Ecuador nel caos: migliaia in piazza contro il caro benzina
Del presidente conservatore Guillermo Lasso Le proteste paralizzano il Paese e minacciano la produzione di petrolio
Chiesto l’impeachment
Due settimane di proteste violente, con almeno sette morti e decine di feriti, un Paese semi paralizzato e il suo presidente assediato da una richiesta di impeachment, dopo appena un anno di mandato: l’Ecuador è in crisi, anche la sua produzione di petrolio è a rischio.
Ieri il Parlamento ha rinviato, dopo due notti di dibattito, il voto sulla destituzione di Guillermo Lasso. Per calmare le contestazioni, scatenate dal balzo dei prezzi dei carburanti e dell’inflazione, il presidente ha disposto il taglio di 10 centesimi del costo di gasolio e benzina ( al gallone). Troppo poco, denunciano gli oppositori. In meno di un anno, il diesel è salito del 90% e la benzina del 46%.
In precedenza, Lasso aveva annunciato sussidi per i fertilizzanti, moratoria dei debiti verso le banche ( con tetto a 3mila dollari) e stanziamenti per scuola e sanità.
La mozione di impeachment è stata presentata dal movimento di sinistra Unes, vicino all’ex capo di Stato Rafael Correa. Per passare serve il sostegno di 92 parlamentari sui 137 dell’Assemblea nazionale. Unes ne controlla 47 ed è la forza di maggioranza relativa in un Parlamento piuttosto frammentato. Se Lasso venisse messo sotto accusa, come la Costituzione prevede possa accadere in situazioni di grave crisi politica o disordini di massa, si andrebbe di nuovo al voto e nel frattempo sarebbe sostituito dal vicepresidente Alfredo Borrero.
In piazza, la protesta iniziata il 13 giugno coinvolge migliaia di persone ed è guidata dalla Confederazione delle nazionalità indigene ( Conaie), che punta a ottenere una moratoria sui nuovi progetti per l’estrazione di petrolio e minerali, lo stop alle privatizzazioni, prezzi calmierati sui prodotti agricoli e un budget più ricco per la scuola, oltre a più forti riduzioni dei prezzi dei carburanti. Conaie e i gruppi alleati hanno subito bocciato le concessioni appena fatte da Lasso: il provvedimento non mostra alcuna « compassione per la situazione di povertà delle famiglie ecuadoriane » , si legge in una nota.
La capitale Quito è in gran parte paralizzata e il suo accesso interdetto da numerosi posti di blocco. I cortei hanno tentato due volte, giovedì e venerdì, di entrare nel palazzo dell’Assemblea nazionale, ma sono stati respinti dalla polizia.
Domenica, il ministero dell’Energia ha fatto sapere che la produzione di petrolio potrebbe essere sospesa a breve, per « atti di vandalismo, occupazione dei pozzi e chiusura di strade » , che non consentono i rifornimenti « necessari per continuare le operazioni » . Il Paese, che non fa più parte dell’Opec dal 2020, prima delle proteste estraeva circa 520mila barili al giorno, ora più che dimezzati.
Si ripete lo scenario visto tre anni fa, quando i gruppi indigeni paralizzarono il Paese, nelle manifestazioni contro l’allora presidente Lenin Moreno. « Gli ecuadoriani che cercano il dialogo troveranno un Governo con la mano tesa. Chi cerca il caos, la violenza e il terrorismo troverà tutta la forza della legge » , ha assicurato Lasso. L’ex banchiere, esponente del centro- destra e neoliberista, accusa Unes di cavalcare la protesta per rimuoverlo.
Per risollevarsi dalla pandemia, l’Ecuador ha concordato un programma di assistenza con l’Fmi, che si prepara a versargli un miliardo di dollari. Le obbligazioni in dollari emesse dallo Stato hanno perso il 16% solo questo mese e lo spread sui titoli del Tesoro Usa supera il 10%, secondo dati JPMorgan Chase.