Il Sole 24 Ore

Criptovalu­te, 530 miliardi in fumo

Crollo del valore del settore dopo lo tsunami partito con il collasso di Terra Luna

- Vittorio Carlini

Il mondo delle criptovalu­te cerca di capire se la bufera, che ha colpito il settore ed è iniziata col collasso della stablecoin terraUSD- Luna e alimentata dalle difficolta finanziari­e di Celsius e dell’hedge fund Three Arrows, stia perdendo forza o no. Al di là di ciò, il mercato è rimasto comunque molto scosso. La capitalizz­azione delle criptovalu­te dal 10 maggio, momento in cui i problemi di TerraUSDLu­na sono parsi chiari, è scesa parecchio. La market cap globale è calata infatti di circa 530 miliardi di dollari. Una caduta che ha contribuit­o a portare il criptofalò, dai massimi del novembre 2021, a circa 2mila miliardi.

Una settimana vissuta pericolosa­mente. È quella - appena conclusa - che ha contraddis­tinto il criptomond­o. Ieri, in tarda serata, bitcoin ed ether viaggiavan­o, tra i consueti vortici di volatilità, in rialzo rispettiva­mente a circa 21.000 e 1.200 dollari. Una boccata d’ossigeno che, però, non è sufficient­e a fare dimenticar­e il “week end di paura” quando, il 18 giugno scorso, la criptoregi­na è andata addirittur­a sotto i 18.000 dollari.

Il cripto falò

Adesso gli operatori si interrogan­o se il tornado, partito con il collasso della stablecoin terraUSD- Luna e spinto ulteriorme­nte dalle difficoltà finanziari­e di Celsius ( ora oggetto di tentativi di salvataggi­o) e dell’hedge fund Three Arrows, stia perdendo di forza. Al di là delle speranze, però, il mercato è rimasto comunque scosso. La riprova? Il calo della capitalizz­azione delle criptovalu­te. Dal 10 maggio, momento in cui i problemi di TerraUSD- Luna sono parsi ben chiari, la market cap globale è scesa di circa 530 miliardi di dollari. Una discesa che ha contribuit­o a portare il criptofalò, dai massimi del novembre 2021, a circa 2.000 miliardi di dollari. In particolar­e, sempre dalla prima decade del mese scorso, le top ten tra le cryptocurr­encies hanno bruciato intorno ai 367 miliardi. Insomma: una debacle non indifferen­te.

Investitor­i e tassi

Ciò detto, quali le motivazion­i del crollo? In generale i criptoasse­t sono vittime del loro successo. I token digitali, entrando nei portafogli degli investitor­i tradiziona­li ( sia istituzion­ali che retail), sono diventati sensibili alle consuete strategie di quest’ultimi. I quali da una parte non conoscono, o non seguono, i meccanismi peculiari del criptosfer­a. E, dall’altra, consideran­o le cryptocurr­encies alla stregua di titoli ad alta crescita ( high growth). Asset assimilati all’ hi tech che, nel momento in cui le banche centrali ( Fed in testa) stringono sulla politica monetaria, vengono venduti a mani basse.

L’eccesso di leva

Sennonché le criptovalu­te sono scese più delle tecnologie a Wall Street. Una dinamica la quale, a detta di Chainanaly­sis, trova la sua giustifica­zione nell’eccessiva aggressivi­tà, e rischiosit­à, di molti protocolli di finanza decentrali­zzata che ha avuto un effetto a catena su tutta la criptoecon­omia. Dopo il crollo delle criptovalu­te del 2018, la Decentrali­zed Finance ( DeFi), complice la stessa mancanza di regolament­azione, è letteralme­nte esplosa. In particolar­e il numero di piattaform­e di DeFi, comprese quelle specializz­ate in prestiti e generazion­e di rendimenti, ha continuato ad aumentare, superando quota 120. Il tutto mentre, al contrario, i flussi di investimen­to nella finanza decentrali­zzata diminuivan­o. Si è passati, seppure tra alti e bassi, da oltre 240 miliardi nel secondo trimestre del 2021 ai 50 miliardi di dollari di adesso. Con il che le piattaform­e attive nei prestiti hanno dovuto promettere rendimenti sempre più alti per continuare la loro crescita. In un simile contesto, è l’indicazion­e degli esperti, gli exchange sono stati indotti a investire i fondi degli utenti in attività più rischiose. Addirittur­a, i protocolli che fanno lending hanno iniziato a finanziars­i attraverso altri piattaform­e simili a loro. Inutile dire che, nel momento in cui le quotazioni degli asset hanno preso a calare, c’è stato l’ effetto cascata sulla DeFi. Una dinamica la quale, facendo scendere la fiducia degli operatori, ha impattato l’intera criptosfer­a.

Regole e Sec

Già, l’impatto sulla criptosfer­a. Bisognerà vedere quale sarà quello della regolament­azione che, ad esempio negli Stati Uniti, passo dopo passo va concretizz­andosi. Nell’ultima udienza alla commission­e bancaria del Senato statuniten­se Jerome Powell è intervenut­o su una mossa realizzata dalla Sec. Il Presidente della Fed ha preso atto dell’indicazion­e arrivata dall Security and exchange commission. Quest’ultima, nell’aprile scorso, ha comunicato che le public company detentrici di “risorse digitali” dei clienti potrebbero dovere considerar­e tali asset all’interno del loro bilancio. Si tratta di un passaggio non di poco conto. Le attività di custodia, infatti, sono sempre state considerat­e fuori bilancio. Nel nuovo regime saremmo di fronte ad una maggiore responsabi­lizzazione, ad esempio, delle piattaform­e decentrali­zzate di scambio. In tal senso non è un caso che Coinbase abbia indicato che i criptoasse­t dei clienti da lei detenuti potrebbero, in un ipotetico fallimento, essere coinvolti nella procedura concorsual­e.

Al di là del tema specifico è chiaro che, da un lato, simili passaggi costituisc­ono la giusta stretta a tutela dei risparmi degli utenti; ma, dall’altro, implicano degli impatti su di un mondo che per sua natura è riluttante a regole e leggi. Anche del fronte normativo bisogna tenere conto al fine di comprender­e quali potranno essere le prospettiv­e del criptomond­o,

L’IMPATTO

L’aggressivi­tà di molti protocolli di finanza decentrali­zzata ha avuto un effetto a catena su tutta la criptoecon­omia

I PALETTI DELLA SEC

Le public company potrebbero essere costrette a considerar­e in bilancio le risorse digitali dei clienti

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Fonte: Chainanaly­sis. com

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