Le aziende hanno fatto pace con il rating: adesso la sfida è costruirlo sul futuro
Finanza per le Pmi. Dal credito all’Esg, passi avanti nell’adozione: uno studio Assolombarda svela come renderlo più efficace e aumentarne l’utilizzo
Pmi pronte a scendere a patti con il nemico, abbandonando ogni residua ostilità nei confronti del rating e cercando invece di cogliere le opportunità che questo strumento può offrire, anche in un ipotetico scenario futuro di credit crunch. L’auspicio è di Assolombarda, che a questo scopo ha predisposto un vademecum per gli associati e una road map con i correttivi giudicati necessari per eliminare quegli ostacoli ( dall’approccio backward looking alle asimmetrie informative, passando per la concentrazione del mercato delle agenzie) che impediscono di far decollare lo strumento. Basterebbe poco, secondo l’analisi: un maggiore dialogo lungo la filiera, uno sforzo istituzionale per rendere il mercato più agevole ( una richiesta su tutte: favorire la portabilità della storia creditizia), maggiore informazione trasversale.
Certo lo scenario attuale è ben diverso rispetto a quello del 2004, quando le nuove regole di Basilea II avevano contribuito alla prima diffusione, nel dibattito nazionale, del concetto di merito creditizio. Vent’anni dopo, nonostante la diffidenza di molte Pmi, il rating ha acquisito nuove valenze, tanto che non è più possibile affermare che esista un unico modello. All’utilizzo più « classico » legato ai requisiti patrimoniali bancari - conferma l’associazione - si sono affiancati usi più industriali e le tecniche di rating sono diventate strumento manageriale, declinate diversamente a seconda degli utilizzatori, che possono essere, oltre alle Pmi e il circuito bancario classico, le fintech e altri portatori di credito alternativo, le catene di fornitura a monte e a valle, i portatori di interesse in ottica Esg.
Nonostante questo, la diffusione del rating tra le aziende italiane resta a livelli bassi, ben al di sotto del contesto europeo ( che a sua volta presenta percentuali di diffusione minime). « Nella nostra visione, il rating è strumento di managerializzazione, metodo, pianificazione e confronto non autoreferenziale con il mondo finanziario - spiega Paolo Gerardini, vicepresidente di Assolombarda -. Questo strumento può rappresentare, soprattutto per le Pmi, un impulso per operare scelte strategiche e finanziarie finalizzate alla crescita, innalzando la qualità della governance e rendendole più sostenibili. Occorre però che evolva e migliori, per rappresentare gli elementi di valore più attuali dei modelli di business e delle performance delle aziende. In caso contrario, si rischia una frattura tra imprese e mondo finanziario. Da qui la ragione delle raccomandazioni, con un duplice obiettivo: risolvere i problemi pratici che impattano sulla vita quotidiana delle aziende e fare diventare il rating un elemento cruciale per costruire un nuovo dialogo tra imprese, mondo finanziario e istituzioni » .
È necessario spingere gli attori verso una riforma dell’attuale sistema. Per Assolombarda va affrontato innanzitutto il tema del backward looking, vale a dire la tendenza a guardare eccessivamente alla storia aziendale e poco alle prospettive future. La nuova enfasi sull’Esg, poi, ripropone il tema delle asimmetrie informative: i potenziali finanziatori hanno di solito accesso a un numero ristretto di informazioni ( soprattutto per le Pmi), con il rischio di generare una limitazione dell’offerta di credito; un tema che sembrava superato, grazie all’allineamento delle fonti di informazione standard ( Centrale rischi, bilanci) ma che ora sta riemergendo, alla luce della divergenza e della scarsa comparabilità tra le valutazioni dei rating Esg. Infine la concentrazione tra le agenzie, un fattore che, nel giudizio di Assolombarda, rischia di frenare anche l’innovazione e lo sviluppo di approcci differenti sul mercato.
Si punta ora a coinvolgere i cinque attori del sistema ( grandi imprese, Pmi, istituzioni e authorities, mondo finanziario e agenzie di rating e associazioni imprenditoriali) nello sforzo di migliorare qualità e diffusione del rating. Alle grandi imprese si chiede puntualità nei pagamenti e più coinvolgimento della filiera, mentre le Pmi devono trovare consuetudine con gli strumenti del rating ( analisi dei dati di bilancio, controllo Centrale rischi, calcolo mensile del Fondo di Garanzia). Le istituzioni dovrebbero lavorare a un miglioramento dell’offerta e alla riduzione dei costi del mercato, favorendo la concorrenza, la circolazione delle informazioni e la « portabilità » della storia creditizia.
Infine alle agenzie si chiede una maggiore assunzione di responsabilità in un’ottica di modernizzazione. « Le aziende italiane si sono indebitate per far fronte alla crisi pandemica e a quella energetica - dice Emanuele Orsini, vicepresidente di Confindustria con delega al Credito -. Ciò ha però segnato una battuta d’arresto nel processo di irrobustimento dei bilanci degli anni pre- pandemia. È necessario riprendere quel percorso, ridurre la dipendenza dal credito bancario e aumentare la diversificazione, attraverso l’accesso ai mercati dei capitali. La cultura del rating è un tassello essenziale e Confindustria ha la responsabilità nell’accompagnare le aziende con piani di formazione e un’offerta di servizi coerente » .
‘ Il principale limite è la tendenza a guardare eccessivamente alla storia aziendale e poco alle prospettive future