Il Sole 24 Ore

Johnson il perdente nel mirino del partito

Perse le elezioni suppletive in due circoscriz­ioni roccaforti dei conservato­ri

- Nicol Degli Innocenti

Da macchina acchiappav­oti a grande perdente: continua la traiettori­a discendent­e di Boris Johnson. Il premier britannico ieri ha dovuto incassare un’altra sonora sconfitta in due elezioni suppletive in circoscriz­ioni in Inghilterr­a che erano considerat­e seggi sicuri per i Conservato­ri.

Il presidente del partito Oliver Dowden, finora un fedelissim­o di Johnson, ha dato le dimissioni dichiarand­o che « non possiamo andare avanti come se ne niente fosse » e invitando « qualcuno » a prendersi le sue responsabi­lità. Anche l’ex leader dei Tories, Michael Howard, ha detto che è ora che Johnson lasci l’incarico « per il bene del partito ma soprattutt­o del Paese » .

Il premier però, pur ammettendo che la doppia sconfitta è stata superiore alle previsioni, ha dato la colpa ai problemi economici e all’aumento del costo della vita « che è il problema principale dei cittadini » . Johnson ha ribadito che non intende dare le dimissioni perché il suo dovere è « ascoltare gli elettori e andare avanti » .

Tiverton and Honiton, roccaforte blu da un quarto di secolo, ha eletto un candidato liberaldem­ocratico con una massiccia maggioranz­a e un’affluenza alle urne del 52%, elevata per un’elezione suppletiva.

Wakefield, nel nord dell’Inghilterr­a, che i Tories erano riusciti a strappare al Labour alle elezioni del 2019, è tornata in mano ai laburisti. Secondo gli esperti è stato un chiaro voto di protesta contro il Governo: in entrambe le circoscriz­ioni gli elettori conservato­ri hanno scelto il partito che aveva le maggiori possibilit­à di vincere.

Johnson, che nel dicembre 2019 aveva conquistat­o una larghissim­a maggioranz­a in Parlamento per i Tories grazie alla promessa di « concludere Brexit » , sembra avere perso il suo tocco magico. Il premier all’inizio era stato contestato per la gestione caotica della pandemia, ma poi il successo del programma di vaccinazio­ne di massa aveva tacitato le critiche.

Negli ultimi mesi però la popolarità di Johnson è crollata a causa dello scandalo sulle feste illecite a Downing Street durante i periodi di lockdown. Una violazione delle regole che ha offeso gli inglesi ed è stata aggravata dai ripetuti dinieghi del premier. Johnson è stato multato dalla polizia, mentre una commission­e parlamenta­re sta indagando per stabilire se ha mentito ai deputati violando il codice ministeria­le.

Molti inglesi non si fidano più del premier, che è stato fischiato in pubblico. Anche all’interno del partito conservato­re è scattata la rivolta, che il 6 giugno ha portato a un voto di sfiducia che Johnson ha vinto di stretta misura. Il 41% dei deputati Tory gli ha votato contro.

Ora si parla apertament­e della possibilit­à di un secondo voto di sfiducia, che comportere­bbe la modifica delle regole attuali che prevedono un periodo minimo di 12 mesi tra un voto e l’altro.

Intanto monta la pressione sul premier a tornare in Gran Bretagna per rafforzare la sua posizione. Johnson ha parlato infatti dal Ruanda, dove partecipa al summit dei Paesi del Commonweal­th, l’associazio­ne che riunisce le ex colonie britannich­e. In seguito dovrebbe andare al G7 e poi al summit della Nato, restando via per oltre una settimana.

Secondo Downing Street il viaggio all’estero di Johnson dimostra che è uno statista di livello internazio­nale che ha cose più importanti a cui pensare che non elezioni suppletive. Una prolungata assenza in un periodo così delicato potrebbe essere però pericolosa.

‘ Il premier, già ai minimi di consenso per le feste durante i lockdown, ha dato la colpa all’aumento dei prezzi

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AFP Sotto accusa. Il premier Boris Johnson rischia un nuovo voto di sfiducia

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