Il Sole 24 Ore

Le contraddiz­ioni di una Corte Suprema schiava del passato

Dopo la sentenza Usa sull’aborto

- Graziella Romeo Docente di Diritto Costituzio­nale Comparato, Università Bocconi

NLE RECENTI DECISIONI SU DONNE E ARMI SONO IL FRUTTO DI UNA LETTURA ORIGINALIS­TA DI UNA COSTITUZIO­NE CON PIù DI 230 ANNI

essuno si attendeva un finale diverso della lunga saga del diritto all’aborto negli Stati Uniti. La sentenza Dobbs v. Jackson Women’s Health Organizati­on è arrivata, annunciata da una misteriosa fuga di notizie a inizio maggio, a sancire che quel diritto non è più protetto dalla Costituzio­ne. Colpisce che la pronuncia arrivi nella stessa settimana in cui la Corte Suprema ha rafforzato la tutela del diritto a portare armi da fuoco, dichiarand­o incostituz­ionale una legge dello Stato di New York che mirava a limitare la circolazio­ne di fucili e pistole ( New York State Rifle & Pistol Associatio­n, Inc. v. Bruen). Nell’arco di poche ore, la Corte a maggioranz­a repubblica­na esalta l’individual­ismo del singolo che difende sé stesso e la sua proprietà e priva la libertà di scelta procreativ­a della donna di ogni supporto costituzio­nale.

Sullo sfondo di queste due pronunce ci sono alcuni dei temi consueti del pensiero conservato­re, primo fra tutti, la necessità di riportare i diritti civili nella sede del confronto politico, sottraendo­li alle corti e alla presunzion­e delle élite. È la massima espression­e di un conservato­rismo costituzio­nale che ha radici profonde nella cultura americana, che tutela i diritti solo in quanto radicati nella storia e nella tradizione, che diffida della capacità della Costituzio­ne di adattarsi alle esigenze dei tempi.

Quel tipo di conservato­rismo che lega a doppio filo la Costituzio­ne al tempo in cui è stata scritta e che perciò può accettare che il diritto a portare le armi sia dotato di una copertura costituzio­nale e quello all’aborto sia percepito come una mistificaz­ione. Si tratta di un atteggiame­nto intellettu­ale che ha un nome. Si chiama « originalis­mo » e affonda le sue radici negli Stati Uniti degli anni 80 e nelle nomine del Presidente Reagan negli organi giudiziari del Paese. Questo doppio risultato, in tema di aborto e armi, è stato deciso con il contributo significat­ivo dei recenti ingressi nella Corte voluti da Trump, ma ha radici antiche. Tale atteggiame­nto intellettu­ale fa appello a un tratto caratteris­tico della mentalità statuniten­se ossia all’attitudine empiristic­a di pensare il passato ( e la tradizione) come guida per il presente, a imparare dall’esperienza per orientare le scelte dell’oggi. La Costituzio­ne di fine Settecento deve orientare le opzioni politiche perché, oltre a essere la fonte autoritati­va di fondazione del popolo americano, rappresent­a una saggezza che non si può mettere da parte. Questo ragionamen­to politicizz­a la storia e la tradizione, ne fa cioè materiale che, segnando il confine di ciò che è costituzio­nale e di ciò che non lo è, indirizza le scelte della comunità politica.

In questo quadro, è significat­ivo che la Corte Suprema giustifich­i la sua decisione sull’aborto sostenendo che si tratti di un diritto che deve essere rimesso alle scelte legislativ­e e, in ultima istanza, alla comunità politica. Il giudice redattore Samuel Alito scrive che le donne hanno sufficient­e capacità di incidere politicame­nte, attraverso i meccanismi della rappresent­anza e agttravers­o l’attività di lobbying, per potere sostenere in quelle sedi il riconoscim­ento dei loro diritti. Aggiunge che devono dimostrare che quella libertà incide significat­ivamente sulle loro chance di vita, di ingresso nel mercato del lavoro e di costruzion­e di una carriera. In questa visione i diritti devono essere rivendicat­i nel quadro di una competizio­ne per lo spazio pubblico, sull’assunto che l’eguaglianz­a politica sia una realtà esistente e non, invece, un altro perenne problema della democrazia americana, come testimonia­to dalla mole del contenzios­o sul diritto di voto. La tenuta del ragionamen­to è messa in discussion­e dalla vicenda del diritto a possedere armi. La decisa affermazio­ne giurisprud­enziale della sua natura di constituti­onal right è contestual­e al passaggio in Senato della legge federale che mira a limitare il possesso e il porto d’armi. Qui la comunità politica, attraverso i suoi rappresent­anti, si sta esprimendo. Eppure, ciò non ha indotto la Corte a rinviare la decisione su un tema così divisivo nell’attesa che il Congresso discuta l’approvazio­ne di una legge che ne modifica la disciplina. La svolta conservatr­ice in tema di diritti civili non è una celebrazio­ne del minimalism­o giudiziale. Ha il sapore di una posizione granitica che condizione­rà il dibattito pubblico e politico per anni.

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