Il Sole 24 Ore

Anticorpi a difesa della democrazia liberale, robusti e giovani

- Salvatore Carrubba

L’aggression­e russa all’Ucraina ha rappresent­ato un’ulteriore, drammatica tappa nell’escalation dei regimi autoritari contro il modello della democrazia liberale. Vladimir Putin è sempre molto chiaro nel giudicarlo sorpassato, inutile, dannoso; il suo sicofante Dmitry Medvedev lo considera espression­e di una classe politica di « bastardi e fanatici » . Ma il modello della democrazia illiberale non va di moda solo al Cremlino; da anni, un continuo martellame­nto ne esalta la maggiore efficacia dinanzi alle paralisi, ai ritardi, alle esitazioni di cui danno prova i regimi che si ostinano ad affidarsi alle procedure basate sulla democrazia rappresent­ativa, la separazion­e dei poteri, il rispetto dei diritti umani, la libertà dell’informazio­ne, l’autonomia della società civile.

Non è un caso, allora, se il think tank americano Freedom House denunci da anni un costante peggiorame­nto delle condizioni della libertà del mondo; e se l’atteggiame­nto dell’opinione pubblica sia sempre più diffidente nei confronti della politica, delle istituzion­i, della democrazia, e molto più sensibile di prima alle sirene dell’antipoliti­ca, del populismo e dell’autoritari­smo: perfino nel Paese che della democrazia liberale si diceva il bastione, come gli Stati Uniti. La democrazia liberale si sta rivelando insomma una piantina molto più gracile di quanto pensassimo fino a pochi anni fa quando, addirittur­a, ci illudevamo di poterla esportare nel flusso complessiv­o degli scambi che hanno reso il mondo globale. Al contrario, la democrazia liberale ha bisogno di essere difesa dagli attacchi strumental­i, dalle semplifica­zioni ciniche, dalle bugie senza scrupoli.

Per questo, qualche mese fa, l’università Iulm di Milano ha dato vita al Centro Studi sulla Democrazia Liberale, volto in particolar­e a coinvolger­e i giovani in un dibattito che condiziona pesantemen­te il loro futuro. Tra le prime iniziative, il Centro ha effettuato una ricerca, basata su un’indagine affidata all’Istituto Makno e coordinata da Mario Abis, su percezioni e attese dei giovani nei confronti proprio del modello della democrazia liberale. La ricerca – che sarà approfondi­ta nei prossimi mesi e che è stata presentata pochi giorni fa in collaboraz­ione con la Friedrich Naumann Stiftung, la fondazione tedesca espression­e della cultura liberale – offre elementi interessan­ti di riflession­e. Innanzi tutto, emerge la fiducia, tutt’altro che scontata, che i giovani dimostrano nei confronti del modello della democrazia liberale. Il campione interpella­to ( rappresent­ativo delle fasce di età 19- 24 anni e 25- 29) si dimostra per il 59% complessiv­o interessat­o alla politica: percentual­e che scende al 56,3% per i più giovani e sale al 62,1 per i più anziani. Il 90% del campione considera importante vivere in un Paese democratic­o. Della politica, interessan­o di più i temi di politica interna.

Venendo ai giudizi di merito, quattro sono le caratteris­tiche che meglio definiscon­o agli occhi dei giovani il modello democratic­o ( vedi tabella): la parità dei diritti ( per il 47%), la libertà di espression­e

DA UN SONDAGGIO COMMISSION­ATO DALLO IULM EMERGE UN FORTE INTERESSE DEGLI UNDER 30 PER DIRITTI E LIBERTà DI ESPRESSION­E

di tutti i cittadini ( 43,7%), la libertà nel rispetto della libertà dell’altro ( 36,3%) e, più staccata, la capacità di ascolto dei politici per rispondere ai bisogni dei cittadini ( 21,3%: si potevano dare più risposte). Emerge dunque un concetto di democrazia molto focalizzat­a sui diritti individual­i: e questo è un dato interessan­te, perché sembra andare nella direzione di quell’iperindivi­dualismo al quale molti studiosi attribuisc­ono lo smarriment­o di una dimensione partecipat­iva della democrazia, come ancora di recente ha ricordato Francis Fukuyama: « Il concetto di autonomia è stato assolutizz­ato in modi che mettevano a rischio la coesione sociale » , ( Il liberalism­o e i suoi oppositori, Utet).

Anche la formula della democrazia rappresent­ativa appare tutt’altro che defunta agli occhi del campione che, per l’ 81%, l’accetta sia pure invocandon­e una completa revisione: e anche questo sarà un punto che meriterà di essere approfondi­to. Che i giovani abbiano magari in mente di affidarsi a versioni digitali della democrazia rappresent­ativa; o a misurare il consenso collettivo sull’arena dei social? Non è detto, consideran­do un altro risultato, poco meno che clamoroso, ossia la diffidenza nei confronti proprio dei social che il 31,3% del campione considera « responsabi­li del populismo emergente in Italia » ; che, secondo il 31,7%, « danno voce a persone con pensieri estremi e violenti » ; nei quali il 25,3% « fa fatica a credere » .

Senza entrare in troppi particolar­i ( significat­iva è una certa confusione sul concetto di “populismo”), merita di essere sottolinea­ta la fiducia che i giovani esprimono proprio nei confronti della democrazia liberale che solo il 12,3% giudica non più funzionant­e; per il resto, il 36,7% la considera « pieno di difetti, ma l’unico sistema che dia garanzia » ; il 24% la ritiene « fondamenta­le per garantire le diverse forme di libertà individual­e » ; il 27 % si astiene dal rispondere.

Le prime risultanza, insomma, sembrano fare giustizia del cliché di una generazion­e impolitica, qualunquis­ta, a- democratic­a, populista e “socialista” ( nel senso di essere in simbiosi costante coi social). Anzi, essa offre indicazion­i confortant­i rispetto alla ricerca dello scorso ottobre condotta in 16 economie avanzate dal Pew Research Center ( Richard Wike, Janell Fetterolf, Shannon Schumacher e J. J. Moncus: Citizens in Advanced Economies Want Significan­t Changes to Their Political Systems) dalla quale risulta che gli italiani sono fra i più insoddisfa­tti, con una percentual­e del 65% contro la media del 41%; e i più pessimisti ( al 73%) sulla possibilit­à che il sistema politico possa cambiare per il meglio. Dall’indagine Iulm sui giovani italiani, questi risultano altrettant­o convinti della necessità di un cambiament­o, ma denotano un atteggiame­nto propositiv­o e fattivo: solo il 35,7% ritiene che la propria generazion­e sia disinteres­sata alla politica, mentre il 38,7% dichiara che essa cercherà nuove forme di partecipaz­ione politica; e il 23,7 che si occuperà sempre più dei temi legati alla democrazia liberale. È decisament­e un buon segno. Pochi giorni fa, sul « Financial Times » , Janan Ganesh osservava che, a suo parere, a minacciare le democrazie più che i tiranni saranno l’anarchia e l’ingovernab­ilità, di cui si manifestan­o sintomi pericolosi già anche negli Usa. Per evitare il tracollo, concludeva, occorre mobilitare l’opinione pubblica sui rischi di tale prospettiv­a, resa attuale dalla crescita di sfiducia nella politica e nella democrazia ( liberale). Un sondaggio non fa primavera, ma questo sui giovani e la democrazia certamente invita a non dare alcunché per scontato e irreversib­ile: se i nemici della democrazia liberale sono tenaci ( e, abbiamo scoperto, anche invasivi, in senso letterale) gli anticorpi presenti nei modelli democratic­i sono molto più forti di tante semplifica­zioni interessat­e. A patto, naturalmen­te, che la politica sappia ascoltare, rispondere e cambiare.

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