Sisma in Afghanistan, almeno mille morti Difficili i soccorsi
È ancora difficile portare aiuti e cure mediche nelle aree dell’Afghanistan colpite mercoledì da un violento terremoto, di magnitudo 6,1, che ha ucciso tra le 700 e le mille persone, secondo le prime stime.
Il governo talebano ritiene di aver completato le operazioni di salvataggio. « Sono completate, nessuno è intrappolato sotto le macerie » , ha detto Mohammad Ismail Muawiyah, portavoce del comando militare della provincia di Paktika: l’area colpita è a 160 chilometri a sudest di Kabul, in una zona montagnosa, difficilmente raggiungibile.
Le piogge, mercoledì, hanno reso ancora più difficili i soccorsi, spiega al Sole 24 Ore Stefano Sozza, country director per Emergency. Le strade sterrate e il rischio di frane hanno rallentato i trasporti, da sempre difficili. « L’epicentro era impossibile da raggiungere, e per questo motivo il governo ha messo a disposizione elicotteri per portare i feriti a Kabul e nel vicino Pakistan » , aggiunge Sozza. La situazione è migliorata ieri e il team della Ong italiana, coordinandosi con altre organizzazioni e il ministero della Sanità di Kabul, è riuscita ad avvicinarsi all’epicentro, localizzato nel distretto di Gayan nella provincia di Paktika, al confine con il Pakistan. Oggi potrebbe raggiungerlo, con sette ambulanze, staff e materiale medico e potrebbe valutare l’apertura di una clinica. Emergency ha messo a disposizione anche alcuni letti del suo ospedale di Kabul, per il quale sono stati aperti - ha aggiunto Sozza - i criteri di accesso ( è un ospedale di guerra). Sono arrivate al momento soltanto nove persone: gran parte dei feriti è stata ricoverata negli ospedali pubblici delle zone più vicine all’area colpita e a Kabul.
Il bilancio è provvisorio. Le cifre parlano di circa mille morti ( 700 secondo l’Onu) e 1.500 feriti, mentre il numero dei nuclei abitati distrutti o danneggiati varia da 1.800 e 3mila nelle provincie di Paktika e di Khost, in buona parte controllate da sempre dalla rete Haqqani e quindi isolate dagli investimenti realizzati dagli occidentali e ad alto rischio.
L’isolamento internazionale del regime talebano rende particolarmente delicata la situazione: il paese è impoverito, affamato, colpito dalla siccità, e ancora lacerato da violenti scontri interni. Aiuti umanitari arrivano ancora nel paese - soprattutto dalla Turchia, da sempre molto attiva in tutta l’area, fino al Pakistan - ma sostegni di più lungo periodo sono stati congelati, insieme alle riserve della banca centrale.