Il Sole 24 Ore

I neo residenti con il rischio plusvalenz­e delle shell company

Le implicazio­ni della normativa in arrivo rispetto alla flat tax

- Paolo Ludovici

In attesa di vedere l’evoluzione dell’iter di approvazio­ne della cosiddetta Unshell directive, gli operatori si stanno interrogan­do sulle eventuali implicazio­ni pratiche e sulle iniziative da intraprend­ere. Uno degli aspetti meno trattati riguarda l’interazion­e con il regime dei neo- residenti previsto dall’articolo 24- bis del Tuir.

Si pensi al caso di una persona fisica che trasferisc­e la propria residenza fiscale in Italia da uno Stato

X. Si ipotizzi che tale persona detenga in Lussemburg­o una società holding con una sostanza economica non idonea ad escluderne la qualificaz­ione in via prospettic­a come shell company e che quest’ultima detenga a sua volta partecipaz­ioni in società situate in altri Stati membri Ue.

Ai fini del regime dei neo- residenti, la holding lussemburg­hese viene generalmen­te considerat­a, anche tramite interpelli ad hoc, come una società “non interposta” ed effettivam­ente residente all’estero. Ciò in ragione sia della presenza di una struttura locale, ancorché minima, sia dell’assenza di ogni intento elusivo derivante dalla sua localizzaz­ione nello Stato estero ( la società è spesso costituita diversi anni prima dell’ingresso in Italia del socio e addirittur­a dell’entrata in vigore del regime dei neo- residenti). Il riconoscim­ento della holding lussemburg­hese come “non interposta” ed effettivam­ente residente all’estero vale tuttavia solo ai fini del regime dei neo- residenti e non implica di per sé la disapplica­zione automatica della Unshell directive. I passaggi per richiedere tale disapplica­zione sono i seguenti: 1 la holding lussemburg­hese comunica alle autorità fiscali locali di essere una shell company ( se non rispetta i requisiti minimi di sostanza economica previsti); 2 tale holding può chiedere alle autorità fiscali locali di disapplica­re la disciplina superando la presunzion­e disposta dalla proposta di direttiva o chiedendo l’applicazio­ne dell’esimente di cui all’articolo 10;

3 tale esimente presuppone che l’interposiz­ione della holding lussemburg­hese non impatti la fiscalità del socio di tale holding. L’analisi dovrebbe riguardare tutte le giurisdizi­oni degli Stati membri in cui sono localizzat­e le società partecipat­e dalla holding e non essere limitata esclusivam­ente allo Stato di residenza del socio. In tale contesto, ad esempio, gli eventuali dividendi erogati dalle diverse società partecipat­e alla holding lussemburg­hese potrebbero subire una tassazione più onerosa nello Stato della fonte in assenza della holding.

Qualora la holding lussemburg­hese venisse considerat­a una shell company e l’esimente prevista dalla proposta di direttiva non fosse concessa, quali implicazio­ni deriverebb­ero in Italia in capo al neo- residente? Si pensi al caso in cui tale holding venda una partecipaz­ione totalitari­a in una società estera nei primi cinque anni di neoresiden­za in Italia del socio: ai fini italiani, in caso di risposta positiva nel contesto dell’istanza di interpello, la plusvalenz­a risultante non verrebbe imputata al socio neo- residente in Italia, bensì alla holding lussemburg­hese. Sulla base della proposta di direttiva, tale plusvalenz­a sarebbe invece imputabile al socio italiano con la conseguent­e tassazione in caso di partecipaz­ioni qualificat­e realizzate nei primi cinque anni di residenza. La valutazion­e complessiv­a di tale situazione non può che essere rinviata al momento di effettiva approvazio­ne della Unshell directive e di emanazione delle relative disposizio­ni di attuazione, ma è chiaro che alcune implicazio­ni pratiche sono ancora lontane dall’essere sempliceme­nte prefigurat­e.

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