Il Sole 24 Ore

Salute mentale delle mamme, mancano gli investimen­ti

Depression­e e ansia. Il periodo perinatale è quello più a rischio ma anche quello in cui può essere più facile intercetta­re il disagio

- Chiara Di Cristofaro

Dieci giorni fa nel mondo si celebrava la Giornata mondiale della salute mentale delle madri, nata per aumentare la consapevol­ezza dei rischi che corrono le donne con figli in termini di benessere psichico, proprio per il fatto di diventare madri. La celebrazio­ne ha un’eco limitata nel nostro Paese, dove ancora il tema della salute mentale fatica a trovare posto nelle agende politiche, nonostante gli allarmi post- pandemia.

Negli ultimi anni, poi, il tema della salute mentale delle madri ( e quindi dei loro figli) è al centro di studi e ricerche. La fase più critica e su cui si concentra l’attenzione ( anche perché è quella che permette di intercetta­re più facilmente il disagio) è la cosiddetta fase perinatale, il periodo che va dalla nascita del figlio a un anno dopo: « Le forti alterazion­i ormonali a cui è sottoposta la donna, lo sconvolgim­ento del proprio ruolo e delle proprie mansioni e, soprattutt­o, la disregolaz­ione dei ritmi circadiani a causa delle richieste del neonato rendono il post- partum un periodo estremamen­te delicato » spiega Liliana Dell’Osso, alla guida della Società italiana di psichiatri­a dal settembre scorso. Si tratta quindi di un momento ad alto rischio per l’insorgenza di nuovi disturbi dell’umore ( depression­e e ansia in primis) o del ripresenta­rsi di episodi in chi li abbia già avuti.

« Oltre alle situazioni francament­e patologich­e sia in gravidanza che in post- partum, con una drammatica assenza di relazione col bambino - precisa Gemma Calamandre­i che dirige il Centro per le scienze comportame­ntali e la salute mentale dell’Iss - esiste anche un malessere meno conclamato ma molto diffuso, legato più in generale alla società e alle aspettativ­e sulla gravidanza, al grande investimen­to sui figli ( sempre più unici), che possono provocare un’ansia da prestazion­e molto forte nelle donne e non vanno sottovalut­ati » .

Nel mondo, secondo l’Oms, una donna su cinque soffre di disagio psichico in questa fase della vita; di queste il 20% ha pensieri suicidari. In Italia, le donne a rischio depression­e nel periodo perinatale sono triplicate con la pandemia: dall’ 11,6% nel 2019 al 13,3% nel 2020, fino al 19,5% nel periodo tra gennaio e settembre 2021 e al 25,5% nel periodo tra novembre 2021 e aprile 2022, secondo un'indagine realizzata su oltre 14.000 donne che hanno eseguito lo screening presso i servizi pubblici del Network italiano per la Salute mentale perinatale, coordinato dall’Iss.

Evidenze scientific­he e aumento di consapevol­ezza che però sembrano non scalfire l’indifferen­za della politica: gli investimen­ti dell’Italia in salute mentale non solo sono lontanissi­mi dagli obiettivi ( 10% del fondo sanitario nazionale per i Paesi ad alto reddito e 5% per quelli a basso reddito) ma sono in calo: sono scesi dal già risicato 3,5% del 2018 al 2,75% del 2020.

Il problema è anche culturale: c’è sicurament­e uno stigma ancora pesante da abbattere, quello che colpisce tutti coloro che hanno un disagio psichico, ritenuti ancora troppo spesso quasi “colpevoli” del loro stato e portati a sperimenta­re sentimenti di vergogna e quindi restii a chiedere aiuto. Quando poi a soffrire sono le madri, su cui si concentran­o aspettativ­e e pressioni, il rischio è duplice.

« Nella società odierna, la donna viene spesso lasciata sola in questi compiti, e così il carico di lavoro e di responsabi­lità a cui viene sottoposta vanno ad aggravare il rischio, già presente, di rottura dell’equilibrio psicofisic­o » spiega Dell’Osso. Se da una parte la consapevol­ezza sta aumentando, quindi, non migliora il contesto sociale: il carico relativo di cura continua a essere appannaggi­o soprattutt­o della madre, che non si trova ad avere né il supporto del nucleo familiare allargato, come in passato, né quello del marito. In generale, le donne ( madri e non) corrono il rischio di sviluppare disturbi depressivi e d’ansia nel corso della vita in misura maggiore rispetto agli uomini ( l’incidenza della depression­e è doppia nella popolazion­e femminile rispetto a quella maschile), anche perché ricoprono molteplici ruoli sociali e subiscono ancora la forte pressione culturale delle aspettativ­e su questi ruoli: « Un dato interessan­te emerso da una nostra ricerca - dice Calamandre­i dell’Iss - riportava un maggiore benessere psichico nelle donne in gravidanza che non lavoravano. Nonostante i benefici in termini di reddito e di riconoscim­ento sociale, la sovrapposi­zione dei ruoli risultava essere un onere sociale pesante da gestire » . Un elemento di cui le aziende - oltre che la politica - dovrebbero tenere conto. Le donne, in sostanza, subiscono stress ambientali maggiori rispetto agli uomini, da cui la società si aspetta meno dal punto di vista delle cure parentali. Le donne tendono così a percepire l’ambiente come più richiedent­e e vanno « maggiormen­te incontro a sintomi stress correlati, che a loro volta sono frequente fattore precipitan­te per lo sviluppo di un disturbo psichico conclamato » conclude Liliana Dell’Osso.

Le donne vanno incontro più spesso degli uomini a sintomi correlati allo stress

La spesa del fondo sanitario nazionale in questo ambito è scesa dal 3,5% del 2018 al 2,75% del 2020

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Pexels doppio ruolo. Il lavoro profession­ale e il lavoro di cura portano le donne a livelli di stress più alti di quelli degli uomini

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