9mila) e dall’indirizzo medico sanitario ( circa 8mila).

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