Banche, per chi inquina l’ambiente meno denaro e commissioni più alte
L’ 88% dei banchieri europei punta a spostare i fondi su attività a bassa emissione
Dirottare i capitali verso iniziative a basse emissioni di carbonio e colpire al tempo stesso le imprese che inquinano l’ambiente applicando loro commissioni più elevate. È con simili azioni che le banche europee ( e anche quelle italiane) ritengono di poter offrire il proprio contributo per contrastare il cambiamento climatico: una lotta che passa necessariamente attraverso il miglioramento dell’informativa finanziaria riguardante un tema che ormai non più ignorabile e soprattutto da un accordo a livello regolamentare su metriche e misure standard da adottare per la stessa valutazione del rischio ambientale.
La piena consapevolezza degli istituti di credito sulle sfide da affrontare per raggiungere gli obiettivi sulla sostenibilità emerge da un’indagine di Dla Piper fra 700 senior banker europei, 150 dei quali italiani. Quasi quattro su cinque degli intervistati dallo studio legale ( 88%) concordano sul fatto che distogliere i flussi finanziari dalle imprese e dalle attività meno sostenibili sia un metodo efficace per contrastare il cambiamento climatico. Si sale addirittura al 92% quando si parla di colpire con sanzioni, commissioni o altre rilevanti misure economiche le aziende il cui profilo di rischio ambientale genera un’esposizione significativa per la stessa banca.
Un’informativa corretta assume un ruolo fondamentale all’interno del processo e il 90% dei banchieri pensa che un progresso significativo nella rendicontazione dei rischi ambientali da parte degli istituti finanziari avrebbe notevole impatto sugli sforzi globali per ridurre i cambiamenti climatici. Nel dettaglio, oltre un terzo degli intervistati indica che la qualità dei dati disponibili ( 36%), l’affidabilità dei dati provenienti da terzi ( 36%) e l’accessibilità ai dati dei clienti ( 34%) rappresentano i maggiori ostacoli.
Anche per questo le banche stanno pianificando nel 2022 investimenti in tale ambito nell’ 86% dei casi, con le italiane a sfoderare un dato superiore alla media ( 91%) e non del tutto inatteso. « Nel nostro Paese – riconosce Luciano Morello, partner di Dla Piper e responsabile del dipartimento Finance, Projects & Restructuring in Italia – la questione riveste un ruolo ancora più importante proprio perché il tessuto industriale è costituito da piccole e medie imprese, che più delle altre hanno necessità di finanziamenti per essere in grado di affrontare la transizione ecologica » .
L’atteggiamento e le azioni delle banche non sono legati alla sola presa di coscienza nei confronti delle imprescindibili questioni legate all’ambiente, ma rispondono anche alle esigenze imposte dalla normativa. Quest’ultima ha un ruolo rilevante e un impatto immediato sia per quanto riguarda la valutazione dei rischi degli attivi, sia per la rispondenza ai criteri Esg degli stessi strumenti finanziari emessi e la stessa Bce ha avviato uno stress test per valutare il grado di preparazione degli istituti europei di fronte a shock economici e finanziari derivanti dal rischio climatico, i cui risultati sono attesi il mese prossimo.
Fra le sfide da affrontare per le banche, il sondaggio Dla Piper assegna un ruolo di primo piano alla mancanza di metriche e misure standard condivise per la valutazione e il confronto dei rischi ambientali e della relativa informativa. « Occorre che il legislatore, ma anche i governi, le banche e gli altri operatori del sistema concordino nell’individuare una serie di parametri univoci a livello europeo, in modo da evitare disparità di trattamento fra i mercati di riferimento dei vari Paesi o anche fra differenti settori » , segnala Morello, ammettendo che « il cambiamento non pare essere all’orizzonte » .
Il 76% dei partecipanti al sondaggio ritiene infatti che servirà più di un anno prima che il mercato individui metriche uniformi, mentre il 15% degli intervistati ne prevede almeno due per tagliare questo traguardo. In gioco non è solo il futuro del pianeta, ma anche una trasformazione culturale e operativa per le stesse banche. « Aspettare che i concorrenti, i clienti, le autorità di regolamentazione o persino i contenziosi agiscano per primi – avverte Dla Piper – metterà fuori portata gli obiettivi climatici globali: l’ora della trasformazione è adesso » .