Criptovalute, 530 miliardi in fumo
Crollo del valore del settore dopo lo tsunami partito con il collasso di Terra Luna
Il mondo delle criptovalute cerca di capire se la bufera, che ha colpito il settore ed è iniziata col collasso della stablecoin terraUSD- Luna e alimentata dalle difficolta finanziarie di Celsius e dell’hedge fund Three Arrows, stia perdendo forza o no. Al di là di ciò, il mercato è rimasto comunque molto scosso. La capitalizzazione delle criptovalute dal 10 maggio, momento in cui i problemi di TerraUSDLuna sono parsi chiari, è scesa parecchio. La market cap globale è calata infatti di circa 530 miliardi di dollari. Una caduta che ha contribuito a portare il criptofalò, dai massimi del novembre 2021, a circa 2mila miliardi.
Una settimana vissuta pericolosamente. È quella - appena conclusa - che ha contraddistinto il criptomondo. Ieri, in tarda serata, bitcoin ed ether viaggiavano, tra i consueti vortici di volatilità, in rialzo rispettivamente a circa 21.000 e 1.200 dollari. Una boccata d’ossigeno che, però, non è sufficiente a fare dimenticare il “week end di paura” quando, il 18 giugno scorso, la criptoregina è andata addirittura sotto i 18.000 dollari.
Il cripto falò
Adesso gli operatori si interrogano se il tornado, partito con il collasso della stablecoin terraUSD- Luna e spinto ulteriormente dalle difficoltà finanziarie di Celsius ( ora oggetto di tentativi di salvataggio) e dell’hedge fund Three Arrows, stia perdendo di forza. Al di là delle speranze, però, il mercato è rimasto comunque scosso. La riprova? Il calo della capitalizzazione delle criptovalute. Dal 10 maggio, momento in cui i problemi di TerraUSD- Luna sono parsi ben chiari, la market cap globale è scesa di circa 530 miliardi di dollari. Una discesa che ha contribuito a portare il criptofalò, dai massimi del novembre 2021, a circa 2.000 miliardi di dollari. In particolare, sempre dalla prima decade del mese scorso, le top ten tra le cryptocurrencies hanno bruciato intorno ai 367 miliardi. Insomma: una debacle non indifferente.
Investitori e tassi
Ciò detto, quali le motivazioni del crollo? In generale i criptoasset sono vittime del loro successo. I token digitali, entrando nei portafogli degli investitori tradizionali ( sia istituzionali che retail), sono diventati sensibili alle consuete strategie di quest’ultimi. I quali da una parte non conoscono, o non seguono, i meccanismi peculiari del criptosfera. E, dall’altra, considerano le cryptocurrencies alla stregua di titoli ad alta crescita ( high growth). Asset assimilati all’ hi tech che, nel momento in cui le banche centrali ( Fed in testa) stringono sulla politica monetaria, vengono venduti a mani basse.
L’eccesso di leva
Sennonché le criptovalute sono scese più delle tecnologie a Wall Street. Una dinamica la quale, a detta di Chainanalysis, trova la sua giustificazione nell’eccessiva aggressività, e rischiosità, di molti protocolli di finanza decentralizzata che ha avuto un effetto a catena su tutta la criptoeconomia. Dopo il crollo delle criptovalute del 2018, la Decentralized Finance ( DeFi), complice la stessa mancanza di regolamentazione, è letteralmente esplosa. In particolare il numero di piattaforme di DeFi, comprese quelle specializzate in prestiti e generazione di rendimenti, ha continuato ad aumentare, superando quota 120. Il tutto mentre, al contrario, i flussi di investimento nella finanza decentralizzata diminuivano. Si è passati, seppure tra alti e bassi, da oltre 240 miliardi nel secondo trimestre del 2021 ai 50 miliardi di dollari di adesso. Con il che le piattaforme attive nei prestiti hanno dovuto promettere rendimenti sempre più alti per continuare la loro crescita. In un simile contesto, è l’indicazione degli esperti, gli exchange sono stati indotti a investire i fondi degli utenti in attività più rischiose. Addirittura, i protocolli che fanno lending hanno iniziato a finanziarsi attraverso altri piattaforme simili a loro. Inutile dire che, nel momento in cui le quotazioni degli asset hanno preso a calare, c’è stato l’ effetto cascata sulla DeFi. Una dinamica la quale, facendo scendere la fiducia degli operatori, ha impattato l’intera criptosfera.
Regole e Sec
Già, l’impatto sulla criptosfera. Bisognerà vedere quale sarà quello della regolamentazione che, ad esempio negli Stati Uniti, passo dopo passo va concretizzandosi. Nell’ultima udienza alla commissione bancaria del Senato statunitense Jerome Powell è intervenuto su una mossa realizzata dalla Sec. Il Presidente della Fed ha preso atto dell’indicazione arrivata dall Security and exchange commission. Quest’ultima, nell’aprile scorso, ha comunicato che le public company detentrici di “risorse digitali” dei clienti potrebbero dovere considerare tali asset all’interno del loro bilancio. Si tratta di un passaggio non di poco conto. Le attività di custodia, infatti, sono sempre state considerate fuori bilancio. Nel nuovo regime saremmo di fronte ad una maggiore responsabilizzazione, ad esempio, delle piattaforme decentralizzate di scambio. In tal senso non è un caso che Coinbase abbia indicato che i criptoasset dei clienti da lei detenuti potrebbero, in un ipotetico fallimento, essere coinvolti nella procedura concorsuale.
Al di là del tema specifico è chiaro che, da un lato, simili passaggi costituiscono la giusta stretta a tutela dei risparmi degli utenti; ma, dall’altro, implicano degli impatti su di un mondo che per sua natura è riluttante a regole e leggi. Anche del fronte normativo bisogna tenere conto al fine di comprendere quali potranno essere le prospettive del criptomondo,
L’IMPATTO
L’aggressività di molti protocolli di finanza decentralizzata ha avuto un effetto a catena su tutta la criptoeconomia
I PALETTI DELLA SEC
Le public company potrebbero essere costrette a considerare in bilancio le risorse digitali dei clienti