Il Sole 24 Ore

Gli Stati Uniti premono per l’embargo all’oro russo

Accordo al G7 se ci sarà l’ok della Ue, ma la misura rischia di essere simbolica

- Sissi Bellomo

L’oro russo è entrato nel mirino degli Stati Uniti, che puntano ad ottenere dal G7 un divieto assoluto di importazio­ne. L’annuncio di un embargo coordinato da parte delle potenze mondiali potrebbe arrivare nella giornata di oggi, alla conclusion­e del vertice delle potenze mondiali in corso sulle Alpi bavaresi, secondo quanto anticipato domenica dal presidente Joe Biden. Ma l’inquilino della Casa Bianca forse ha parlato troppo presto, oltre che con eccessivo ottimismo.

Se la Gran Bretagna ha subito aderito con entusiasmo, seguita da Canada e Giappone, ai membri europei del G7 – Italia, Francia e Germania – potrebbe servire più tempo per discutere con i partner della Ue, come ha suggerito il cancellier­e tedesco Olaf Scholz intervista­to dalla tv pubblica Zdf. Anche il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha gettato acqua sul fuoco: « Siamo pronti a sviscerare i dettagli – ha detto – per vedere se è possibile prendere di mira l’oro in modo da colpire l’economia russa e non colpire noi stessi » .

Un embargo all’oro russo – anche se appoggiato dall’intero G7 e dalla Ue – rischia comunque di non avere l’impatto auspicato da Bi

‘ Con le sette potenze scambi già bloccati dalle sanzioni, anche se resta qualche maglia aperta

den, che in un tweet ha prefigurat­o un danno di « decine di miliardi di dollari » per le finanze di Mosca.

La Russia, gigante delle materie prime, è anche una potenza aurifera: il secondo produttore minerario alle spalle della Cina, con 334 tonnellate estratte nel 2021, il 10% dell’offerta globale. L’export di oro le ha fruttato 19 miliardi di dollari l’anno scorso, secondo il segretario di Stato Usa Antony Blinken, qualifican­dosi come la seconda voce di entrate dopo l’energia. Ma è anche vero che le sanzioni in vigore hanno già prosciugat­o le vendite di Mosca nei Paesi del G7, dunque un embargo avrebbe un valore « largamente simbolico » , come suggerisce Warren Patterson, head of commoditie­s strategy di ING.

Resta qualche maglia aperta nel sistema, come dimostra il caso scoppiato in Svizzera, importante hub dei metalli preziosi, che non fa parte del G7: le autorità stanno indagando su 3,1 tonnellate di lingotti di fabbricazi­one russa entrati a maggio nella confederaz­ione, di cui nessuno ammette di aver preso consegna. C’ è anche il rischio di triangolaz­ioni: i sospetti si appuntano su Dubai, che ha aumentato l’export di oro da quando è scoppiata la guerra in Ucraina. Inoltre, possono ancora circolare liberament­e i lingotti russi fabbricati prima del 7 marzo 2022.

Infine c’è il mercato asiatico. « Cina e India, i due Paesi con la maggiore domanda di oro, non sono membri del G7 » , ricorda Alexander Zumpfe, senior trader di Heraeus Metals Germany GmbH & Co. « Questa domanda potrà continuare ad essere soddisfatt­a con metallo russo, per cui è improbabil­e che si creino carenze » . Anche il mercato non ha avuto reazioni forti all’annuncio di Biden: il prezzo dell’oro, dopo un iniziale rialzo dello 0,8% ( a 1.835,70 $/ oncia) ha concluso la giornata poco variato, intorno a 1.825 dollari.

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