Dal San Raffaele al Nasdaq con le terapie geniche
Genenta è la prima e unica biotech italiana quotata al Nasdaq. È successo a dicembre 2021, sette anni dopo la sua fondazione come spin- off dell’Ospedale San Raffaele di Milano, con l’obiettivo di portare a termine le sperimentazioni di una terapia genica e cellulare per curare il glioblastoma, un tumore cerebrale, e in futuro applicare la stessa piattaforma tecnologica anche ad altri tipi di cancro.
L’idea è di due scienziati di fama internazionale, co- fondatori di Genenta: Luigi Naldini, direttore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia genica ( Sr- Tiget) - il primo al mondo a portare la terapia genica dal laboratorio al trattamento dei pazienti con gravi malattie genetiche rare - e il suo braccio destro, il tedesco Bernhard Gentner, ematologo e responsabile dell’Unità di ricerca traslazionale sulle cellule staminali e leucemie del Tiget. Il presupposto ha portato a bordo della startup anche il venture capitalist Pierluigi Paracchi, co- founder e Ceo di Genenta. Da lì inizia un’intensa attività di raccolta di capitali sostenuta inizialmente da importanti famiglie dell’imprenditoria italiana - tra cui Ferragamo, Bormioli, Matteo Marzotto - fino alla sbarco al Nasdaq, mercato competente e competitivo, che ha permesso di raccogliere capitali per 37 milioni di dollari. « Se non fossimo stati una società clinica sarebbe stato quasi impossibile quotarci e attirare capitali internazionali - premette Peracchi - Se sei americano la strada è più facile, se arrivi dall’Europa devi essere a uno step superiore, con pazienti già trattati, perché la richiesta per i “migrati” è più alta » . Quindi c’è una società italiana che è in fase 1/ 2 e che ha già trattato 16 pazienti che afferiscono dagli ospedali lombardi e dal Gemelli di Roma con una terapia avanzata per il tumore al cervello. La fase 2 dovrebbe partire nella seconda metà del 2023. « La nostra tecnologia è agnostica rispetto al tumore, cioè la stessa piattaforma può essere applicata, come abbiamo visto dai dati preclinici che abbiamo già pubblicato su riviste scientifiche di primo livello, su tutta una serie di tumori, come quello al seno, fegato e altri tumori metastatici » .
Il cuore della piattaforma è costituito da un sottotipo di macrofagi, contraddistinto dalla espressione di un recettore per un fattore di crescita vascolare ( Tie- 2 expressing monocytes o TEMs), che il tumore richiama specificamente dal sangue periferico e che usa per autoalimentarsi. Questi macrofagi sono presenti in moltissimi tipi di tumori e, a differenza dei farmaci più tradizionali incluse anche le Car- T, non sono legati a un “bersaglio” specifico come un recettore, un antigene, o una proteina la cui espressione non è omogenea nei tumori ed è causa delle recidive. L’idea, quindi, è stata quella di utilizzare queste cellule come Cavalli di Troia, per portare all’interno del tumore proteine con azione antitumorale. « In sintesi “armiamo” il sistema immunitario che non è in grado di riconoscere e attaccare il tumore - conclude Peracchi -. E sono tantissime le proteine che possono essere prodotte e trasportate dai macrofagi/ TEMs e quindi il ventaglio e l’offerta terapeutica, includendo anche le combinazioni con altri farmaci, è pressoché illimitato » .
A sette anni dalla fondazione la società è la prima del settore approdata nel listino hi- tech americano