Il crack Ambrosiano e la morte di Calvi, quarant’anni di mistero
Il suo nome esplode nei notiziari della sera. Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano, viene trovato impiccato sotto un ponte di Londra. Mani legate dietro la schiena, pietre nelle tasche della giacca. E’ il 18 giugno 1982, quaranta anni fa. L'estate della vittoria del Mundial, ma segnata anche dall'epilogo della vita di un potentissimo banchiere che per anni aveva diretto una rete immensa di relazioni e affari e del crack di una banca centrale nel sistema. Sono passati 40 anni ma la cortina di nebbia che ha sempre avvolto la vicenda, intrecciata da trame vaticane e massoneria deviata, non si è del tutto diradata. Calvi muore appeso ad un traliccio per lavori attaccato alla banchina sotto il Blackfriars Bridge, in tasca trovano 7.500 sterline e un passaporto intestato a Gian Lorenzo Calvini. Da quel momento inizia una nuova storia, la liquidazione della banca, la resa dei conti su vicende innescate da tempo, la chiamata alle responsabilità del Vaticano, la chiusura di una fase politica innescata giusto un anno prima con lo scoppio dello scandalo P2. Dell'epoca più che immagini restano documenti e testimonianze, come quella del ministro del Tesoro, Beniamino Andreatta, che con coraggio mise il Vaticano – che aveva agito con lo Ior dentro le trame di Calvi – davanti alle sue responsabilità. Sono anni duri per l'Italia, che fatica a uscire dal decennio buio dei ' 70, con le stragi che proseguono senza colpevoli. Calvi da tempo è in difficoltà, con gli ispettori Bankitalia che iniziano a indagare sugli intrecci con lo Ior e le fiduciarie messe in piedi con l'assenso dell'arcivescovo Paul Marcinkus nei paradisi fiscali, tanto che poi con il 16% delle quote la stessa banca vaticana divenne il principale azionista dell'Ambrosiano, e Calvi venne ribattezzato “il banchiere di Dio” ( non sarà l’unico) . Il governatore della Banca d'Italia Paolo Baffi e il vice direttore generale Mario Sarcinelli, che avevano ordinato l'ispezione all’Ambrosiano, furono indagati e Sarcinelli venne anche arrestato, con l’accusa strumentale di interesse privato in atti d'ufficio e favoreggiamento personale. Una polpetta avvelenata politica che Mario Draghi anni dopo definirà « un attacco intimidatorio all'autonomia della Banca Italia » . A inizio anni ‘ 80 l'Ambrosiano affronta una crisi di liquidità, riceve finanziamenti dall'Eni, nel 1981 compra il 40% della Rizzoli- Corriere poco prima dello scoppio della P2, e poi a ruota Calvi venne arrestato nel 1981 per esportazione illecita di capitali. Condannato a quattro anni, ottenne la libertà provvisoria, si rimette in pista e per cercare di salvare il Banco chiede aiuto allo Ior, che però non intervenne, e lui allora scrive una lettera a Giovanni Paolo II in cerca di aiuto. Le cose vanno sempre peggio. Il debito delle società off shore controllate dallo Ior nei confronti dell'Ambrosiano arriva di 1,2 miliardi di dollari. Entra in scena Flavio Carboni, e poi Pippo Calò e esponenti della Banda della Magliana, i soldi arrivano ma tutto crolla. La guida della banca venne assunta dal vice presidente Roberto Rosone, che subito blocca il credito di Carboni. Il 27 aprile 1982 Rosone scampa a un attentato, dove una guardia giurata uccide un attentatore, nientemeno che Danilo Abbruciati, boss della banda della Magliana. Gli ultimi giorni vedono Calvi abbandonare l'Italia, va in Jugoslavia, poi in Austria e Svizzera, e infine a Londra. Muore il 18, ma il giorno prima dal quarto piano della sede del Banco Ambrosiano, si uccide la sua segretaria, Graziella Corrocher. L’inchiesta inglese è una farsa, prima sancisce il suicidio, poi sia suicidio che omicidio, e lo stesso più o meno in Italia. Anni dopo spuntano testimonianze mafiose, la salma viene riesumata, si aprono e si chiudono ( senza esito) inchieste, l'ultima nel 2017. Cifre enormi per l'epoca – il buco arriva a 1,4 miliardi di dollari - che rimbombano per le implicazioni che lo scandalo evidenzia, soprattutto per le connessioni con la Santa Sede. Soldi che erano frutto di un frullatore di finanziamenti emessi dal Banco verso società off- shore, molte delle quali controllate dal Vaticano, che a loro volta, riutilizzavano le somme di denaro per erogare altri finanziamenti o per acquistare le azioni dello stesso Ambrosiano. Il Banco ad agosto 1982 viene messo in liquidazione con garanzia per i depositanti e contestualmente nasce il Nuovo Banco Ambrosiano, affidato a Giovanni Bazoli. Ma lo snodo chiave è il 2 luglio quando il ministro Andreatta parla alla Camera, in una seduta drammatica di interrogazioni, e va dritto al punto: « Questa mattina i commissari incontreranno i responsabili dell’Istituto per le opere di religione; il Governo si attende che vi sia una chiara assunzione di responsabilità da parte dello Ior che in alcune operazioni con l’Ambrosiano appare assumere la veste di socio di fatto » . Ma lo Ior non riconosce mai il proprio ruolo, protetto dallo status di istituto estero. Due anni dopo il cardinale Casaroli e il suo vice Silvestrini, convincono Giovanni Paolo II a venire a patti con lo Stato italiano malgrado il parere contrario di una parte della Curia ( Marcinkus, Castillo Lara).
Dopo una lunga trattativa in una villa a Ginevra lo Ior sborsa allo Stato 250 milioni di dollari, non come risarcimento – viene messo agli atti – ma come « contributo volontario » . Grazie alla perseveranza di Andreatta, certamente, che paga dentro la Dc la sua fermezza verso Oltretevere, a conferma che la difesa della laicità dello Stato nella storia d'Italia è stata ed è anche un patrimonio dei migliori cattolici.
IL 18 GIUGNO 1982 IL BANCHIERE VENNE TROVATO MORTO A LONDRA IL RUOLO DELLO IOR E LE DENUNCE DI ANDREATTA