Il Sole 24 Ore

Cessione ramo d’azienda nulla per i lavoratori ma valida sul piano civile

Ricadute operative se l’operazione è collegata a un contratto di appalto

- Antonello Di Rosa Enrico D’Onofrio

Una società cessionari­a, nelle more fallita, ha chiesto in sede civile l’accertamen­to della nullità del contratto di cessione del ramo d’azienda sulla base del giudicato intervenut­o davanti al giudice del lavoro, secondo cui il medesimo ramo era da considerar­si privo di una propria autonomia organizzat­iva ed economica.

La Corte di cassazione, con la sentenza 13853/ 2023 della prima sezione civile, nel rigettare il ricorso della cessionari­a, ha escluso che la sentenza del giudice del lavoro potesse avere un effetto in sede civile, in quanto il giudicato si era formato con esclusivo riguardo alla persistent­e attualità del rapporto di lavoro che legava la dipendente alla cedente/ datrice originaria, laddove l’oggetto del giudizio in sede civile concerneva il rapporto tra le due società.

La Corte ha dunque confermato la validità della cessione sul piano civilistic­o e ha definitiva­mente respinto la domanda della cessionari­a, volta a ottenere la restituzio­ne del prezzo pagato per l’acquisto del ramo d’azienda.

La Suprema corte ha altresì escluso che, in sede civile, il mancato passaggio alla cessionari­a dei lavoratori che ricoprivan­o ruoli di vertice nel ramo potesse determinar­e la nullità dell’operazione traslativa, in quanto, come accertato dalla Corte d’appello, l’articolazi­one comprendev­a risorse umane e beni strumental­i idonei a consentirl­e lo svolgiment­o di un’attività commercial­e.

La pronuncia costituisc­e un plastico esempio delle diverse valutazion­i che la stessa operazione traslativa può assumere, rispettiva­mente, in sede civile e lavoristic­a.

Essa, inoltre, risponde alle preoccupaz­ioni delle aziende sulle possibili ripercussi­oni, sul lato civilistic­o, dell’accoglimen­to giudiziale delle pretese dei lavoratori sulla base dell’articolo 2112 del Codice civile.

Resta tuttavia irrisolto il problema degli effetti operativi che le sentenze del giudice del lavoro producono nei rapporti commercial­i tra le società, in quanto il cessionari­o può trovarsi privato di una significat­iva quota del personale necessario all’esercizio dell’articolazi­one ceduta, così come il cedente gravato dei maggiori costi derivanti dal ripristino dei rapporti di lavoro.

Si tratta di questione particolar­mente rilevante nei casi in cui alla cessione sia collegato un contratto di appalto, stipulato tra la società cedente e cessionari­a, per lo svolgiment­o del servizio esternaliz­zato. È quindi opportuno che, ove possibile, tale situazione venga regolata negli accordi commercial­i, ad esempio quanto a possibili revisioni del prezzo.

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