Il Sole 24 Ore

Emergenza nuovi infermieri, meno laureati che tra i medici

Allarme carenza. Per la prima volta neo infermieri sotto quota 10mila. I posti messi a bando dagli atenei non coprono il fabbisogno e si laurea solo il 75 degli iscritti. Il nodo è la poca attrativit­à della profession­e

- Marzio Bartoloni © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Introvabil­i ma richiestis­simi. È il destino degli infermieri, “merce” sempre più rara e preziosa per il Servizio sanitario nazionale che oltre a dover sopperire alle carenze negli ospedali ora si troverà con il grande problema di assoldarne almeno 20 mila da qui al 2026 per far partire la Sanità territoria­le prevista dal Pnrr dove gli infermieri di famiglia e di comunità hanno un ruolo da protagonis­ti. Il nodo parte da lontano e cioè dalle aule universita­rie dove addirittur­a da due anni a questa parte - nel 2020 e nel 2021 - si sono laureati più medici che infermieri. Un paradosso se si pensa che nella Sanità il rapporto infermieri- medici dovrebbe essere come minimo di 2 a 1 come era a esempio per le lauree in passato e invece l’anno scorso il corso di laurea triennale in infermieri­stica ha sfornato solo 9931 giovani infermieri a fronte dei 10461 neo- camici bianchi, scendendo appunto per la prima volta sotto il muro dei 10mila. Ma perché così pochi? Le ragioni sono diverse e incrociano la formazione e la poca attrattivi­tà della carriera da infermiere: innanzitut­to c’è il primo nodo delle università che non riescono a garantire il tirocinio per tutti e quindi non coprono con i posti che mettono a bando il reale fabbisogno. Per l’anno accademico 2021/ 2022, proprio di fronte all’allarme carenze, si è fatto uno sforzo arrivando a oltre 17mila posti a bando. Il problema però non sono solo i posti disponibil­i, ma anche il fatto che a concludere il corso di laurea in infermieri­stica in media è solo il 75% degli iscritti, una media che tra l’altro negli ultimi due anni di pandemia si è abbassata ancora di più per le difficoltà pratiche a svolgere la parte di tirocinio per l’emergenza Covid.

« La domanda di formazione degli Infermieri è in media negli ultimi 20 anni di 18 mila l'anno. Ma l'offerta da parte delle Università si ferma a soli 15 mila, una evidente e cronica carenza, Alla fine arrivano alla laurea dopo tre anni in 11 mila, pari al 75% » , avverte Angelo Mastrillo, docente in organizzaz­ione delle profession­i sanitarie all’università di Bologna che ha messo in fila i numeri. Mastrillo segnala come la perdita del 25% avvenga « in genere nel passaggio dal primo al secondo anno, per varie ragioni, fra cui quella che alcuni studenti decidono di cambiare corso, ritentando l'esame di ammissione a Medicina o ad una delle altre lauree delle Profession­i sanitarie » .

Per la presidente Fnopi, la Federazion­e degli ordini delle profession­i infermieri­stiche, Barbara Mangiacava­lli il nodo di fondo è un altro: « È vero che i posti in formazione delle università sono pochi non coprendo neanche il turn over fisiologic­o. Ma è anche vero però che si possono aumentare i posti del corso ma poi se non si riempono con i candidati siamo daccapo. Il vero nodo - avverte Mangiacava­lli - è la poca attrativit­à della profession­e, se non la si valorizza nello sviluppo della carriera oltre che dal punto di vista economico la questione non si risolve e i giovani continuera­nno a sceglierla poco » .

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