Riforme costituzionali davanti alle scelte di metodo e merito
I nodi del cambiamento
Riflettiamo sul metodo delle riforme costituzionali. Come fare una riforma è una questione preliminare a cosa fare. Infatti, prima andrà individuata la via e solo dopo percorsa. L’anteriorità del metodo non è solo una questione di tempo, ma anche di logica. Questa ragionevolezza attiene alla sostanza delle cose da rivedere della Costituzione del 48, ferma restando l’intangibilità della sua prima parte opponibile anche a una riforma organica.
Perché il metodo è anche un tema di merito? Perché a seconda dello strumento prescelto diverso sarà il peso politico degli organi costituzionali implicati; quindi, il metodo proietta un’ombra sull’assetto dei poteri che si vanno a delineare.
Ora il nocciolo della questione. Tre le vie: l’Assemblea costituente; la revisione speciale del 138 o il 138 invariato. Esaminiamole e indichiamo di ciascuna i pro e i contro. L’Assemblea costituente evoca un soggetto, nuovo e sostitutivo del Parlamento, ma questa innovativa identità potrebbe far pensare a un’Assemblea legittimata a fare quanto è inibito al Parlamento. Si potrebbe ipotizzare uno stravolgimento della Carta, o anche una solo parziale conformità con la sua prima parte. Diversamente, che Costituente sarebbe? Se le parole hanno un significato sostanziale, questo anfibio tra il 138 e il potere costituente potrebbe fare qualche cosa in meno di una scrittura ex novo, ma anche qualche cosa in più del mero potere di revisione. In secondo luogo, tale soluzione esautorerebbe il Parlamento, denunciando una volontà politica riformatrice contraria a riscattarlo dalla condizione di sostanziale afasia. Non si creerebbe un organoad organo ad hoc se si nutrisse fiducia nelle capacità di sintesi politica delle Camere.
I vantaggi? L’Assemblea potrebbe essere formata con legge elettorale proporzionale anche senza sbarramento per assicurare una composizione più rispettosa del pluralismo politico degli elettori di quanto lo sia l’attuale Parlamento, dove una minoranza di consensi è maggioranza di seggi per alchimia del Rosatellum. Un vantaggio significativo, visto che si vuole riscrivere il patto fondativo pur nel rispetto della sua cornice originaria. Allora sarebbe cosa buona che intervenissero anche le minoranze e che i rapporti di forza tra i partiti entrassero autentici nell’organo deputato a emendare la Costituzione. Ma la vera domanda è: si rischia di più lo stravolgimento della Carta con l’attuale Parlamento o con un’Assemblea Costituente eletta con un proporzionale? Andiamo, poi, all’ipotesi della commissione bicamerale in virtù di una legge costituzionale in deroga al 138, come sperimentato nelle Commissioni Bozzi, De Mita- Iotti e poi D’Alema. Qui l’esautoramento del Parlamento è attenuato rispetto all’Assemblea, ma non escluso, se si pensa che nella D’Alema si combinarono insieme la compressione del potere emendativo dei parlamentari con l’imposizione all’Assemblea di un articolato unico da prendere o lasciare. La strada del 138 speciale non è così piena di insidie per la democraticità del Parlamento, la sua pericolosità dipende da come si scrive la legge costituzionale derogatoria. Se si limita la commissione bicamerale alla stretta sede referente e se non si toccano tempi e prerogative dell’Aula, il rimedio è apprezzabile. Esso potrebbe accelerare la fase istruttoria con la commissione unica, senza toccare il dominio delle Assemblee. Trattandosi di una revisione omnibus il referendum, obbligatorio a prescindere dal quorum approvativo nelle precedenti bicamerali, andrebbe riproposto. L’obiezione che si mosse alla sua obbligatorietà è superabile. È indubbio che il cittadini sarebbero posti dinanzi a un prendere o lasciare data l’unicità del quesito, ma non prevederlo affatto imporrebbe ai cittadini una riforma senza possibilità alcuna di esprimersi. Insomma, tra un consenso libero e la sua assenza, è preferibile il primo.
Qualche riflessione sull’uso del 138 invariato. Il Parlamento recupererebbe spazio e ruolo perché farebbe tutto da solo, salvo il referendum da orchestrare in modo da aversi comunque per le ragioni di cui prima. Il lavoro parlamentare potrebbe altresì essere utilmente preceduto da un gruppo di esperti, a condizione che il loro contributo si limiti a qualche saggio consiglio privo di vincolatività per le Camere. Ciò ricorda vagamente i saggi voluti da Letta, ma secondo uno schema semplificato perché nella nostra ipotesi a questi saggi non deve seguire una commissione bicamerale innestata sul 138 per evitare gli inconvenienti esposti sopra.
Scelto il metodo, si aprirà la pagina bianca della revisione, salvo capire come si componga il nocciolo duro della Costituzione e se la forma di governo vi rientri, perché in tal caso essa sarebbe un limite insuperabile alle tentazioni di elezione diretta di Premier o del Capo dello Stato. Ma questa è un’altra puntata.