Il Sole 24 Ore

Processi 231, ammissibil­e la messa alla prova dell’ente

Ordinanza che si discosta dall’orientamen­to maggiorita­rio Ininfluent­e la mancata adozione di modelli prima della commission­e del reato

- Giulia Cagnazzo Andrea Puccio

Con ordinanza del 22 giugno 2022, il Tribunale di Bari, investito della valutazion­e in merito all’istituto della sospension­e del procedimen­to con messa alla prova, ne ha riconosciu­to l’applicabil­ità nei confronti di un ente cui era stato contestato l’illecito amministra­tivo ex articolo 25- septies del decreto legislativ­o 231/ 2001.

Il giudice barese, discostand­osi significat­ivamente dagli orientamen­ti giurisprud­enziali susseguiti­si negli anni, ha accolto la richiesta di adesione al rito speciale, argomentan­do in ordine all’applicazio­ne, in via analogica, dell’istituto all’ente e muovendo, a tal fine, sia dalle previsioni di cui agli articoli 34 e 35 del decreto legislativ­o 231/ 2001 – che estendono agli enti la disciplina del codice di rito e di quella prevista per l’imputato – che dalla ratio della norma di cui all’articolo 168- bis del Codice penale, volta a perseguire un reinserime­nto sociale “anticipato” dell’imputato, ritenuta compatibil­e, in termini di finalità, con l’impianto del Dlgs 231/ 2001.

A parere del Tribunale, infatti, il sistema della responsabi­lità da reato degli enti risponde a una logica di prevenzion­e del crimine non solo generale, da attuare in via preventiva, ma anche speciale – come ricavabile agli articoli 12 e 17 del decreto – da perseguire attraverso la rieducazio­ne dell’ente, realizzata in termini di compliance, mediante la persuasion­e ad adottare « comportame­nti riparatori dell’offesa che consentano il superament­o del conflitto sociale instaurato con l’illecito, nonché idonei, concreti ed efficaci modelli organizzat­ivi che incidendo struttural­mente sulla cultura d’impresa, possano consentirg­li di continuare a operare sul mercato nel rispetto della legalità o meglio di rientrarvi con una nuova prospettiv­a di legalità » .

Nello sforzo ermeneutic­o profuso, il Tribunale di Bari non manca, poi, di precisare che, in un’ottica di coerenza con i limiti oggettivi della messa alla prova, l’estensione analogica inb on amp arte md ell’ istitutopa­rte md ell’ istituto ne renderebbe consentita l’applicazio­ne solo per quegli illeciti dipendenti da reati per i quali anche le persone fisiche possono accedere a tale procedimen­to speciale.

L’ordinanza, infine, si pone l’obiettivo di chiarire un’incertezza applicativ­a sollevata dal Tribunale di Modena nel dicembre 2020, che attiene alla necessità, per l’ente, di dotarsi di un modello organizzat­ivo anteriorme­nte alla commission­e del reato presuppost­o al fine di accedere alla messa alla prova, giacché, diversamen­te, sarebbe vanificata la finalità rieducativ­a dell’istituto.

Sul punto, il giudice, nel dissentire dal precedente giurisprud­enziale, ritiene chela finalità rieducativ­a dell’ente non sia pregiudica­ta laddove quest’ultimo fosse sprovvisto del modello prima della commission­e del reato presuppost­o, purché si doti del medesimo antecedent­emente alla dichiarazi­one di apertura del dibattimen­to.

L’attivazion­e postuma, in sostanza, non deve essere ritenuta un meccanismo elusivo della responsabi­lità dell’ente, quanto piuttosto l’espression­e della finalità rieducativ­a perseguita dal legislator­e, da intendersi non solo ante delictum, ma anche post delictum, come ricavabile, peraltro, dal dettato dell’articolo 17 del Dlgs 231/ 2001, che stabilisce un trattament­o sanzionato­rio più mite proprio in caso di eliminazio­ne delle carenze organizzat­ive che hanno determinat­o il reato prima della dichiarazi­one di apertura del dibattimen­to di primo grado.

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