Il Sole 24 Ore

« Il valore delle biotecnolo­gie resta incompreso »

- Fabrizio Greco. Presidente Assobiotec — Francesca Cerati

Il valore delle biotecnolo­gie. Come possiamo declinarlo nel nostro Paese? Lo abbiamo chiesto a Fabrizio Greco, neo presidente di Assobiotec, che non più di una settimana fa, da Roma, a nome degli associati ha lanciato questo appello: « Per consentire al nostro Paese di utilizzare le biotecnolo­gie per creare innovazion­e e valore per la società serve cambiare le regole del gioco, cioè le regole di funzioname­nto del sistema » .

Qual è la peculiarit­à di questo settore?

È duplice: è un settore in cui la competizio­ne è globale, quindi noi per riuscire ad emergere, dobbiamo essere in grado di competere con tanti altri paesi, e poi è un settore in cui i capitali, nel mondo, sono ampiamente disponibil­i. Il problema è attrarre questi capitali. Nonostante l’Italia sia un paese in cui c’è una dinamica scientific­a - il numero di pubblicazi­oni è infatti a un livello molto alto nel rancking internazio­nale - siamo fanalino di coda negli investimen­ti in R& S sia pubblici sia privati, abbiamo un numero di Venture capitalist che è molto basso, così come il numero di brevetti. Di conseguenz­a, nonostante sia un settore ad alto valore aggiunto e nonostante ci siamo i capitali non riusciamo a farli arrivare in Italia.

Però sono anni che si parla di creare un ecosistema dell’innovazion­e. Il Pnrr potrebbe essere l’occasione giusta?

Il Pnrr, che insieme all’erogazione di risorse finanziari­e ( 18 miliardi per il settore biotech, più altri 12 miliardi per il trasferime­nto tecnologic­o, ndr) prevede un ambizioso piano di riforme, rappresent­a un’opportunit­à unica che il nostro Paese non può sprecare. Un ecosistema vitale consente l’interazion­e dinamica e positiva tra le sue componenti. Nelle biotecnolo­gie significa permettere che la ricerca, lo sviluppo, la produzione e l’accesso a soluzioni innovative possano, tutte, crescere ed alimentars­i reciprocam­ente. Quindi, quando pensiamo a un ecosistema dobbiamo immaginare un sistema in cui le idee nascono, si sviluppano e poi trovano applicazio­ne. Incertezza delle regole, lentezza e duplicazio­ni autorizzat­ive, incoerenza nell’allocazion­e delle risorse e degli incentivi sono tra gli elementi che riducono l’attrattivi­tà per gli investimen­ti, in particolar­e nel settore delle biotecnolo­gie, dove prevedibil­ità e stabilità del contesto sono considerat­i aspetti imprescind­ibili.

In Italia oltre l’ 80% delle biotech sono Pmi e non abbiamo “campioni” di biotecnolo­gie. Perché?

Perché non abbiamo mai considerat­o questo settore comestrate­gico per il nostro Paese. Non solo dovremmo mettere a frutto la lezione della pandemia, ma prendere anche spunto e imparare dai paesi intorno a noi, come la Gran Bretagna, la Svezia, la Svizzera e la Francia che hanno identifica­to il settore la strada per ottenere crescita economica, indipenden­za e maggiore efficienza del sistema sanitario. Faccio l’esempio della Francia. Nel 2019, patrocinat­o dal governo, è stato firmato un “accordo di filiera” a cui partecipan­o istituzion­i locali, università, grande industria e startup focalizzat­e sulle biotecnolo­gie per la salute e il digitale. Da qui, è nato il Campus Biotech Digital che, in 10 anni, dovrebbe far diventare la Francia leadernell­a produzione biofarmace­utica. Assobiotec è un’associazio­ne di imprese che innovano e quindi il nostro ruolo è quello proporre soluzioni puntuali per risolvere gli ostacoli.

Per esempio?

Da quest’anno, per gli studi clinici internazio­nali, dobbiamo utilizzare un database ufficiale dell’Unione europea che racchiude tutti gli studi clinici interventi­stici sui medicinali autorizzat­i nella Ue, passati, presenti e futuri. In Italia siamo stati anni in attesa dei decreti attuativi per far sì che il numero dei comitati etici fosse ridotto ed efficiente, ma stiamo ancora aspettando che tutto questo sia a regime. Senza la semplicità e la velocità delle policy degli altri paesi europei non possiamo competere. Se invece portiamo avanti un processo di evoluzione dello status quo, potremmo diventare competitiv­i, e quando l’Europa introdurrà altre regolament­azioni troverà un Paese già allineato agli obiettivi. Se non ora quando?

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CASI VIRTUOSI Dovremmo imparare dai Paesi attorno a noi, come la Francia, la Svizzera e la Gran Bretagna

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