Gli ucraini lasciano Severodonetsk
Il conflitto. L’intera regione di Luhansk è ormai in mano ai russi che hanno bombardato per settimane e distrutto le posizioni Con la strategia dei piccoli passi Mosca si avvicina a uno dei suoi obiettivi iniziali: il controllo completo del Donbass
Con l’eccezione della città di Lysychansk, ancora sotto assedio più a Sud, l’intera regione di Luhansk è ormai in mani russe: prima di farsi completamente circondare, le forze armate ucraine hanno ricevuto ieri l’ordine di ritirarsi da Severodonetsk, dopo settimane di intensi bombardamenti che hanno quasi interamente distrutto le infrastrutture e danneggiato quasi tutte le case della città, praticamente isolata dal resto del territorio controllato da Kiev. « Mantenere posizioni bombardate costantemente per mesi e fatte a pezzi non ha senso » , ha constatato in televisione Serhiy Haidai, governatore di Luhansk. Mosca, accusa il presidente Volodymyr Zelensky, « vuole distruggere a poco a poco l’intero Donbass » .
Come a Mariupol, buona parte dei civili rimasti a Severodonetsk aveva cercato riparo insieme ai difensori nella zona industriale, gli stabilimenti chimici Azot. Le truppe ucraine sono ancora in città, ha spiegato ieri il responsabile del distretto Roman Vlasenko, aggiungendo che per completare il ritiro ci vorrà qualche tempo. Secondo il governatore Haidai, per i russi ora sarà « molto difficile » conquistare Lysychansk, che si trova su una collina e può contare su diverse posizioni difensive.
« Ritirarci in qualche battaglia non significa affatto perdere la guerra – ha commentato il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, in un’intervista al Corriere della Sera -. Putin voleva occupare il Donbass entro il 9 maggio, siamo
‘ Nelle aree già prese la stabilità resta lontana A Kherson ucciso un funzionario nominato dai russi
al 24 giugno e ancora combattiamo » . Anche l’Istituto americano per lo studio della Guerra, ISW, non considera decisiva una vittoria russa a Severodonetsk, considerando il costo della battaglia sostenuto dai russi – in perdite di uomini, armamenti e attrezzature – e il prevedibile stallo delle operazioni nelle prossime settimane che potrebbe consentire agli ucraini qualche controffensiva. Gli Stati Uniti ieri hanno annunciato l’invio di ulteriori aiuti militari, per un valore di 450 milioni di dollari.
Ma anche per Kiev la battaglia di Severodonetsk ha avuto un costo umano altissimo, che Zelensky ha indicato in cento soldati uccisi ogni giorno. Ora la caduta della città avvicina comunque i russi a uno degli obiettivi principali di quella che continuano a chiamare “operazione militare speciale”: per otto anni, dal 2014 a oggi, il Donbass ucraino con le sue due province di Luhansk e Donetsk si era ritrovato spaccato in due, la parte controllata dai separatisti filorussi e quella difesa da Kiev. Tre giorni prima dell’invasione, nel febbraio scorso, Mosca aveva riconosciuto l’indipendenza delle due autoproclamate repubbliche. Per poi intervenire per « liberare » il resto del Donbass, accusando gli ucraini di attuare un « genocidio » contro i suoi abitanti.
Sul fronte Sud, dove una controffensiva ucraina sta cercando di riguadagnare parte del terreno tra Odessa e la Crimea perduto nella fase precedente dell’invasione, i russi mirano a consolidare l’occupazione militare installando amministrazioni sotto il proprio controllo. Che diventano obiettivo della resistenza: ieri a Kherson un funzionario nominato dai russi è stato ucciso nell’esplosione di un’auto.