« Valvitalia verso 300 milioni, rilancio dopo il grande tracollo »
Nel gruppo, tra i principali produttori di valvole per l’oil& gas in Italia, Cassa depositi e prestiti tramite Cdpe Investimenti è salita al 75%. Ritorno all’utile previsto per il 2024
« L’anno scorso abbiamo toccato il minimo storico, con circa 137 milioni di fatturato. Ma questa società ha ben altre potenzialità. Valvitalia era arrivata a fatturare più di 400 milioni. Ora il mercato si sta riprendendo e siamo attrezzati per cogliere ogni opportunità di ripartenza. Il 2023 sarà ancora un anno di transizione, vedremo i primi frutti del turnaround nel 2024; si tratta solo di rimettere in fila le competenze, il portafoglio prodotti e lavorare sul bilanciamento dei costi. Ho già fatto le mie scelte con il nuovo piano industriale e il recente rafforzamento finanziario e patrimoniale ha creato i presupposti per metterlo a terra: Valvitalia ce la farà » . Andrea Forzi è amministratore delegato di Valvitalia. Arrivato a Rivanazzano nel maggio 2022, ha dovuto da subito mettere mano a una riorganizzazione, sfociata in un piano di rilancio, accompagnato da una ristrutturazione che nelle scorse settimane ha visto il socio fondatore, la famiglia Ruggeri, diluirsi ulteriormente ( al 25%, con Salvatore Ruggeri confermato presidente) a vantaggio di Cdpe InvestimentiGruppo Cdp, che ha arrotondato la sua quota dal 50% al 75% attuale. I prossimi mesi saranno decisivi per rimettere in pista il Gruppo, uno dei principali produttori italiani di valvole per l’oil& gas.
Che idea si è fatto sulle ragioni che hanno portato Valvitalia a toccare il fondo?
Quando mi sono insediato la supply chain era praticamente ferma. Le ragioni di questo stallo sono molteplici: le difficoltà del Covid, l’incremento dei costi delle materie prime e in generale i primi segnali di deterioramento del quadro macroeconomico a poche settimane dal conflitto russoucraino, scenario di fronte al quale la società si è fatta trovare impreparata. Ci siamo trovati in casa commesse non avviate, altre con marginalità insufficienti a causa dell’incremento dei costi, altre in stallo. La società nel 2021 aveva varato una manovra che aveva consentito di accedere a nuovi finanziamenti per 30 milioni. Ma nei primi mesi dopo il mio arrivo le tensioni di cassa erano evidenti, i ricavi restavano bassi e abbiamo dovuto creare uno scaduto di pagamento nei confronti dei fornitori per poter consentire di mantenere viva la società e rispettare gli accordi.
Circa 28 milioni; somma che però in questo momento è in corso di pagamento.
A quanto ammonta? Su quali presupposti ha costruito il nuovo piano?
L’asse portante è il ritorno alla marginalità. L’azienda ha chiuso il 2021 con una perdita di 178 milioni, anche se legata per 98 milioni alla necessità di alcuni impairment. Il bilancio 2022, che deve ancora essere approvato dall’assemblea, vede il fatturato al minimo storico a 137 milioni e una perdita operativa di 28 milioni. Il 2023 è in miglioramento, anche se non per tutte le business unit ci aspettiamo un ritorno alla positività, e per questa ragione dovremo aspettare il 2024 per tornare con decisione all’utile. Per tornare a generare valore dobbiamo però aumentare il fatturato, che mi aspetto possa arrivare a 300 milioni nel 2027, con un ebitda di 40 milioni. E poi bisogna lavorare sul mix di prodotto e sulla supply chain, in particolare sui costi.
Sono previsti interventi sulla catena dei fornitori?
Da piano strategico non prevediamo interventi sulla filiera nazionale. Ma Valvitalia è un player internazionale, dovremo sviluppare in specifiche aree del mondo nuove filiere che rafforzino la supply chain esistente. Non è un processo che si costruisce in pochi mesi, ma è indispensabile per ritrovare un giusto bilanciamento. Tutto, però, nel rispetto della qualità delle materie prime.
Com’è il mercato? Cosa intende quando dice che non tutte le unità
stanno dando le risposte attese?
Il mercato dell’oil& gas sta fornendo indicazioni positive, e questo ci sta permettendo di consolidare il portafoglio, che attualmente vale 250 milioni; è una cifra che ci permette di coprire praticamente il fatturato del 2023, anche se alcune commesse sono relative all’anno successivo. Siamo comunque in anticipo con gli obiettivi del piano, che prevedeva per quest’anno 187 milioni di ordinato: nei primi 4 mesi abbiamo consolidato già circa 75 milioni e riteniamo per questa ragione di potere fare meglio del programma, con prospettive in miglioramento per l’anno prossimo. Il contesto è positivo, ma dipende dai diversi ambiti in cui operiamo. In Uk, per esempio, lavoriamo per la Marina inglese, e « In Uk lavoriamo per la Marina inglese e in Cina siamo riusciti a mettere a terra ordini significativi »
la ripresa della domanda nella Difesa ci sta agevolando. In Cina, dopo avere completato una riorganizzazione, siamo riusciti a mettere a terra ordini significativi, sia con distributori Usa che con Epc italiani. Anche il fire fighting, segmento in cui operiamo con la fabbrica di Ancona, è in linea con gli obiettivi. L’area più critica è Rivanazzano: ci trasciniamo un backlog di commesse per le quali non siamo ancora in grado di ribaltare a valle l’aumento dei costi delle forniture: in fase di acquisizione di ordini non è stato correttamente valutato l’impatto dell’aumento dei materiali e forse è stata privilegiata la necessità di dare carico alle fabbriche.
Il piano è sostenuto anche da un nuovo accordo di ristrutturazione.
Abbiamo scelto la strada della composizione negoziata, che ci ha permesso di mantenere il controllo dei processi aziendali e la capacità di negoziazione con i creditori. Il piano prevede un finanziamento di 70 milioni da parte dell’attuale socio di maggioranza, il consolidamento del debito per 30 milioni ( oltre a uno stralcio di circa 70 milioni e conversione di strumenti finanziari partecipativi per 30) e nuove linee di firma per circa 100 milioni, oltre a 33 per linee factoring.
I CONTI Nel 2022 fatturato al minimo storico a 137 milioni e perdita operativa di 28 milioni. Miglioramento nel 2023
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