Prevenzione in Emilia meno in Romagna: « Troppi campanili »
Le casse di espansione realizzate in Emilia dopo le piene del Po degli anni ’ 70
La portata delle piogge di questi giorni è stata incommensurabilmente maggiore rispetto alla capacità di invaso delle infrastrutture regionali, ma non corrisponde a realtà il fatto che non si stia investendo nella sicurezza idraulica dei bacini romagnoli: questa la risposta di viale Aldo Moro alle critiche che fioccano sui media per i danni enormi – già stimati ben oltre i 6 miliardi di euro – provocati dalle due ondate alluvionati tra il 2 e il 17 maggio e per il fatto che in Romagna mancano casse di espansione, realizzate invece in Emilia.
Su un punto non ci sono spaccature: i due episodi che hanno fatto cadere tra Bologna e Rimini, in sole 60 ore, 500 millimetri di pioggia - la metà della quantità media di un anno - non hanno precedenti storici, da quando si fanno misurazioni, e rendono l'alluvione romagnola un capitolo nuovo, ben più grave di quella a Firenze del ' 66, da affrontare con strumenti nuovi e nuovi parametri. E le casse di espansione, prime imputate del disastro causato dalla rottura degli argini di 23 fiumi, sono sicuramente un investimento necessario ma non più sufficiente per fronteggiare lo scenario di tropicalizzazione del clima italiano.
« Prevenzione idrogeologica e manutenzione del territorio non sono mai una priorità in epoca di pace e nessuno vuole colate di calcestruzzo finché non arriva un disastro o un’emergenza » , ricorda uno dei massimi esperti di costruzioni idrauliche, Armando Brath, professore dell’Università di Bologna e presidente dell’Associazione Idrotecnica Italiana. Tirato da tutti per la giacca in questi giorni di caccia al capro espiatorio. Le casse di espansione – tra le poche opere idrauliche, assieme alle dighe, che permettono di stoccare l'acqua fuori dal corso principale per ridurre gli effetti della piena – sono state realizzate nei decenni scorsi in Emilia perché qui si verificarono diverse alluvioni a cavallo degli anni Settanta che spinsero l'Agenzia interregionale del Po a rispondere con una adeguata infrastrutturazione ( e il plauso della cittadinanza), non solo del Grande fiume ma dei suoi principali affluenti.
Secondo i dati dell’Anbi, l’associazione nazionale bonifiche e irrigazioni, in Emilia- Romagna ci sono 53 casse di espansione che possono raccogliere fino a 66 milioni di metri cubi di acqua. E la Regione, dal 2015 a oggi, ossia dalla prima legislatura dell’attuale presidente Stefano Bonaccini, ha stanziato 190 milioni di euro per costruire 23 nuove opere idrauliche tra casse di espansione e bacini artificiali. Anche se, denuncia l’opposizione, solo 12 sulle 23 previste sono effettivamente già in funzione. In questi sette anni « per la sicurezza idraulica dei bacini romagnoli, sono stati realizzati o programmati 165 interventi per 54.032.717 euro – fa sapere in una nota l'assessorato regionale a Transizione ecologica, Contrasto al cambiamento climatico, Ambiente, Difesa del suolo e della costa -. Entrando nel dettaglio delle casse di espansione, si prevede la creazione di aree di laminazione e di casse di espansione parallele al corso d'acqua. Molte di queste già realizzate sui fiumi Montone, Rabbi e Ronco a difesa della città di Forlì, con una capacità di invaso complessiva che supera i 10 milioni di metri cubi. Allo stesso modo sono state realizzate aree di laminazione e casse a difesa della città di Cesena sul fiume Savio per circa 4 milioni di metri cubi. Si tratta di casse di
La Regione dal 2015 a oggi ha stanziato 190 milioni di euro per costruire 23 nuove opere idrauliche
espansione che non hanno organi di regolazione e manovra artificiali ma entrano in funzionano quando il livello del fiume cresce per tagliare e ridurre il picco di piena. Durante gli eventi alluvionali dei giorni scorsi queste casse sono entrate in funzione dimostrando tutta la loro efficacia e incubando milioni di metri cubi di acqua » .
Non abbastanza però, data la portata imprevedibile delle piogge. La Regione ha già programmato e finanziato altri interventi per aumentare di 2,5 milioni di euro la capacità di invaso in Romagna, tra cui la cassa di valle del Senio ( 10,7 milioni di euro, già finanziata per 8,5 milioni), che permetterà di “stoccare” fino a 3 milioni di metri cubi d'acqua, ossia 2 in più dell’attuale. E si sta studiando anche un potenziamento della diga di Ridracoli, una delle ultime dighe costruite in Italia, nell’Appennino forlivese, sottodimensionata già in partenza ( 33 milioni di mc di invaso) per le proteste di allora di cittadini e ambientalisti.
« Quando si parla di acqua in Italia si parla solo di quella potabile, l’unica misurata e regolata, mentre poco si sa dell’uso irriguo. Bisogna iniziare a ragionare in modo integrato e con un’unica cabina di regia - commenta Tonino Bernabé, presidente di Romagna Acque, Spa controllata dai comuni della Romagna che gestisce le fonti idropotabili delle tre province » .