Niente ritenuta in Italia sui compensi reversibili di amministrazione
Deducibili per competenza gli importi corrisposti alla consociata estera
I compensi di amministrazione reversibili corrisposti da una società italiana alla consociata estera non sono soggetti a ritenuta in Italia e sono deducibili per competenza. La risposta a interpello 330/ 2023 delle Entrate risolve una questione spesso oggetto di contestazioni.
I compensi reversibili sono un fenomeno tipico dei gruppi societari nei quali accade spesso che la società controllante designi un proprio dipendente come amministratore della società partecipata e – per accordo fra dipendente e datore di lavoro reso noto alla controllata – il relativo compenso debba essere corrisposto alla controllante stessa anziché al dipendente.
È da sempre pacifico ( e la risposta 330/ 2023 lo conferma) che il compenso non è tassabile in capo al dipendente in quanto non percepito. È stato anche confermato che il compenso non è, in linea generale soggetto a Iva ( circolare 17 del 1985).
È sorto invece il contenzioso sulla questione se in capo alla società partecipata il compenso sia deducibile per cassa o per competenza. A questo proposito, si è consolidata una giurisprudenza di Cassazione ( 22479 del 2020 e 2067 del 2021) secondo cui la deducibilità del compenso avviene per competenza secondo le regole generali del « reddito d’impresa » non trovando applicazione la deroga contenuta nell’articolo 95, comma 5. L’agenzia delle Entrate conferma – pare per la prima volta – il principio.
Altra questione discussa ( Ctp Milano, sentenza n. 6357/ 2017, favorevole al contribuente) è se qualora la controllata corrisponda il compenso a una società non residente sia dovuta la ritenuta all’articolo 24, comma 1- ter, del Dpr 600/ 73. In particolare, ci si è chiesti se per il presupposto territoriale di tassazione prevalga l’articolo 23, comma 1, lettera c) del Testo unico che considerano prodotti in Italia i compensi d’amministrazione pagati da un soggetto residente in Italia o l’articolo 23, comma 1, lettera e) del Testo unico e l’articolo 7 delle Convenzioni in base a cui i redditi d’impresa si considerano prodotti in Italia solo se conseguiti per mezzo di una stabile organizzazione. L’Agenzia conferma la tesi della dottrina secondo cui i compensi erogati alla controllante hanno intrinseca natura di redditi d’impresa e quindi non subiscono l’applicazione del « trattamento isolato del reddito » . Non deve quindi essere applicata alcuna ritenuta.
La risposta non contrasta con l’interpello 167 del 2019 sul caso inverso: compenso pagato alla controllante residente in Italia e assoggettato a ritenuta nello Stato estero della fonte. In questo caso è stato riconosciuta la legittimità del prelievo alla fonte fatto all’estero e di conseguenza il diritto della società italiana di fruire del credito d’imposta di cui all’articolo 165 del testo unico.