Belgorod, due giorni di scontri I russi: « Eliminati i terroristi »
I militanti sostenuti da Kiev promettono: torneremo Il blitz preoccupa il Cremlino L’incursione, la prima dall’inizio della guerra, ha causato un morto e 12 feriti
A metà pomeriggio il governatore della regione di Belgorod, Vyacheslav Gladkov, dichiara chiuso lo stato d’emergenza: per Mosca l’operazione anti- terrorismo è terminata. Settanta « nazionalisti ucraini » sono stati uccisi, gli altri spinti oltre confine dove sono stati « completamente eliminati » , afferma il ministero della Difesa russo che conferma di aver condotto la “zacistka” – la pulizia dei villaggi in cui erano penetrati i « sabotatori » – utilizzando artiglieria e attacchi aerei. L’incursione armata partita lunedì dall’Ucraina, la più grande sfida lanciata a Mosca in territorio russo, è durata quasi due giorni.
Ma per i combattenti che si proclamano “partigiani armati della resistenza”, e che in realtà sono in buona parte cittadini russi in lotta contro il regime di Vladimir Putin e a fianco dell’Ucraina, non è finita. « Il nostro obiettivo finale è sulla Piazza Rossa » , aveva dichiarato Maksimilian Andronnikov, il capo di una delle due formazioni paramilitari coinvolte, Legione Libertà della Russia. Ilja Ponomariov, ex deputato russo vicino a queste organizzazioni di cui si proclama rappresentante politico, ha detto in un’intervista su YouTube che a Belgorod « è apparso il primo pezzo di territorio liberato dal putinismo. Io non so se riusciremo a mantenerlo o se dovremo abbandonarlo, ma in ogni caso questa data rimarrà storica. Questo è solo l’inizio » .
Un’operazione simbolica per dimostrare al Cremlino che quel confine tra Ucraina e Russia non è inviolabile, così come non lo è stato per i russi all’inizio dei disordini separatisti in Donbass, nel 2014. Il numero esatto dei combattenti intervenuti non è chiaro: ma all’inizio degli scontri i russi sembrano essere stati colti di sorpresa, in uno dei posti di frontiera che dovrebbero essere meglio presidiati. Le critiche sulla lenta reazione dei comandanti, espresse nel mondo dei “milbloggers”, sono durissime: a partire da uno dei più famosi, l’ex colonnello dei servizi Igor Strelkov, che accusando Putin di scarso coinvolgimento nelle cose militari lo chiama ora « non- Comandante in capo » .
Nelle regioni di confine la Russia è ormai di fronte a una minaccia crescente, afferma il ministero della Difesa britannico: velivoli abbattuti, ordigni esplosi lungo le ferrovie, ora un’azione di resistenza diretta. Lunedì gli incursori avevano affermato di aver preso il controllo di Kozinka e Glotovo, i primi villaggi presso la frontiera, sulla strada che porta a Belgorod. E qui, nel capoluogo regionale, nella notte di lunedì un drone ha colpito il tetto della sede dell’Fsb, i servizi di sicurezza.
Una donna è morta durante l’evacuazione, lunedì, e altre 12 persone sarebbero rimaste ferite. Al Cremlino, dove ieri era impegnato a consegnare onorificenze a rappresentanti della cultura e della scienza, Putin non ha fatto riferimenti diretti a quanto avvenuto a Belgorod. Ha però ricordato che affermare che la Russia abbia iniziato la guerra è scorretto: « Tramite l’operazione militare speciale – ha detto – la Russia cerca di mettere fine a una guerra condotta contro di noi, contro il nostro popolo, che in parte si è venuto a trovare al di là dei confini dello Stato russo in forza di ingiustizie storiche » . Degli scontri di Belgorod ha però parlato il suo portavoce, Dmitrij Peskov: esprimendo « la profonda preoccupazione » del Cremlino e poi definendo « ancora attuale » l’affermazione fatta da Putin nel lontano 1999, quando promise di « inseguire i terroristi ( ceceni, allora, ndr) fino in bagno, se necessario, e lì sciacquarli via » . Riguardo alla nazionalità dei combattenti, Peskov ha precisato che « in Ucraina vivono molte persone di etnia russa. Ma sono comunque militanti ucraini » .
« Torneremo » , assicurano i militanti sui social media, chiamando a raccolta i “patrioti” delle regioni russe più vicine all’Ucraina: Belgorod, Bryansk, Kursk, Voronezh, Rostov. « Siamo persone come voi » , spiega Andronnikov su Twitter, circondato dai compagni. Sulle uniformi hanno cucita la bandierina ucraina, ma è della Russia che parlano: « Vogliamo che i nostri figli crescano nella pace e siano liberi. Non nella Russia di Putin che marcisce nella corruzione, nella censura, nella menzogna, nella repressione. E’ giunto il momento di mettere fine alla dittatura del Cremlino. Abbiate coraggio, perché torniamo a casa. La Russia sarà libera » .