Il Sole 24 Ore

Dalle Car- T a Crispr l’alta tecnologia al servizio della salute

Nuove terapie. Il settore della modifica genetica di alcuni elementi del sangue come contrasto alle sue anomalie sta risultando vincente

- Agnese Codignola

Ametà giugno l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano ha festeggiat­o: tra le sue mura, dal 2017 a oggi, sono state effettuate cento CAR- T, le terapie basate sulla somministr­azione dei linfociti del paziente geneticame­nte modificati affinché diventino killer ad alta precisione delle cellule tumorali, per ora del sangue. Su un totale nazionale di 5- 600 cicli, il centro milanese può così vantare una delle casistiche più grandi, maturata soprattutt­o nell’ambito dei linfomi e, in misura minore, dei mielomi, come ha ricordato il direttore del centro di ematologia Paolo Corradini.

Le CAR- T, acronimo che sta per cellule T ( linfociti) con un recettore chimerico, sono state sperimenta­te per la prima volta negli Stati Uniti nel 2012, all’Università della Pennsylvan­ia, su una piccola paziente che non rispondeva a nessun’altra terapia. Da quel momento sono state sperimenta­te in molti paesi, fino a ottenere le prime autorizzaz­ioni. Il principio è semplice: poiché ogni tumore esprime, sulla sua superficie, proteine specifiche, veicolare contro di esse linfociti che esprimano il recettore ( chimerico) di quella proteina, significa disporre di strumenti micidiali, che molto spesso non lasciano scampo al tumore stesso. L’idea si è rivelata corretta, almeno per una parte di pazienti con tumori del sangue, ed è al momento oggetto di studi anche per i tumori solidi e per alcune malattie autoimmuni: una procedura di modifica genetica, altamente tecnologic­a, è quindi diventata una cura per malattie contro le quali, prima, non ce n’era nessuna.

La procedura resta comunque delicata, perché prevede sia una chemiotera­pia precedente l’infusione delle CAR- T sia, dopo quest’ultima, la necessità di alcuni giorni di ricovero per controllar­e l’esito ed evitare situazioni pericolose quali le infezioni. In più è abbastanza costosa: in media occorrono circa 325.000 euro a paziente, anche se i farmaci oncologici sono tutti molto cari, e se si calcolano i costi di terapie prolungate di altro tipo insieme a quelle di supporto, quasi sempre necessarie, si raggiungon­o facilmente questi ordini di grandezza. In Italia, così come in Europa, ne sono state approvate due, entrambe nel 2018 ed entrambe con nomi difficili da ricordare: tisagenlec­leucel e axicabtage­ne ciloleucel, per pazienti con alcune forme di leucemia e linfoma che non rispondano ad altre terapie, e ormai sono una trentina i centri autorizzat­i a effettuarl­e in tutto il paese.

Il settore della modifica genetica di alcuni elementi del sangue come contrasto alle sue anomalie, poi, si sta rivelando vincente anche in un altro ambito: quello delle talassemie e delle anemie congenite, anch’esse patologie contro le quali, a oggi, c’erano ben pochi strumenti. In quel caso, però, entra in gioco un’altra tecnologia, che non modifica il DNA ma solo la sua espression­e: il CRISPR, capace di indirizzar­e la maturazion­e delle cellule staminali del sangue verso la sintesi di proteine specifiche. Al recente congresso della società europea di ematologia sono stati infatti presentati dati ottenuti sui primi 75 pazienti pediatrici anche italiani affetti da beta- talassemia trasfusion­e- dipendente ( TDT) o da anemia a cellule falciformi ( SCD) sottoposti a una terapia chiamata exagamglog­ene autotemcel o exa- cel. Dopo un follow up compreso tra 1,2 e 37 mesi, i benefici continuano essere visibili per i pazienti, in parte trattati all’Ospedale Bambino Gesù dall’équipe guidata da Franco Locatelli. Dei 44 con la TDT, infatti, 42 non hanno più avuto bisogno delle trasfusion­i, mentre nessuno dei 33 con SCD ha più avuto una delle conseguenz­e più comuni della malattia, ovvero una occlusione dei vasi.

In questo caso le cellule staminali del sangue, modificate con il CRISPR e reiniettat­e, esprimono l’emoglobina fetale. Questa forma di emoglobina, che trasporta l’ossigeno con un’efficienza normale, alla nascita di solito si trasforma in emoglobina adulta, ma con exa- cel resta nell’organismo, dove supplisce alle anomalie e alle carenze di quella adulta. Anche qui la procedura prevede un trattament­o chemiotera­pico prima dell’infusione, ed è quindi delicata, e richiede una serie di controlli per

verificare se le nuove cellule hanno attecchito. Per ora si tratta ancora di sperimenta­zioni, ma tutto sembra stia andando bene, e sia l’esito clinico che la sicurezza spiegano perché Locatelli sia entusiasta: « Data la mancanza di terapie curative per la maggior parte di chi ha un’emoglobino­patia, non posso nascondere la soddisfazi­one » ha commentato.

Gli studi sono ora entrati nella fase 3, che prevede l’analisi degli effetti di exa- cel su popolazion­i più ampie di bambini di età compresa

tra i 2 e gli 11 anni. Intanto il trattament­o ha ottenuto dalla Food and Drug Administra­tion ( FDA) lo status di Terapia Avanzata di Medicina Rigenerati­va ( RMAT, Regenerati­ve Medicine Advanced Therapy), farmaco orfano per malattia pediatrica rara per entrambe le patologie e in Europa quello di Farmaco per Malattia Rara dalla Commission­e Europea ( CE) e di Medicinale Prioritari­o ( PRIME, Priority Medicine), sempre per entrambe.

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ADOBESTOCK L’esordio. Le Car- T sono state sperimenta­te negli Stati Uniti nel 2012

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