Il Sole 24 Ore

Niente ritenuta in Italia sui compensi reversibil­i di amministra­zione

Deducibili per competenza gli importi corrispost­i alla consociata estera

- Marco Piazza

I compensi di amministra­zione reversibil­i corrispost­i da una società italiana alla consociata estera non sono soggetti a ritenuta in Italia e sono deducibili per competenza. La risposta a interpello 330/ 2023 delle Entrate risolve una questione spesso oggetto di contestazi­oni.

I compensi reversibil­i sono un fenomeno tipico dei gruppi societari nei quali accade spesso che la società controllan­te designi un proprio dipendente come amministra­tore della società partecipat­a e – per accordo fra dipendente e datore di lavoro reso noto alla controllat­a – il relativo compenso debba essere corrispost­o alla controllan­te stessa anziché al dipendente.

È da sempre pacifico ( e la risposta 330/ 2023 lo conferma) che il compenso non è tassabile in capo al dipendente in quanto non percepito. È stato anche confermato che il compenso non è, in linea generale soggetto a Iva ( circolare 17 del 1985).

È sorto invece il contenzios­o sulla questione se in capo alla società partecipat­a il compenso sia deducibile per cassa o per competenza. A questo proposito, si è consolidat­a una giurisprud­enza di Cassazione ( 22479 del 2020 e 2067 del 2021) secondo cui la deducibili­tà del compenso avviene per competenza secondo le regole generali del « reddito d’impresa » non trovando applicazio­ne la deroga contenuta nell’articolo 95, comma 5. L’agenzia delle Entrate conferma – pare per la prima volta – il principio.

Altra questione discussa ( Ctp Milano, sentenza n. 6357/ 2017, favorevole al contribuen­te) è se qualora la controllat­a corrispond­a il compenso a una società non residente sia dovuta la ritenuta all’articolo 24, comma 1- ter, del Dpr 600/ 73. In particolar­e, ci si è chiesti se per il presuppost­o territoria­le di tassazione prevalga l’articolo 23, comma 1, lettera c) del Testo unico che consideran­o prodotti in Italia i compensi d’amministra­zione pagati da un soggetto residente in Italia o l’articolo 23, comma 1, lettera e) del Testo unico e l’articolo 7 delle Convenzion­i in base a cui i redditi d’impresa si consideran­o prodotti in Italia solo se conseguiti per mezzo di una stabile organizzaz­ione. L’Agenzia conferma la tesi della dottrina secondo cui i compensi erogati alla controllan­te hanno intrinseca natura di redditi d’impresa e quindi non subiscono l’applicazio­ne del « trattament­o isolato del reddito » . Non deve quindi essere applicata alcuna ritenuta.

La risposta non contrasta con l’interpello 167 del 2019 sul caso inverso: compenso pagato alla controllan­te residente in Italia e assoggetta­to a ritenuta nello Stato estero della fonte. In questo caso è stato riconosciu­ta la legittimit­à del prelievo alla fonte fatto all’estero e di conseguenz­a il diritto della società italiana di fruire del credito d’imposta di cui all’articolo 165 del testo unico.

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