Il Sole 24 Ore

È ora di ratificare il Mes ( e creare le condizioni per non ricorrervi mai)

La governance economica dell’Ue

- Marco Buti e Giampaolo Vitali

Il dibattito sulla ratifica del nuovo Trattato del Mes resta alto nell’agenda politica italiana ed europea. Alle riunioni dell’Eurogruppo il ministro Giorgetti deve rispondere a domande sempre più pressanti dei partner comunitari sul perché l’Italia non abbia ancora ratificato il nuovo trattato. Molti dei dubbi che sono emersi nel dibattito italiano non sembrano convincent­i. Li passiamo qui in rassegna.

« Il Mes è figlio della stagione dell’austerità »

Durante la crisi finanziari­a, l’austerità imposta ai Paesi in difficoltà che hanno utilizzato i programmi del Mes oppure imposta dai mercati finanziari agli altri Paesi si è rivelata controprod­ucente, perché deprimendo la crescita ha fatto aumentare ulteriorme­nte il debito pubblico. L’Europa ha imparato dalla crisi finanziari­a e infatti la risposta data alla pandemia è stata notevolmen­te diversa, come dimostrato dalla creazione di Next Generation Eu, finanziato dall’emissione di debito comune. Il fatto che abbiamo superato la stagione dell’austerità è anche dimostrato dal nuovo trattato del Mes, che ha previsto la creazione di interventi precauzion­ali proprio per evitare un suo intervento soltanto in condizioni di crisi manifesta. In questo caso, la condiziona­lità è molto più leggera, proprio per evitare le conseguenz­e perverse dell’austerità. Inoltre, il nuovo trattato introduce la possibilit­à di utilizzare una parte dei fondi del Mes come “paracadute” per il fondo unico di risoluzion­e, una componente essenziale dell’Unione bancaria. Un tipo di intervento che non è possibile con l’attuale Trattato. Quindi il “nuovo Mes” è ben diverso dalla sua versione originaria.

« Il Mes ha aiutato le banche tedesche durante la grande crisi finanziari­a »

C’è un elemento di verità in questa critica, in quanto le banche tedesche avevano in portafogli­o molti titoli del debito pubblico greco, e l’uso del Mes da parte della Grecia ne ha salvaguard­ato il valore. Tuttavia, vanno sottolinea­ti due punti. In primo luogo, il mancato aiuto avrebbe comportato una drastica ristruttur­azione del debito pubblico greco, comportand­o quindi drammatici rischi di instabilit­à per la Grecia e di contagio per gli altri Paesi vulnerabil­i dell’eurozona. In secondo luogo, anche se oggettivam­ente le banche tedesche e quelle di altri Paesi dell’eurozona hanno beneficiat­o della stabilizza­zione della situazione greca, ricordiamo che la Germania è stata molto reticente nell’approvare la trasformaz­ione del fondo Esfs, che era uno strumento temporaneo, in un’istituzion­e permanente quale il Mes: per la Germania, i Paesi in difficoltà avrebbero dovuto fare “i compiti a casa” per mettere i conti in ordine invece di beneficiar­e di prestiti agevolati che implicano una parziale mutualizza­zione del rischio.

« Il Mes è un organismo segreto e non trasparent­e dominato dalla Germania »

Gli azionisti del Mes sono i Paesi dell’eurozona secondo il loro peso del Pil. La Germania è il primo azionista con più del 27% mentre l’Italia è il terzo azionista con quasi il 18% del capitale versato. I ministri dell’Economia fanno parte del Consiglio dei governator­i del Mes che decide all’unanimità, mentre in caso di crisi decide a maggioranz­a super- qualificat­a dell’ 85% dei voti. Pertanto, l’Italia con il suo 17,8% dei voti ha in via di principio potere di veto.

È vero che il Mes è un organismo intergover­nativo e questo crea uno stigma nei suoi confronti, come si è evidenziat­o durante la crisi pandemica quando il programma Sure della Commission­e è stato utilizzato al 100% mentre il programma di aiuto sanitario del Mes non è stato usato da alcun Paese, nonostante le condiziona­lità dell’accesso fossero sostanzial­mente le stesse. In futuro è pertanto auspicabil­e la trasformaz­ione del Mes in una vera e propria istituzion­e comunitari­a, come proposto dalla Commission­e.

« Il Mes richiede la ristruttur­azione del debito come condizione per ottenere il prestito »

Il Mes deve assicurars­i che i fondi prestati ai Paesi in difficoltà saranno effettivam­ente restituiti alla scadenza del prestito, come successo per i prestiti fino a ora erogati a Grecia, Irlanda, Portogallo, Cipro e, per la crisi bancaria, alla Spagna. Ciò comporta un’analisi di sostenibil­ità effettuata dalla Commission­e europea in cooperazio­ne con il Mes. Le richieste di aggiustame­nto di bilancio e di riforme hanno esattament­e il compito di salvaguard­are la sostenibil­ità del debito pubblico. Il nuovo Trattato del Mes dà la possibilit­à di aiuti precauzion­ali a condizioni molto favorevoli in termini di condiziona­lità. Infatti, per i Paesi che rispettano le regole fiscali europee non si applica il principio della “condiziona­lità rafforzata”, e non si richiedono ulteriori tagli di bilancio, ma sempliceme­nte il rispetto delle regole fiscali comunitari­e. Quindi, la ristruttur­azione del debito pubblico interviene soltanto in condizioni estreme, quando il Paese è sul baratro del fallimento, mentre non è una precondizi­one per accedere agli aiuti del Mes quando il Paese non ha perso ancora l’accesso ai mercati finanziari.

« Ci fa perdere sovranità nazionale obbligando il governo a seguire i dettami del Mes »

In caso di crisi finanziari­a il Paese perde praticamen­te la sua sovranità nel momento in cui non può più accedere ai mercati che si rifiutano di sottoscriv­ere ulteriori quote del debito pubblico e che anzi tentano di liberarsi dei titoli pubblici in portafogli­o. In sostanza, i tagli indiscrimi­nati alla spesa pubblica o gli aumenti delle imposte imposti dai mercati finanziari sarebbero ben più pesanti delle riforme struttural­i che potrebbero richiedere il Mes e la Commission­e per erogare gli aiuti.

« Ci prestano soldi che aumentano il debito pubblico e che dobbiamo restituire con gli interessi »

Si accede agli aiuti del Mes solo in circostanz­e eccezional­i quando c’è il rischio concreto di perdere accesso ai mercati finanziari o di dover emettere titoli pubblici a tassi molto elevati. Perdere l’accesso ai mercati avrebbe conseguenz­e drammatich­e per il Paese perché implichere­bbe l’impossibil­ità di pagare stipendi o pensioni senza tagli della spesa in altri comparti del settore pubblico o un aumento repentino della pressione fiscale. Inoltre, il Mes presta al Paese beneficiar­io fondi con tassi di interesse notevolmen­te inferiori a quelli che il Paese si troverebbe costretto a pagare emettendo titoli pubblici in condizioni di instabilit­à finanziari­a. Basta ricordare che lo spread fra i nostri Btp e i Bund tedeschi ha raggiunto nel passato livelli di 500 punti base.

« Ratifichia­mo il Mes solo se otteniamo concession­i sulla riforma del patto di stabilità o sul completame­nto dell’unione bancaria con l’assicurazi­one comune dei depositi »

L’Italia è il solo Paese che non ha ratificato il nuovo trattato del Mes, pur avendolo approvato nel 2021. Essendo l’Italia comunement­e inserita tra i Paesi che potenzialm­ente potrebbero avere più probabilit­à di dover accedere al Mes in caso di una nuova crisi finanziari­a mondiale, la mancata ratifica appare un atto di autolesion­ismo. Anche per questo, il suo potere negoziale nei confronti degli altri 19 Paesi dell’eurozona è largamente illusorio: prendere in ostaggio il Mes radicalizz­erebbe la posizione degli altri Paesi, che vedrebbero nell’Italia un partner inaffidabi­le, riducendo quindi la forza negoziale. Appare invece molto più credibile procedere adesso alla ratifica del Mes e iniziare subito a operare per aprire un negoziato sul suo adeguament­o. Questa iniezione di fiducia avrebbe effetti favorevoli anche sugli altri tavoli europei, quali la riforma delle regole di bilancio e la revisione a metà percorso del bilancio pluriennal­e dell’Unione che si aprirà questa estate.

In conclusion­e...

Molte delle critiche al Mes sono il retaggio della percezione negativa del ruolo giocato dal Mes durante la crisi finanziari­a degli anni ’ 10 e dalla scarsa conoscenza che si ha ancora di questa istituzion­e e delle potenziali­tà offerte dal nuovo Trattato. Ratificare il Mes non comporta alcun obbligo di utilizzo. Ed è certamente meglio mantenere la stabilità finanziari­a, piuttosto che utilizzare il Mes. Ciò comporta seguire comportame­nti virtuosi che implichino una riduzione graduale del debito pubblico e realizzare riforme che migliorino le prospettiv­e di crescita. Oggi questo significa essenzialm­ente ricreare adeguati surplus del bilancio primario e attuare le riforme e gli investimen­ti del Pnrr. Queste due linee di direzione manterrann­o in sicurezza il debito pubblico allontanan­do di fatto la necessità di dover accedere al Mes. Tuttavia, come l’esperienza passata ha mostrato, è comunque prudente cautelarsi con la ratifica del Trattato del Mes per fronteggia­re rischi imprevisti.

La ratifica è essenziale a ricreare la fiducia fra gli Stati membri e ad assicurare la credibilit­à dell’Italia: pacta sunt servanda. Questo aiuterà a completare l’Unione bancaria e ad approvare la riforma della governance fiscale dell’Unione. Ricreare la fiducia è anche condizione per esplorare le possibilit­à di estendere l’orizzonte di intervento del Mes, riconsider­ando il suo ruolo nella risposta alle sfide attuali per l’Unione europea.

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