Il Sole 24 Ore

Va riconosciu­to il credito sorto dal modello omesso

Il diritto vale non solo per l’Iva ma anche per le imposte sui redditi

- Cassazione Dario Deotto Luigi Lovecchio

Il credito Irpef riveniente da una dichiarazi­one omessa può essere riconosciu­to qualora il contribuen­te ne dimostri l’esistenza, in sede di impugnazio­ne dell'iscrizione a ruolo operata dall'Ufficio. L'importante precisazio­ne giunge dall'ordinanza 13902 depositata ieri dalla Corte di cassazione.

Nel caso deciso dalla Corte, l'Ufficio aveva contestato una compensazi­one di credito Irpef non indicato nelle dichiarazi­oni precedenti. A tale scopo, lo stesso aveva proceduto con l'iscrizione a ruolo, ex articolo 36 bis del Dpr 600/ 1973. Il contribuen­te aveva impugnato la conseguent­e cartella di pagamento, eccependo la previsione di cui all’articolo 36 bis, a mente della quale i dati liquidati con tale procedura si consideran­o dichiarati dal contribuen­te.

La Corte di cassazione ha colto l'occasione per affermare alcuni principi generali in materia di emendabili­tà della dichiarazi­one. È stato in particolar­e ribadito che la dichiarazi­one tributaria, nella parte in cui consiste in una manifestaz­ione di scienza, è sempre ritrattabi­le, entro i limiti stabiliti dalla normativa. È in ogni caso ammessa la rettifica anche oltre i suddetti termini, in sede di impugnazio­ne della pretesa fiscale, come stabilito espressame­nte dall'articolo 2, comma 8 bis, Dpr 322/ 1998. Tanto, in attuazione del principio di capacità contributi­va, di cui all'articolo 53 della Costituzio­ne, che vieta l'applicazio­ne delle imposte su redditi in realtà non posseduti.

In tale contesto, quindi, sempre secondo la Corte, deve essere riconosciu­ta la possibilit­à di far valere, in via contenzios­a, l'esistenza di crediti d'imposta riconducib­ili a dichiarazi­oni omesse, dunque, non soltanto quelli non indicati in dichiarazi­oni regolarmen­te presentate. Allo scopo, il contribuen­te deve dimostrare al giudice tributario la sussistenz­a degli elementi costitutiv­i del credito. Nel caso di specie, l'Ufficio aveva contestato l'indebita compensazi­one, senza tuttavia mettere in discussion­e il quantum del credito: da qui la pronuncia di accoglimen­to della richiesta del contribuen­te.

In materia di crediti da dichiarazi­oni omesse, va ricordato che l'orientamen­to di Cassazione è pacifico in materia di Iva nel riconoscer­e i diritti dei soggetti passivi, a condizione che il credito risulti, oltre che documentat­o, indicato nelle liquidazio­ni periodiche ( Cassazione 29415/ 2022). Non è invece altrettant­o pacifica l'applicazio­ne dei medesimi criteri nell'ambito delle imposte dirette, anche perché in tale ambito non è possibile invocare il principio di neutralità che vale solo per l'Iva.

In questo contesto di grande attenzione ai diritti dei contribuen­ti, sorprendon­o pertanto ancor più le rigidità dei giudici di vertice in ordine alla non emendabili­tà della denuncia in relazione ai vantaggi eventualme­nte dimenticat­i nel modello originario, tanto più nei casi in cui la legge non sanzioni espressame­nte le disattenzi­oni dell'interessat­o. Si pensi ad esempio al riporto delle perdite o alla mancata barratura di una casella rispetto alla quale il comportame­nto concludent­e della parte indica una volontà incompatib­ile con l'omissione originaria.

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