Il pensiero tecnico va ricondotto al pensiero dell’uomo
Intelligenza artificiale
TPREOCCUPARSI DELL’USO CHE VIENE FATTO DELLA TECNOLOGIA NON BASTA, IL VERO PROBLEMA STA A MONTE
alvolta l’allargamento del dibattito dal circuito scientifico a quello divulgativo avviene in modo improvviso, finendo per lanciare segnali destinati a raggiungere punti lontani con grande velocità, ma non sempre con la necessaria chiarezza. La nostra idea è che anche il dibattito sopra i rischi dello sviluppo della tecnologia – ravvivato, di recente, dalla questione dell’Intelligenza artificiale esemplificata da ChatGpt – sia spesso accompagnato da fastidiosi rumori di fondo.
Spesso capita di constatare una rilevante imprecisione: un equivoco principale che ha tutto in regola per compromettere la ragione delle opinioni che via via si formano. Si tratta della confusione su ciò che si intende per Tecnica. Con una ripetizione pericolosa, la Tecnica viene confusa con la tecnologia e, per tale motivo, l’una è considerata per l’altra. Ma la Tecnica è pensiero. Addirittura, ideologia. La tecnologia, invece, è soltanto la sua rappresentazione mondana; il corpo fisico in cui la prima si incarna; l’artefatto, il telecomando del garage, l’intelligenza artificiale, la “faccia”, l’applicazione pratica del pensiero tecnico. Priva di una chiara ed esatta ricostruzione dei concetti che consenta all’interprete, avanti a tutto, di sistemarli con rigore, la discussione sulla « minaccia della tecnica che fuoriesce dal controllo dell’uomo » ( e la necessità di immaginare “chiuse” etiche al suo affermarsi), sembra uno sforzo difettoso; piuttosto fuori misura. Lungo. Tardivo. Un esercizio che cade nel dopo, quando le cose, a tal punto, sono già state.
In effetti, intesa come pensiero, la Tecnica è già dentro di noi. Ha messo residenza nella vita psichica e vuole possederla per intero, in profondità, giù, fin dentro le pulsioni misteriose dell’inconscio. Vuole occupare la sorgente della volontà dell’uomo e condizionarne la formazione: inibire al momento giusto l’emersione di riluttanze morali alla diffusione ( mercantile) degli artefatti. Cosa significa? Significa che se la Tecnica influenza le parti non consce della vita psichica può indurre la volontà dell’uomo a manifestarsi automaticamente a vantaggio delle soluzioni che permettono al pensiero tecnico di continuare il proprio cammino ( attraverso la diffusione della tecnologia). Significa determinare la volontà umana per modo che, quando essa sale in superficie, non metta di mezzo ostacoli morali ( poi, deontici e giuridici) che ricusino l’adozione di un certo dispositivo ( gravido di conseguenze etiche). Da tempo la Tecnica condiziona la struttura del ragionamento. Lo pre- ordina allo scopo: siamo sicuri che quando pensiamo norme per limitare l’applicazione della tecnologia, il pensiero non sia già contaminato e, quindi, suggerisca prescrizioni che, in fondo, stiano bene alla tecnica stessa? Ma a questo punto viene da domandarsi: qual è la volontà del pensiero tecnico? Qual è il suo scopo? Lo scopo è dominare l’uomo mediante la sostituzione del pensiero. Se per secoli l’uomo ha utilizzato la tecnica per governare la natura, cioè, l’ha impiegata come “mezzo”, oggi è la Tecnica, divenuta pensiero, che, con un atto di rovesciamento ( cagionato dalla crescita incrementale della propria rilevanza), si è collocata sopra l’uomo: si è passati, così, dalla relazione Uomo- tecnica- natura, alla relazione Tecnica- uomo- natura.
La nostra opinione, sommessa e rispettosa di qualsiasi altra posizione all’interno del dibattito, dunque, è che per affrontare i rischi connessi allo sviluppo della tecnologia non servano lo scienziato pentito e dissidente che scappa dalla multinazionale, né sottoscrivere appelli allarmati; non è sufficiente, neppure, fare convergere la preoccupazione, per intero, sull’uso degli artefatti, quali essi siano, e sulla espansione delle tecnologie integrate ( nanotechnology, biotechnology, information technology, cognitive science o Nbic); non è sufficiente pensare a limitare la tecnologia con codici etici, spiccati da autorevoli consessi. No, tutto questo non è sufficiente. Il cuore del problema, semmai, è l’amministrazione del pensiero tecnico, prima ancora di ciò che esso andrà a produrre nel mondo. È ricondurre il pensiero tecnico al di sotto del pensiero dell’uomo.