L’EFFICIENZA NON PUò PIEGARE IL PRINCIPIO DELL’IMMEDIATEZZA
Per quali ragioni l’associazione rappresentativa dell’avvocatura penalistica italiana ha indetto l’astensione dalle udienze per i prossimi 27 e 28 giugno?
Perché uno dei cardini del processo penale accusatorio – il principio di immediatezza – è stato svilito in buona parte sterilizzato da una lettura interpretativa avallata dalle Sezioni Unite ( 41736/ 19, Bajrami), con una scelta poi confermata nelle prassi organizzative degli uffici giudiziari, olimpicamente indifferenti al dissenso di autorevoli voci dottrinali.
E proprio a questo regresso inquisitorio gli avvocati si oppongono strenuamente, in linea con la propria funzione che li chiama a difendere il diritto, prima e più in alto che a difendere cause o persone.
Le architravi del sistema accusatorio sono edificate sui principi di oralità, immediatezza e concentrazione, e gravitano tutte – con una chiara convergenza assiologica – attorno a principio- fulcro del contraddittorio nella formazione della prova.
In particolare, il principio di immediatezza – in sinergia indissolubile con l’oralità e il contraddittorio – esige che vi sia una relazione diretta tra il giudice dibattimentale incaricato della decisione sulla responsabilità penale dell’imputato e le fonti di prova, ed in specie con i testimoni sottoposti a esame e controesame in funzione probatoria.
A giudicare deve essere chi ha assistito direttamente all’escussione dei testi, ne ha ascoltato la viva voce, ne ha verificato l’attendibilità attraverso i cosiddetti tratti prosodici del suo dire, scrutando l’esitazione nelle risposte, il ritmo e le pause nel replicare, il tono della voce, appunto, ma anche il rossore del volto, il movimento del corpo, e tutti gli aspetti extralinguistici che concorrono alla migliore valutazione della credibilità del dichiarante.
Questo contatto diretto non può passare attraverso la mediazione della lettura delle trascrizioni delle udienze dibattimentali, come oggi vorrebbe l’interpretazione accolta nella giurisprudenza di legittimità, che consente appunto il mutamento del collegio facendo salva la possibilità per il difensore di chiedere – e non perciò solo ottenere – la rinnovazione di prove assunte dal giudice diversamente composto solo ove specificamente motivata da profili di novità, « ferma restando la valutazione del giudice […] anche sulla non manifesta superfluità della rinnovazione stessa » e la possibilità di utilizzare, in caso di rigetto della richiesta, le dichiarazioni trascritte già presenti al fascicolo, comunque utilizzabili anche in caso di rinnovazione impossibile o di reiterazione di prova già assunta.
In sostanza, l’immutabilità del giudice viene così sacrificata a pretese ragioni di efficienza e ciò che dovrebbe essere regola si trasforma in eccezione, perché in caso di mutamento del giudice l’utilizzo dei verbali assurge a modalità ordinaria, se non privilegiata.
Sennonché, la mediazione dei verbali riduce l’immediatezza a un simulacro, se non ad una farsa, perché altera la genuinità delle impressioni che solo il contatto diretto con la fonte può assicurare. Chi si azzarderebbe ad assimilare la lettura della sceneggiatura di un film alla sua visione effettiva?
Proprio per questo, la formulazione letterale dell’articolo 525, comma 2, del Codice di procedura penale, si era premurata di prevedere espressamente – a pena di nullità assoluta – che la decisione di merito debba essere assunta dagli « stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento » ; e non è un caso che la Costituzione garantisca all’imputato il diritto di confrontarsi con l’autore delle accuse a suo carico non davanti ad un qualsiasi giudice, bensì al medesimo giudice investito della decisione finale.
Del resto, per analoghe ragioni di garanzia la Corte europea dei diritti dell’uomo ha preteso la nuova audizione dei testi rilevanti in appello nel caso in cui si intenda rovesciare la sentenza di assoluzione, imponendo al giudice di procedere ad una fresh hearing, senza che possa decidere per l’overturning sulla sola base della sola lettura dei verbali. E per le medesime ragioni nei sistemi accusatori – come il processo statunitense – la sostituzione di un membro della giuria popolare a processo in corso è garantita attraverso un sistema di supplenti che hanno parimenti assistito all’intera istruttoria, e l’indisponibilità sopravvenuta di una key figure determina – di regola – il vizio di mistrial.
Basterebbe questo a spiegare le profonde ragioni alla base di questo principio, il cui valore vero si comprende, in controluce, nello sguardo incredulo degli imputati quando prendono atto che saranno giudicati da un giudice che non ha partecipato al dibattimento: uno sguardo dal quale emerge, spesso, la costa del terrore.
Nessuna ragione di efficienza organizzativa può giustificare un simile arretramento.
Specie quando l’efficienza organizzativa potrebbe essere assicurata con una organizzazione degli uffici e dei processi più efficiente.