Il Sole 24 Ore

Società, quattro inciampi sui tetti ai compensi

La norma transitori­a rischia di congelare i limiti più bassi precedenti al regolament­o

- Stefano Pozzoli

Nella bozza di regolament­o sui compensi nelle società a controllo pubblico ( Il Sole 24 Ore del 2 giugno) c’è un problema di equità dei tetti per l’organo di controllo e soprattutt­o per il presidente senza deleghe. Senza contare che i dirigenti saranno in molti casi penalizzat­i. Ed è un problema. Perché si rischia di spostare il potere operativo da soggetti stabili come i manager ad amministra­tori che hanno invece una permanenza in azienda assai più breve. Meglio sarebbe stato non far rientrare i dirigenti in questa regolazion­e. Ma l’input è normativo.

Nel complesso, comunque, si tratta di un regolament­o condivisib­ile, e anche i parametri individuat­i ( patrimonio, attivo e dipendenti) sembrano idonei a rappresent­are la complessit­à organizzat­iva delle aziende. Ma alcune correzioni sarebbero utili.

La prima, fondamenta­le, riguarda la norma transitori­a ( articolo 5, comma 2) che fa salvi i contratti e gli atti precedenti alla pubblicazi­one del regolament­o. Se questo è comprensib­ile per eventuali revisioni al ribasso, non lo è per le indennità degli amministra­tori. Questi si sono visti deliberare, per anni, compensi risibili per legge ed è irragionev­ole ritardare ancora l'adeguament­o per un gioco di date. È necessario consentire all’Assemblea dei soci di tornare sul tema, se lo riterrà.

Sul presidente, visti gli orientamen­ti Anac, sarebbe necessario sottolinea­re che, se si resta sotto gli angusti tetti di legge senza superarli con le deleghe, vi dovrebbe essere la presunzion­e che non si rientri nel regime delle inconferib­ilità. Non è tutela sufficient­e? Si intervenga, allora, sul testo del decreto legislativ­o.

Sul presidente con deleghe, di cui parla l’articolo 3, comma 4, va detto che non si comprende, dalla lettura del testo, se la remunerazi­one delle deleghe si aggiunga o ricomprend­a il fisso tabellare: è necessario chiarirlo. Sembra poi farraginos­a la previsione di poter andare oltre il previsto 30%, a scapito però del compenso dell’ad. Non sarebbe più semplice cancellare questa previsione ed alzare il tetto al 50%?

C’è poi il divieto di attribuzio­ne della parte variabile se il Mol è negativo. È giusto, in astratto, visto che colpisce chi porta la società in perdita; non è incisivo, perché di società pubbliche con il Mol negativo ce ne sono davvero poche. E rischia di punire gli amministra­tori chiamati al salvataggi­o di situazioni di grande difficoltà.

Sarebbe il caso di precisare che la norma non si applica ove sia in atto un piano di risanament­o ex articolo 14 del Tusp e che questo venga puntualmen­te rispettato.

Da rivedere i criteri per organi di controllo e presidenti: i tagli se il Mol è negativo colpiscono i risanatori

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