SERVE UNA MAGGIORANZA CHE ESPRIMA UN PREMIER, NON ELEGGERE UN CAPO
Dopo l’incontro tra le forze politiche sulle riforme costituzionali, e il seminario che si terrà domani al Cnel promosso dalla rivista “Federalismi” con studiosi di diversi orientamenti alla presenza della Ministra Alberti Casellati e del Sottosegretario alla Presidenza Mantovano, si può dire che si sta provando davvero a passare al merito dei problemi. Se tutto ciò funzionerà, lo si vedrà naturalmente dopo le elezioni amministrative.
Eppure, sin da ora, alcuni punti possono essere evidenziati. Vediamoli.
In primo luogo, va separato il luogo del dialogo sulle riforme dalle polemiche di giornata. Così, evitando vie roboanti, si può far partire una bicamerale “semplice” come quella del 1992 che lavori da subito, magari utilmente coadiuvata da un comitato di studio composto da ex- parlamentari e da studiosi identificati su indicazione dei gruppi parlamentari, mentre si approva contestualmente un disegno di legge costituzionale per conferirle, quando sarà, poteri referenti per approdare alla revisione costituzionale.
Poi, che si prenda atto che né il presidenzialismo, cioè la forma propria di Stati Uniti e Brasile, né il semi- presidenzialismo, sia quello forte francese sia quello debole finlandese o austriaco, sono adatti al nostro Paese.
Queste forme infatti, da un lato alimentano conflittualità e polarizzazione politica, cioè “benzina sul fuoco” in un Paese fragile e pieno di fratture sociali, dall’altro depotenziano – o meglio smantellano - il ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica: l’unica istituzione che invece ha funzionato in questi anni e che deve rimanere salda, anche come “motore di riserva” in caso di crisi.
Non servono dunque i rigidi automatismi di quei due modelli ad elezione diretta; né, del pari, l’elezione diretta del Capo del Governo, cioè “il Governatore o il Sindaco d’Italia”.
Lì funzionano bene infatti solo perché non è prevista la garanzia dell’equilibrio dei poteri del Presidente della Repubblica. Se infatti fosse prevista a livello nazionale, quella elezione diretta inciderebbe in modo troppo rigido ancora una volta sul Capo dello Stato, riducendo pure in modo non ragionevole la funzione di dialogo politico del Parlamento.
Che non ci si confonda allora: serve scegliere una maggioranza che esprima un premier, non eleggere a prescindere un Capo.
Per tramutare la leadership in premiership, e rafforzare la stabilità del governo, bastano invece alcuni
Innanzitutto l’indicazione preventiva del Presidente del Consiglio sulla scheda elettorale per una legittimazione diretta da parte degli elettori: di modo che sia previsto, ad esito del voto, che la coalizione che esprime il vincitore veda il suo leader nominato Presidente. Poi, che questi riceva la fiducia solo su di sé, auspicabilmente con un voto a Camere congiunte, rendendolo così libero tanto di formare il suo governo quanto di revocare i suoi ministri.
Inoltre, per evitare l’instabilità, serve la cosiddetta sfiducia costruttiva, corroborata pure da un altro strumento tedesco ancora più incisivo, ossia la possibilità che il Presidente, di fronte alla bocciatura di una questione di fiducia da lui presentata in Parlamento, possa proporre lo scioglimento anticipato al Capo dello Stato ( art. 68). Solo così la leadership del Premier avrà forza vera.
Avremmo un neo- parlamentarismo con un Presidente legittimato dagli elettori, arbitri dell’indirizzo politico come sottolineava allora Roberto Ruffilli, e un Governo più stabile, senza tuttavia aver compresso eccessivamente il ruolo e la funzione del Parlamento e del Capo dello Stato. Verrebbe da dire: non poco.
‘ I CORRETTIVI Indicazione preventiva del presidente del Consiglio sulla scheda elettorale e sfiducia costruttiva