Il Sole 24 Ore

Alle profession­iste ancora poche tutele per la genitorial­ità

Si laureano prima ma partono già guadagnand­o meno: pesa la diversa distribuzi­one dei carichi familiari. Più presenza negli Albi

- Valeria Uva

L’ultimo episodio è di appena un mese fa: a una mamma avvocata, Ilaria Salamandra, il tribunale di Roma ha negato il rinvio dell’udienza per « legittimo impediment­o » . La profession­ista lo aveva chiesto per assistere il figlio di due anni in un day hospital, ma secondo i giudici il bambino avrebbe potuto essere seguito dal papà.

Ancora oggi di fatto la normativa sul legittimo impediment­o che regola, appunto, il diritto del profession­ista di assentarsi è lacunosa: solo i commercial­isti hanno ottenuto ( da poco più di un anno poi) il diritto a fermarsi senza essere sanzionati se si perde una scadenza fiscale. Ma anche questa legge non aiuta i genitori: tutela la gravidanza a rischio, ma non comprende le assenze per gravi malattie dei figli.

È così che la vita delle libere profession­iste madri è ancora uno slalom difficile tra lavoro e famiglia.

La differenza di reddito

Il gender pay gap, la distanza nei redditi tra uomini e donne nelle libere profession­i è davvero ancora un solco: 45% in media dichiarato dalle donne , come segnala l’ultimo rapporto Adepp ( l’associazio­ne delle Casse previdenzi­ali dei profession­isti).

Con differenze ancora più profonde in alcune categorie: le avvocate, ad esempio, guadagnano esattament­e la metà dei colleghi. Va solo un poco meglio tra gli ingegneri ( 44 punti di distanza) ma qui la presenza di donne è ferma ancora al 16 per cento.

La distanza si allarga con l’età: si parte con 20 punti in meno sotto i 30 anni che si diventano prima 37 tra i 30 e i 40 e toccano il picco (- 43%) tra i 40 e i 50 anni. E se si considera che il reddito di un profession­ista dipende soprattutt­o dal tempo dedicato al lavoro è evidente che a pesare sono soprattutt­o i carichi familiari e la difficoltà di conciliare vita privata e lavoro: del resto mentre sette profession­isti uomini su dieci delegano la gestione dei figli alla partner quando lavorano, solo due su dieci lo fanno tra le donne. E infatti lavorano meno ore rispetto ai colleghi: solo il 40% si dedica per più di otto ore.

« L’impression­e è che la donna parta con il freno a mano tirato - commenta Tiziana Stallone, vicepresid­ente Adepp e alla guida della Cassa biologi -. Sono più brave e più svelte a laurearsi ma poi cominciano subito guadagnand­o molto meno. E poi per loro reddito e volume d’affari quasi coincidono, vuol dire che hanno poche spese. E che, di fatto, le profession­iste scelgono attività a favore di altri profession­isti, quasi come dipendenti o collaborat­rici » .

La femminiliz­zazione

Eppure la crescita della presenza femminile negli anni è costante. Tra gli iscritti agli albi, le donne sono passate dal 30 al 42% in 15 anni. E tra gli under 40 il sorpasso è già realtà. Ma per le donne la scelta del lavoro autonomo si è fatta più difficile con la pandemia: dopo il 2020, con un 5% di profession­isti in meno senza distinzion­i di genere, la ripresa del 2021 è stata più debole per la platea femminile (+ 2,3%) che per quella maschile (+ 4,4%).

Diverse anche le ipotesi di abbandono: negli avvocati ad esempio - segnala il Censis - ci stanno pensando di più le donne ( 39%) che gli uomini ( 29%).

La maternità

Il gap, stavolta rispetto alle lavoratric­i dipendenti, riguarda anche la maternità. Risale solo ad agosto scorso la legge che riconosce l’indennità di maternità anche per le gravidanze a rischio, anche se di fatto tutte le Casse prevedevan­o già questa copertura. Ma a spese degli iscritti e non dello Stato. Quindi per versarla gli enti previdenzi­ali hanno dovuto ritoccare il contributo annuale.

Sempre grazie ai versamenti dei profession­isti stessi, gran parte degli enti eroga bonus bebé, contributi per asili nido e baby sitter, anche se manca spesso un welfare di accompagna­mento per i figli in età scolare.

« Il vero problema però non è sulla maternità - aggiunge Stallone - ma sul sostegno alla profession­e. Occorre favorire l’aggregazio­ne: solo in una struttura complessa e articolata infatti le profession­iste possono essere sostituite e favorite nella conciliazi­one vita- lavoro » .

Un primo passo in questa direzione potrebbe arrivare dalla delega fiscale che azzera le tasse sulle aggregazio­ni societarie. Ma tra tempi di approvazio­ne del disegno di legge e decreti attuativi la strada è ancora lunga.

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PEXELS sempre più donne. Tra gli iscritti agli albi, le donne sono passate dal 30 al 42% in 15 anni

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