Ravasi: « Politica, cultura e religione facciano sentire la loro voce per la pace »
Il cardinale cita Pontiggia: la preghiera è guarigione dalla disperazione
« Forse la preghiera e la guarigione convergono. La preghiera è guarigione. Non dal male. Ma dalla disperazione » . Gianfranco Ravasi, presidente emerito del Pontificio consiglio per la cultura, legge con attenzione le parole scritte su un biglietto che tira fuori dalla tasca. « È la citazione di un libro di un mio amico, morto nel 2003. Si chiamava Giuseppe Pontiggia. Aveva una grande attenzione al mondo del lavoro. Non tanto alla fabbrica, quanto agli uffici. Era stato da giovane un bancario. Quel libro, che lui pubblicò nel 2000, era dedicato a chi, come lui, aveva avuto l’esperienza di un figlio o di una figlia disabile. Il titolo del libro era “Nati due volte” » .
Ravasi emoziona la platea del Teatro Sociale. Francesca Fagnani, giornalista televisiva abituata a mettere in imbarazzo gli altri con la sua trasmissione “Belve”, questa volta sembra più volte sul punto di interrompersi per l’autorevolezza, la gravitas e anche il senso di leggerezza e di divertimento promanati dal cardinale: « Ho perfino sbagliato colore del vestito, certo forse non era il caso di indossare questo rosso vivo, che va nel porpora » , dice lei sorridendo con autoironia.
Ravasi tocca il cuore dei presenti. E lo fa rivolgendosi all’umanità di ciascuno. « La contemporaneità è assillata dal male e dalla perdita di senso. Il problema della morte è centrale. Basti pensare a quanto sia difficile e importante riempire di senso il vuoto. Quando io vado a trovare a Natale la mia famiglia, io e le mie due sorelle Maria Teresa e Annamaria lasciamo sempre pronte le sedie per nostro padre Paolo e nostra madre Marcella, che non ci sono più. La loro assenza è la loro presenza » .
Il cardinale sceglie di raccontarsi. Senza infingimenti. Con pudore. Ma con disponibilità. « Esiste un legame radicale fra l’amore e la fede. E si può barcollare in entrambe le dimensioni. Lo sa chi ama l’altro. E lo sa chi ha una esperienza di vicinanza a Dio che, all’improvviso, può farsi distanza. Esiste l’oscillazione. Esiste il dubbio. Il segno grafico del punto di domanda assomiglia all’artiglio che graffia e che fa sanguinare. Questo vale sia fra due persone che si amano. E vale pure fra l’uomo e Dio. Il cielo si può fare oscuro e non più popolato. Lo diceva spesso il cardinale Martini. Nella esperienza umana è connaturata la crisi » .
Anche per questa ragione, occorre lavorare sul problema del senso. Perché il dolore e il vacillare possono – nell’interiorità e nei corpi – comparire sempre. E, qui, il cardinale Ravasi cita Henry Miller, lo scrittore americano scabroso, duro, avvolgente ed erotico di Sexus- Plexus- Nexus: « Aveva ragione lui. L’arte e la religione non servono a nulla. Tranne che a mostrare il senso della vita » .
Le parole di Ravasi assumono il profilo di una lectio magistralis in cui l’economia e la demografia, la politica e la cultura, l’amore e la fede compongono un mosaico articolato, completo e affascinante: « Il mio amico Amartya Sen sostiene la natura filosofica dell’economia. L’economia non è una tecnica. L’economia è una visione delle cose che ha un contenuto morale. Nella ricerca di un senso, per esempio, esiste un tema fondamentale come quello della crisi demografica. Noi oggi, in Italia e in Europa, assomigliamo sotto questo aspetto a un albero rinsecchito. I demografi, gli economisti e i sociologi che partecipano, e che hanno partecipato negli anni scorsi, al Festival dell’economia di Trento hanno sicuramente una visione più specifica e informata di me su un tema tanto centrale e critico per la nostra società. Ma io, che ritengo che la cultura sia solida quando ricerca il senso delle cose al di là e nel dialogo fra i diversi specialismi, constato due elementi. La crisi demografica del cosiddetto Primo mondo in generale e dell’Italia in particolare si manifesta in un momento storico complicato. Ma, per chi come me ha i ricordi della Seconda guerra mondiale e del sangue che bagnava l’Europa, la memoria del passato non può che indurre a un realismo basato sull’ottimismo sia del cuore che della ragione. E il secondo elemento è lo stupore che, sempre, ci deve cogliere di fronte alla nascita di una nuova vita. Trovo molto belli i versi del poeta indiano Tagore, secondo cui “ogni volta che nasce un bimbo, è segno che Dio non di dimentica di noi” » .
L’inquietudine dell’esistenza. I problemi delle società occidentali. Le incognite di tutto quanto c’è al di fuori dell’Europa, su cui sappiamo peraltro pochissimo. Il rumore delle armi in Ucraina. La complessa mediazione di papa Francesco sul fronte della guerra. « Le cose non sono semplici – dice il cardinale – ma soprattutto adesso sono le religioni e la cultura a dovere fare sentire la propria voce » .
Nella dimensione della tragedia della storia, nella vicenda italiana che spesso vira più verso la commedia, nel perimetro piccolo del cuore di ognuno di noi. Sempre occorre cercare il senso. « Su questo – afferma Ravasi – mi sento di insistere. Aveva ragione, o meglio ha ragione, il filosofo Soren Kierkegaard: “La nave è ormai in preda al cuoco di bordo e ciò che trasmette al microfono del comandante non è più la rotta, ma ciò che mangeremo domani”. Dobbiamo tutti quanti insieme tornare alla rotta. Dobbiamo tornare tutti quanti a cercare il senso delle cose » .