Da Padova all’Africa, storia della mattoniera nata a inizio Novecento
Dalla famiglia Bedeschi oggi fattura 170 milioni
La realtà fondata
Una lunga storia aziendale iniziata 115 anni fa, quella del gruppo Bedeschi, che mantiene la sua sede nel Padovano ma nel corso del tempo ha aperto uffici in tutto il mondo. Produce attrezzature e macchinari per l’industria di laterizi e per la movimentazione di materiali, con un fatturato di 170 milioni circa e 300 addetti. Ha una forte evocazione all’export: il 95% di quanto realizzato esce dai confini nazionali. L’azienda, guidata oggi dall’amministratore delegato Rino Bedeschi, viene fondata da Guglielmo Bedeschi all’inizio del Novecento. Si ricorda ancora che quando costruì la prima mattoniera a vuoto venne premiato con la medaglia d’oro in occasione dell’Expo di Torino del 1909. Da allora l’impresa ha proseguito la crescita, fino ad arrivare oggi alla quarta generazione, caso raro in Italia. Sono tre i principali business del gruppo: material handling, che copre la logistica portuale, on- shore e off- shore; briks, cioè il settore da cui l’attività è partita, il mattone, e copre la fornitura di attrezzature e impianti per la produzione di mattoni di vario tipo e di tegole; cranes, cioè le gru che completano l’offerta della logistica portuale, con la movimentazione di container, il carico e lo scarico, la movimentazione e lo stoccaggio all’interno dei terminali.
Il quartier generale dell’impresa ha sede a Limena, dove ci sono anche le maggiori unità produttive, 25mila metri quadrati coperti su una superficie di 45mila metri quadrati totali. Tutte le parti più sofisticate delle macchine vengono realizzate qui, evitando la delocalizzazione per mantenere gli standard di qualità. Questa la volontà della famiglia. Altre filiali operative si trovano a Bergamo, Genova, Dubai, Mosca, Stati Uniti e Uk e operano con numerosi uffici di rappresentanza dislocali nel mondo, costituendo così una rete capillare anche per interventi di manutenzione. Riassumendo, la scelta aziendale è stata quella di mantenere in Italia il core business, pur diversificando le sedi geograficamente, e creare più settori produttivi. Inoltre negli anni 80 c’è stata una forte spinta verso la tecnologia, nel periodo in cui l’espansione infrastrutturale ha visto un’accelerazione.
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