Stop gas russo: ritorna il carbone
Transizione rimandata. Per raggiungere gli obiettivi climatici l’Ue puntava a uscire da una delle fonti energetiche più inquinanti per il 2030- 2038 ma la crisi innescata dalla guerra ucraina costringe molti Paesi a rivedere le strategie e a riaccendere le centrali
Il mondo utilizzerà circa sette miliardi di tonnellate di carbone all’anno fino al 2040. E l'Europa farà la sua parte. Il settore del carbone rappresenta un quinto della produzione totale di elettricità nell’UE e dà lavoro a 230.000 persone nelle miniere e nelle centrali elettriche situate in trentuno regioni e undici Stati membri. In tutta Europa le regioni con miniere di carbone sono 50 in 17 Paesi, di cui solo cinque producono lignite. Germania e Olanda sono i due Paesi che producono più carbone, seguiti da Turchia, Serbia, Repubblica ceca e Ucraina. Negli ultimi cinque anni la quantità di carbone estratta dalle miniere europee, che nel 2020 è stata pari a 480 milioni di tonnellate, è diminuita di un terzo, e in media - 3% nell'ultimo decennio. L'obiettivo comune, prima della crisi del gas russo, era quello di conquistare l'uscita dal carbone per il 2030- 2038.
Gli Stati membri della UE che dipendono fortemente dal carbone, come la Polonia, la Repubblica Ceca, la Bulgaria, la Germania e la Grecia, hanno presentato alla Commissione europea le bozze dei piani nazionali per l’energia e il clima contenenti le ipotesi sui futuri mix energetici. Dopo la cessazione dell’estrazione sovvenzionata di carbone fossile in Germania e Spagna alla fine del 2018, come richiesto dalla legislazione dell’UE, un numero crescente di Paesi si stava preparando ad abbandonare l’uso del carbone e della lignite. Nel 2017 la Commissione europea ha lanciato la “Piattaforma per le regioni carbonifere in transizione”, per sostenere le regioni che producono carbone durante la transizione verde, e prepararle ai grandi cambiamenti in arrivo. Sebbene il passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio ha molte opportunità, gli impatti economici e sociali nelle zone ad alta densità di produzione e di utilizzo di carbone andranno gestiti. Questa trasformazione non ha precedenti: ma la crisi del gas russo costringe tutti a rivedere i piani e le strategie energetiche. La Grecia per esempio ha posticipato di cinque anni al 2028 la fine del carbone e a breve potrebbe decidere di riaprire alcune centrali elettriche alimentate a lignite. La Grecia importava dalla Russia fino al 45% del suo fabbisogno di gas, prima della guerra in Ucraina e dell'invasione della Russia: questa quota è scesa al 33%.
Secondo l'associazione ambientalista “Europe Beyond Coal”, 171 centrali elettriche a carbone sono state chiuse dal 2016 e 156 dovranno chiudere per l'uscita dal carbon fossile. Una centrale elettrica a carbone consuma acqua in meno di quattro minuti tanto quanto una piscina olimpionica.