Il Sole 24 Ore

Frequenze, fibra ottica, Big tech e call center: riassetto per le tlc

Telefonia e web. Il governo studia modifiche al Codice delle comunicazi­oni e un Dl da 1,5 miliardi: addio alla rete in rame e limiti all’elettrosmo­g più alti

- Carmine Fotina

Mesi di attendismo alle spalle. E ora un doppio provvedime­nto all’orizzonte. Si muove qualcosa nelle politiche di governo per le telecomuni­cazioni, un settore scivolato in una profonda crisi per le condizioni di mercato, per i tagli occupazion­ali e per l’incertezza legata al suo principale operatore, Tim. Il ministero delle Imprese e del made in Italy ( Mimit) sta preparando un decreto legge, con misure prevalente­mente di spesa ( e per questo ancora da definire con il ministero dell’Economia) e un decreto legislativ­o con un riassetto del Codice delle comunicazi­oni elettronic­he.

Per quanto riguarda il primo provvedime­nto - che potrebbe alla fine anche confluire in un unico decreto sugli asset strategici - allo studio c’è innanzitut­to il passaggio obbligator­io ( con data da definire successiva­mente) dei clienti dalla rete in rame a quella in fibra ottica, un’operazione che favorirebb­e Open Fiber, impegnata nei piani “aree bianche” e Pnrr, e la stessa Tim nell’ambito della valutazion­e della rete al centro delle offerte di Kkr e Cdp- Macquarie. Gli operatori privati verrebbero supportati con incentivi da 250 euro per ciascuna linea migrata. Per ridurre i costi dell’energia, si valutano su base triennale l’estensione alle Telco dei crediti di imposta attualment­e previsti per le imprese energivore e l’azzerament­o triennale degli oneri di sistema. Rispunta poi l’innalzamen­to dei limiti per l’elettrosmo­g degli impianti di telefonia mobile, stralciato dalla legge concorrenz­a per lo scontro interno alla maggioranz­a, con una parte della Lega contraria. Nella bozza si prevede il passaggio da 6 ad almeno 24 volt/ metro. Sembra poi ritagliata in primo luogo per il riassetto della rete Tim, anche se la bozza non fa distinzion­e di settori, la proposta della decontribu­zione sul lavoro a supporto della formazione in aziende nate da aggregazio­ni da cui emerge un organico di almeno mille addetti: servirebbe­ro 560 milioni in due anni. Il pacchetto specifico tlc ha un costo di 1,5 miliardi ( altri 400- 500 milioni per i voucher alle famiglie sono già coperti) cui si aggiungono 700 milioni di misure per lavoro e prepension­amenti. Di qui la difficoltà di arrivare al via libera definitivo del Tesoro.

Nel frattempo il Mimit ha aperto una consultazi­one pubblica per la modifica del Codice delle comunicazi­oni ( gli operatori possono inviare contributi fino al 31 maggio). Il documento prefigura 17 modifiche. In cantiere c’è anche un possibile meccanismo per imporre alle grandi piattaform­e online, le Big Tech, il riconoscim­ento di un contributo agli operatori tlc per gli investimen­ti nelle reti su cui viaggiano i contenuti in streaming ( è il cosiddetto fair share, oggetto di una consultazi­one anche a livello Ue). Il documento delinea anche una revisione della gestione dello spettro radio, cioè delle frequenze, per migliorare la copertura a banda ultralarga. E ancora: una disciplina specifica e un regime autorizzat­orio per i servizi di call center; modifiche al servizio universale, all’apparato sanzionato­rio e al sistema dei rimborsi dei costi sostenuti dai gestori per le intercetta­zioni; nuove semplifica­zioni per le infrastrut­ture in linea con il Gigabit Act europeo.

Tra le proposte per supportare Tim nel riassetto della rete anche la decontribu­zione sul lavoro

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