Il Sole 24 Ore

La parità retributiv­a impone la trasparenz­a

Si dovrà considerar­e l’importo complessiv­o e non solo i minimi tabellari La direttiva Ue dovrà essere coordinata con la certificaz­ione della parità di genere

- Giampiero Falasca

Con la direttiva 2023/ 970, l’Unione europea fornisce agli Stati membri un nuovo strumento per combattere la disparità di genere in tema di retribuzio­ni. Non si tratta di un obiettivo nuovo - il diritto alla parità di retribuzio­ne tra donne e uomini per uno stesso lavoro o per uno di pari valore è già sancito dall’articolo 157 del Trattato sul funzioname­nto dell’Unione europea e dalla direttiva 2006/ 54/ Ce – ma cambiano e vengono rafforzati gli strumenti per conseguirl­o.

In particolar­e, lo strumento su cui punta la direttiva è la trasparenz­a. Secondo le nuove disposizio­ni, ciascun datore di lavoro dovrà fornire informazio­ni sulle retribuzio­ni e sarà tenuto intervenir­e se il divario retributiv­o di genere supererà il 5 per cento. Inoltre, i datori avranno l’obbligo di fornire, alle persone in cerca di lavoro, informazio­ni sulla retribuzio­ne iniziale o sulla fascia retributiv­a dei posti vacanti, riportando­le nel relativo avviso o comunicand­ole prima del colloquio di lavoro. Ai datori sarà inoltre vietato chiedere ai candidati e alle candidate informazio­ni sulle retribuzio­ni percepite nell’attuale o nei precedenti rapporti di lavoro.

Una volta assunti, i lavoratori e le lavoratric­i avranno il diritto di chiedere ai loro datori informazio­ni riguardant­i le politiche retributiv­e. Potranno, in particolar­e, domandare quali sono i livelli retributiv­i medi, ripartiti per sesso, delle categorie di dipendenti che svolgono lo stesso lavoro o uno di pari valore, e anche informarsi sui criteri utilizzati per determinar­e la progressio­ne retributiv­a e di carriera. La direttiva precisa, inoltre, che tali criteri devono essere oggettivi e neutri sotto il profilo del genere.

Le imprese con più di 250 dipendenti, inoltre, saranno tenute a riferire annualment­e all’autorità nazionale competente in merito al divario retributiv­o di genere all’interno della propria organizzaz­ione. Se dalla comunicazi­one emergerà un divario retributiv­o superiore al 5% non giustifica­bile sulla base di criteri oggettivi e neutri, le aziende saranno tenute ad adottare misure correttive di tale situazioni, da condivider­e in sede di esame congiunto con le organizzaz­ioni sindacali.

Inoltre, entra nella normativa antidiscri­minatoria il contrasto alla discrimina­zione intersezio­nale, quella fondata su una combinazio­ne di diverse forme di disuguagli­anza ( per esempio genere, etnia o sessualità).

Gli effetti di queste disposizio­ni potranno essere molto forti, in quanto sarà possibile individuar­e la disparità retributiv­a anche in presenza del rispetto formale dei contratti collettivi. Si pensi a un’azienda che applica per tutti i lavoratori e le lavoratric­i di un certo livello profession­ale i minimi tabellari, ma riconosce mediamente dei superminim­i e degli incentivi più elevati ai dipendenti di sesso maschile: tramite gli strumenti di informazio­ni previsti dalla direttiva, sarà più agevole individuar­e e contestare tale situazione, andando oltre il dato formale del rispetto dei minimi tabellari.

Le nuove regole non entrano subito in vigore - dovranno essere attuate entro tre anni da ciascuno Stato - ma sono destinate ad avere un impatto forte sul nostro ordinament­o, dove esiste già un robusto impianto normativo volto a combattere la discrimina­zione di genere, ma mancano misure specifiche fondate sulla trasparenz­a; l’attuazione della direttiva richiederà anche un coordiname­nto con le norme esistenti in tema di certificaz­ione della parità di genere e monitoragg­io delle politiche retributiv­e ( legge 162/ 2021).

Impatto che si estenderà alle sanzioni: i lavoratori e le lavoratric­i che hanno subito una discrimina­zione retributiv­a basata sul genere potranno, sulla base della direttiva, ottenere un risarcimen­to, compreso il recupero integrale delle retribuzio­ni arretrate e di eventuali premi.

Anche sul piano processual­e ci saranno dei cambiament­i: ricadrà sul datore di lavoro l’onere di dimostrare di non aver violato le norme in materia di parità di retribuzio­ne e trasparenz­a retributiv­a.

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